Il secondo incontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky inizia con un tono ben diverso dal disastro di febbraio, degenerato in uno scontro in diretta davanti alle telecamere. Trump è apparso più conciliante: «Amo gli ucraini, sono persone straordinarie. Amo anche i russi, amo tutti i popoli. Questa guerra deve finire». Zelensky, accompagnato a Washington da una pattuglia di leader europei, sa che con Trump non può iniziare una nuova discussione e per questo si è mostrato aperto e positivo.

«L'Ucraina è pronta per una vera tregua. Abbiamo bisogno di pace – ha detto – La Russia può essere costretta alla pace solo con la forza, e il presidente Trump ha questa forza», ha detto, ribadendo di essere pronto a incontrare anche Putin in un vertice trilaterale, come Trump vorrebbe fare il più presto possibile. Al tavolo, durante l’incontro multilaterale, Zelensky ha ringraziato i leader intorno a lui e ha aggiunto che con il presidente Usa ha avuto «una conversazione molto buona, forse la migliore, abbiamo parlato di molti punti delicati».

Questa volta il presidente ucraino ha indossato una semplice giacca nera durante l’incontro, ma niente cravatta. «Sei favoloso con questa giacca», ha detto uno di membri dello staff presidenziale, che a febbraio lo aveva criticato per essersi presentato in tenuta militare. Anche Trump ha apprezzato: «Gli ho detto la stessa cosa», ha annuito.

Accordo in salita

Simbolismo e piccole meschinità a parte, Zelensky sa che c’è poco da stare tranquilli. «Zelensky può porre fine alla guerra con la Russia quasi immediatamente, se lo desidera», aveva scritto Trump, poche ore prima dell’incontro, gettando sulle spalle del leader ucraino il peso di accettare oppure respingere, con conseguenze tutte da vedere, l’ultima offerta di Putin: ritiro dell’esercito ucraino dalla regione del Donbass, più un’altra serie di condizioni non secondarie, in cambio della pace.

Trump ha deciso di indorare la pillola offrendo garanzie militari «simili» all’articolo 5 della Nato ed ha telefonato a Putin per informarlo dell’esito dell’incontro con Zelensky e i leader europei. L’offerta di garanzie è un significativo passo avanti nei negoziati, anche se forse non «rivoluzionario» come lo ha definito l’inviato della Casa Bianca, Steve Witkoff, ma la cessione del Donbass, come di qualsiasi altro territorio, resta un punto politicamente molto difficile da digerire per Kiev.

All’inizio di agosto, il 74 per cento degli ucraini dichiarava di essere contrario a cedere alla Russia territorio nazionale ancora sotto controllo ucraino, secondo un sondaggio dell’Istituto di sociologia di Kiev. I contrari sono particolarmente numerosi tra i militari che difendono le linee fortificate del Donbass da oltre tre anni – in alcuni casi, dall’inizio della guerra nel 2014.

Gli ostacoli a un accordo sono per ora quasi insormontabili, ma secondo Sky News delegati americani ed europei starebbero già discutendo del luogo dove poter organizzare un incontro a tre, Trump, Putin e Zelensky. Si parla di Roma, Ginevra, Helsinki e Budapest. Un segnale che sembra indicare un accordo vicino.

Nel frattempo, il giornale americano Axios scrive che durante l’incontro con Putin, Trump era pronto ad abbandonare la discussione a causa proprio dell’insistenza di Putin a ottenere da Kiev l’intero Donbass. «Se tutto ruota intorno al Donbass e non c’è possibilità di cedere, allora forse dovremmo finire qui l’incontro», avrebbe detto Trump. Un segnale, forse, che il tycoon non ha abbracciato le richieste di Putin nel modo convinto che a molti è sembrato in questi giorni.

Più positiva la posizione del segretario generale della Nato, Mark Rutte, che ha ribadito l’importanza delle garanzie di sicurezza di Washington per Kiev. «Penso che se ce la giochiamo bene, potremmo porre fine a tutto questo, e dobbiamo porvi fine. Dobbiamo fermare le uccisioni. Dobbiamo fermare la distruzione delle infrastrutture ucraine. È una guerra terribile. E il fatto che abbiate detto che siete disposto a partecipare alle garanzie di sicurezza è un grande passo avanti. È davvero una svolta, E fa la differenza».

A turno i leader europei giunti alla Casa Bianca hanno rilasciato le loro dichiarazioni. La premier Giorgia Meloni ha ribadito la posizione italiana vantando i risultati raggiunti per le garanzie Nato per Kiev. Il presidente francese Emmanuel Macron ha invece ribadito la necessità di una sicurezza per tutti i paesi europei. «Tutti quelli intorno a questo tavolo vogliono la pace». 

In serata il ministero degli esteri russo ha escluso «qualsiasi scenario che preveda la presenza di un contingente militare ucraino con la partecipazione dei paesi Nato». 

Una pace «che sia robusta e duratura. Questo incontro è l'unico modo per aggiustare le cose» in Ucraina. «Quando parliamo di sicurezza ci riferiamo alla sicurezza di tutti i paesi europei. Ma il cessate il fuoco" soprattutto nella prospettiva di un incontro trilaterale con Putin «è una necessità. Il primo punto per le garanzie di sicurezza è un esercito credibile ucraino e il secondo è l'impegno della coalizione dei volenterosi. Sicuramente è in gioco anche la sicurezza degli europei».

Al termine dell’incontro, Ursula von der Leyen ha twittato: «Siamo qui, come alleati e amici, per la pace in Ucraina e in Europa. Si tratta di un momento importante, poiché continuiamo a lavorare per garantire solide garanzie di sicurezza per l'Ucraina e per una pace duratura e duratura».

La situazione sul campo

La diplomazia non ha silenziato cannoni, bombe e missili sul fronte ucraino. Lunedì mattina, a Kharkiv, un drone russo ha ucciso sette persone, tra cui un’intera famiglia, compresi due bambini di 16 anni e 18 mesi. Il drone ha colpito un palazzo residenziale di cinque piani alla periferia della città. Secondo il sindaco, l’edificio sarebbe stato colpito da ben cinque droni. Poche ore dopo, due missili hanno colpito Zaporizhzhia, uccidendo tre persone e ferendone altre venti.

Situazione simile al fronte, dove le trattative non hanno rallentato l’attività degli eserciti. Il settore di Dobropillia continua a essere sotto attacco, ma per il momento l’incursione russa che aveva fatto breccia nelle linee ucraine per 15 chilometri appare contenuta.

Gli ucraini, nel frattempo, proseguono la loro campagna di bombardamenti contro le infrastrutture energetiche russe, una serie di attacchi che ha avuto particolare successo nelle ultime settimane. Gli ucraini hanno annunciato di aver colpito la stazione di pompaggio dell’oleodotto Druzhba, con cui Mosca esporta petrolio in Europa. Il governo ungherese, uno degli ultimi nel vecchio continente ad acquistare importanti quantità di petrolio russo, ha protestato formalmente contro l’attacco.

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