Gli ucraini devono abbandonare la città di Bakhmut. Continuare a spendere truppe e materiale per difenderla rischia di pregiudicare la futura offensiva ucraina di primavera. È questo il messaggio che con sempre maggiore forza alleati e analisti cercano di far arrivare alla leadership ucraina.

L’avvertimento più forte e simbolico è arrivato questa mattina. «La caduta di Bakhmut non significherà necessariamente che i russi stanno avendo la meglio nel conflitto», ha detto il segretario alla Difesa statunitense, Lloyd Austin. «La città ha un valore più simbolico che reale». Un messaggio chiaro pur nel linguaggio felpato della diplomazia: difendere la città ormai costa più che abbandonarla.

L’opinione della comunità degli analisti militari è quasi unanime sul punto. «Penso che la tenace difesa di Bakhmut abbia ottenuto molto – ha scritto l’analista David Kofman, appena tornato da un viaggio nella città sotto attacco – Ma le strategie possono raggiungere un punto di rendimenti decrescenti e visto che l’Ucraina sta cercando di racimolare risorse per una nuova offensiva, la difesa di Bakhmut rischia di bloccare future e più importanti operazioni».

Secondo il corrispondente del Wall Street Journal, Yaroslav Trofimov, che si trova a Bakhmut: «Le perdite che gli ucraini stanno subendo rischiano di pregiudicare la futura offensiva strategica».

Ma gli ucraini non sembrano avere intenzione di cedere la città diventata un simbolo della loro resistenza. In una riunione questa mattina il presidente, Volodymyr Zelensky, il comandante in capo delle forze armate ucraine, Valeriy Zaluzhnyi e altri due generali hanno concordato sulla necessità di continuare la difesa della città.

La battaglia

Bakhmut si trova sulla linea orientale del fronte, nell’oblast di Donetsk, e prima della guerra era una città mineraria con circa 70mila abitanti. Oggi è un cumulo di rovine attraversato da bunker e trincee. In quest’area, ucraini e russi combattano fin dal 2014 e come risultato le rispettive linee sono fortificate e difficili da attaccare.

Anche per questa ragione qui si è combattuto poco nei primi mesi dopo l’invasione del 24 febbraio, quando il grosso delle truppe russe era impegnato nello spettacolare, e fallimentare, tentativo di occupare la capitale in pochi giorni. 

Ma dopo la ritirata russa di aprile, Bakhmut e il resto del Donbass sono divenuti il nuovo centro degli scontri e negli ultimi tre mesi Bakhmut è diventato il vero punto focale del conflitto. Pur ammettendo le difficoltà e le sofferenze che la sua difesa sta costando alle forze armate del paese, Zelensky l’ha ribattezza “città fortezza”, mentre nell’opinione pubblica Bakhmut è diventata un simbolo della volontà di resistenza ucraina.

Il ruolo simbolico dello scontro è acuito dalla presenza del brutale gruppo militare semi-privato Wagner, che fornisce il grosso delle truppe russe impegnate nell’assalto. Wagner ha utilizzato contro migliaia di carcerati reclutati in “battaglioni penali” e inviati a combattere in missioni che gli ucraini hanno spesso definito «suicide».

La situazione oggi

Per mesi gli analisti avevano criticato la caparbietà con cui i russi insistevano nell’attacco contro la città, attribuendola in particolare alle ambizioni politiche di Yvgeny Prigozhin, finanziatore del gruppo Wagner, che da tempo sta cercando di entrare nella cerchia ristretta del presidente russo Vladimir Putin.

Bakhmut, infatti, non ha una particolare importanza strategica. Occuparla non porterà ai russi grossi vantaggi. Alle sue spalle, gli ucraini hanno a disposizione linee di difesa altrettanto solide di fronte alla città di Kramatorsk. 

Per mesi i russi hanno speso soldati e materiali nel tentativo di conquistare la città, al punto che ormai la loro temuta “offensiva di primavera” sembra essersi già impantanata prima ancora dell’arrivo della bella stagione. Anche in caso di vittoria, i russi potranno rivendicare soltanto pochi chilometri di avanzamento.

Nel corso delle ultime due settimane, però, la situazione sembra essersi invertita, almeno a Bakhmut. I russi sono arrivati a minacciare l’ultima strada che porta in città e la situazione tattica degli ucraini è considerevolmente peggiorata. 

«Il rapporto perdite è peggiorato per gli ucraini da quando hanno perso il controllo dei fianchi di Bakhmut. Le condizioni sono meno favorevoli a Bakhmut rispetto ad altri teatri, come Vuhledar, e Kiev ha bisogno di tutte le forze possibili per la sua offensiva strategica», ha scritto l’analista Rob Lee, anche lui tornato da Bakhmut negli ultimi giorni.

E i russi

La fermezza degli ucraini nel voler difendere la città è dovuta anche alla situazione delle forze russe, quasi altrettanto problematica. Secondo diverse fonti, la Wagner avrebbe quasi esaurito il suo contingente di carcerati coscritti e da diverse settimane non ha più possibilità di reclutarne di nuovi.

Lo stesso Prigozhin ha invitato gli ucraini a lasciare volontariamente la città, un segnale del fatto che le sue truppe non avrebbero forze sufficienti a chiudere l’accerchiamento, sostengono gli esperti dell’Institute for the study of war.

Allo stesso tempo, Prigozhin lamenta la scarsità delle munizioni destinate ai suoi uomini e negli ultimi giorni ha persino parlato di una possibile ritirata russa da Bakhmut. Sarebbe un «grave errore» secondo Prigozhin, ma a meno che non si tratti di un trucco psicologico, la sua dichiarazione sembra indicare che anche i russi sono al limite delle loro capacità.

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