Una quarantina di bombardieri pesanti e velivoli russi sono stati distrutti da droni, in un’operazione dei servizi ucraini già storica. Le truppe di Mosca avanzano ancora su Sumy, ma nelle proprie regioni di Bryansk e Kursk devono fare i conti con alcuni ponti crollati. Diverse le vittime, il Cremlino accusa l’Ucraina
Le delegazioni ucraine e russe sono a Istanbul per i nuovi colloqui previsti il 2 giugno. La diplomazia, però, nelle ultime ore è stata accantonata a favore, ancora, della guerra. Nella regione di Sumy l’esercito di Mosca ha proseguito la sua offensiva. I russi continuano a lanciare droni, ieri ben 472 sul territorio ucraino, numero record.
A Kiev, però, non restano inermi. Domenica un’operazione ufficiale dello Sbu, il servizio di intelligence ucraino, ha distrutto decine di aerei strategici e bombardieri sparsi in tutta la Russia. Poco prime, sempre in territorio russo, erano crollati dei ponti causando incidenti e paralisi in alcune arterie ferroviarie. In questo caso, gli ucraini non hanno rivendicato l’azione, ma da Mosca hanno puntato il dito contro Kiev.
Pearl Harbour russa
Le colonne di fumo si sono levate altissime. Circa 40 aerei russi sono stati distrutti o resi inutilizzabili in un’operazione storica. A essere presi di mira, oltre ad alcuni velivoli radar, sono stati in particolare i bombardieri strategici. Quelli che possono trasportare armi nucleari e che negli ultimi tre anni sono stati usati per colpire l’Ucraina.
L’attacco ucraino ha riguardato basi militari nelle regioni di Murmansk, Irkutsk, Ivanovo, Ryazan e Amur. Alcune di esse si trovano a migliaia di chilometri di distanza dal confine con l’Ucraina: dal nord della Russia, vicino la Finlandia, fino all’est, in Siberia.
L’operazione, nominata “Spiderweb”, è stata studiata nel dettaglio e preparata per oltre un anno e mezzo, fanno sapere fonti ucraine. Ed è stata supervisionata anche dal presidente Volodymyr Zelensky. A colpire gli aerei sono stati alcuni droni Fpv, da poche centinaia di dollari, entrati di nascosto nel territorio russo dentro gli scomparti di alcuni container trasportati su camion.
Al momento giusto, con i mezzi fermi vicine alle basi russe, i droni si sono alzati in volo contemporaneamente e – guidati da remoto – si sono schiantati sugli aerei militari. Nessuna vittima registrata, segno della precisione dell’operazione.
Per Kiev è uno dei successi più importanti raggiunti sul territorio russo dall’inizio del conflitto. Non sembra esserci stato un coordinamento con gli alleati occidentali. Secondo funzionari ucraini e statunitensi, neanche l’amministrazione di Donald Trump sarebbe stata messa a conoscenza dell’operazione. A ogni modo l’attacco ha dimostrato le fragilità nella difesa russa e la capacità ucraina di colpire in profondità il nemico, causando danni per circa sette miliardi di dollari. Tanto che nei canali militari Telegram legati al Cremlino già si parla di una «Pearl Harbour russa».
Ponti e sabotaggi
Il Cremlino si è trovato a dover reagire agli attacchi ucraini in un momento in cui la sua attenzione era concentrata su altro. Nella notte tra sabato e domenica due ponti sono crollati nelle regioni russe di Bryansk e del Kursk. Il primo è collassato mentre passava un treno passeggeri diretto a Mosca. Almeno sette le vittime e decine i feriti.
Il secondo crollo, nel distretto di Zheleznogorsk, ha fatto invece deragliare un treno merci. A causare la distruzione dei ponti, secondo gli inquirenti russi, sarebbero state delle esplosioni. Per questo Mosca ha accusato l’Ucraina di terrorismo, anche se Kiev non ha rilasciato commenti al riguardo. Anzi, fonti ucraine avrebbero sottolineato la possibilità di false flag russe.
Tuttavia, nelle stesse ore il gruppo Atesh, un movimento di resistenza filo-ucraino, ha rivendicato un sabotaggio su un’altra linea ferroviaria, la Volnovkha-Mariupol, nel Donetsk occupato, usata per rifornire l’esercito del Cremlino. Pur non essendoci, a oggi, collegamenti tra gli incidenti nel Bryansk e nel Kursk e i partigiani filo-ucraini, l’ipotesi di una responsabilità di Kiev, magari con l’obiettivo di allentare la pressione russa nel nord-est, non è da escludere.
Colloqui incerti
Una giornata positiva, quindi, per i vertici militari ucraini, nonostante il passo indietro di un comandante dell’esercito ucraino, Mykhailo Drapatiy, per via di un attacco russo su un campo di addestramento che ha causato 12 vittime. Al contrario, per il Cremlino la situazione è stata tesa. Il presidente Vladimir Putin è stato costantemente aggiornato riguardo gli incidenti ferroviari.
Dalla Russia si sono alzate accuse nei confronti di Kiev. Il presidente della Commissione Difesa della Duma, Andrei Kartapolov, ha parlato di un «sabotaggio volto a far deragliare» i colloqui di pace in Turchia. Perché di fatto «tutto questo mira a irrigidire la posizione della Federazione Russa», ha aggiunto.
I nuovi negoziati sono previsti per le 13 del 2 giugno a Istanbul, le 12 italiane. A guidare la delegazione ucraina sarà il ministro della Difesa, Rustem Umerov, come annunciato da Zelensky. E avrà compiti precisi. La roadmap di Kiev prevede tre passi. «Primo: un cessate il fuoco completo e incondizionato. Secondo: rilascio dei prigionieri. Terzo: ritorno dei bambini rapiti», ha riferito il presidente ucraino, secondo cui solo un incontro tra i più alti dei leader del paese potrà poi «risolvere le questioni chiave» e «stabilire una pace duratura».
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