Ieri è stata la giornata in cui l’Ucraina e la Russia avrebbero elaborato un piano di neutralità per porre fine alla guerra. Secondo il Financial Times una bozza di intesa stilata in quindici punti comporterebbe la rinuncia di Kiev alle ambizioni di entrare nella Nato in cambio di garanzie di sicurezza fornite da tre paesi: Stati Uniti, Gran Bretagna e Turchia.

Secondo il quotidiano inglese, tra i 15 punti ci sarebbe il ritiro delle forze russe in cambio della neutralità di Kiev che dovrebbe anche accettare limiti alle sue forze armate. L’Ucraina dovrebbe promettere inoltre di non ospitare più basi militari o missili cruise stranieri. Nel prossimo vertice Nato a Bruxelles i partecipanti potrebbero così approvare i termini dell’accordo.

La svolta è giunta poco dopo che il ministro degli Esteri di Mosca, Sergei Lavrov, aveva parlato di una speranza di «raggiungere un compromesso» con l’Ucraina.

Resta ancora da chiarire meglio il ruolo delle garanzie di sicurezza fornite da Usa, Gran Bretagna e Turchia, mentre alcune fonti citate sempre dal quotidiano finanziario britannico resterebbero molto caute sul fatto che il presidente russo Vladimir Putin sia seriamente impegnato a cercare un’intesa, e sottolineano che Mosca potrebbe cercare di guadagnare tempo per far ripartire l’offensiva a sorpresa.

L’intervento al Congresso

Ieri è stata anche la giornata americana del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che nel suo discorso al Congresso di Washington ha parlato della speciale missione dell’America nel mondo e chiesto aiuto hic et nunc, «qui e adesso».

Zelensky ha paragonato, toccando un nervo sensibile della recente storia degli Stati Uniti, la guerra nel suo paese a un «11 settembre che si ripete ogni giorno da tre settimane» e all’attacco giapponese a Pearl Harbour.

Il presidente ucraino ha chiesto ancora una volta la «no-fly zone sul cielo ucraino». «Sta accadendo qualcosa – ha proseguito – che l’Europa non vedeva da ottant’anni».

Zelensky ha ringraziato il presidente democratico Joe Biden per il «suo impegno» al fianco di Kiev. Il presidente americano, messa da parte la sua zoppicante vice, Kamala Harris, ha deciso di partecipare direttamente al vertice Nato a Bruxelles la settimana prossima.

Più sanzioni

Il presidente americano, come un novello Winston Churchill, e modulando i toni del messaggio in rapporto al pubblico a cui si rivolgeva, ha chiesto ai rappresentanti americani, nell’ora più buia del suo paese, sanzioni maggiori contro Mosca: «L’Ucraina è riconoscente agli Stati Uniti ma chiedo uno sforzo maggiore per fermare la guerra della Russia. Tutti i politici della Russia dovrebbero essere sanzionati. Una no-fly zone non è una richiesta eccessiva».

Nel corso del suo vibrante intervento è stato proiettato un video sulla guerra in corso nelle pianure ucraine. Fotogrammi terribili, con corpi gettati nelle fosse comuni, immagini che sembravano appartenere ai libri di storia e tornati invece di attualità.

Al termine del discorso c’è stata una standing ovation per il presidente ucraino. I Repubblicani però, in vista del voto di midterm, non hanno mancato di attaccare Biden per la sua «eccessiva prudenza» verso le richieste ucraine. Il presidente americano non ha ceduto alla richiesta della no-fly zone, timoroso di un coinvolgimento delle forze Nato, e ha annunciato lo stanziamento di 800 milioni di dollari in aiuti alla sicurezza per l’Ucraina.

La Cina

Infine va segnalato che la Cina del presidente Xi Jinping sostiene che non sapeva dei piani russi per l’invasione dell’Ucraina e, se li avesse conosciuti, «avrebbe fatto il possibile per fermarli».

A dirlo, sulle pagine del Washington Post, è stato l’ambasciatore cinese negli Usa Qin Gang, spiegando nel dettaglio che dire che Pechino «era a conoscenza, ha acconsentito o tacitamente sostenuto questa guerra è pura disinformazione».

La Cina teme sempre di più di diventare il bersaglio di una ondata di pesanti sanzioni americane nel settore tecnologico per ritorsione per il suo sostengo all’invasione russa dell’Ucraina.

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