Al decimo giorno di guerra in Ucraina, le truppe russe hanno ormai circondato Mariupol, la città ucraina dove ha sede il famigerato e controverso “battaglione Azov”, un’unità della Guardia nazionale ucraina guidata da estremisti neonazisti e accusata di numerosi crimini di guerra.

Sostenere che le truppe russe stanno combattendo contro questo gruppo neonazista impegnato a condurre crimini di guerra è uno dei pochi modi a disposizione del presidente russo Vladimir Putin per giustificare l’invasione e quella che ha definito la “de-nazificazione” dell’Ucraina.

I crimini commessi dal battaglione, alcuni dei quali sospettati di essere fabbricazioni, sono da anni un tema ricorrente della propaganda russa. Non è un caso se la battaglia intorno a Mariupol è uno dei pochi teatri di combattimento che media e account social filorussi sembrano in grado di sfruttare. 

Negli ultimi giorni, ad esempio, si sono moltiplicati le foto e i video delle truppe russe intorno a Mariupol, impegnate in combattimenti contro soldati ucraini che vengono descritti come membri del battaglione, mentre video e testimonianze non confermate parlano anche di civili bloccati dal gruppo mentre cercavano di lasciare la città.

La “de-nazificazione” dell’Ucraina di cui ha parlato Putin è considerata dalla quasi totalità delle diplomazie e degli esperti una scusa poco credibile per l’invasione. Ma nonostante le mistificazioni del presidente russo, sarebbe sbagliato sostenere che l’estrema destra è del tutto ininfluente in Ucraina.

Come dimostra la vicenda del battaglione Azov, i neonazisti ucraini sono deboli in parlamento, dove non hanno praticamente rappresentanti, ma hanno molti alleati nelle forze di sicurezza e nell’esercito e sono ancora capaci di esercitare un peso significativo nelle manifestazioni e negli scontri di piazza.

Il battaglione

Il battaglione Azov nasce nel maggio del 2014 dalla fusione di due gruppi paramilitari provenienti dall’eterogenea galassia dell’estrema destra ucraina. Fondato da Andriy Biletsky, un militante neonazista, il battaglione viene impiegato nella riconquista di Mariupol, che diventerà successivamente il suo quartier generale.

Non ci sono cifre ufficiali sul numero di componenti del gruppo paramilitare, ma si tratta probabilmente di 2mila persone. Aggiungendo le altre organizzazioni legate al gruppo, il partito Corpo nazionale e le organizzazioni paramilitari non affiliate all’esercito, si arriva probabilmente a circa 10mila persone.

Ufficialmente, rappresentanti del battaglione Azov hanno dichiarato che solo il 10-15 per cento dei suoi membri hanno simpatie naziste, ma sono pochi gli studiosi e gli esperti che hanno preso seriamente queste dichiarazioni. Il loro simbolo è un’icona legata al nazismo e il battaglione celebra regolarmente Stepan Bandera, un ultranazionalista ucraino, collaboratore del regime nazista durante la Seconda guerra mondiale, assassinato dal Kgb nel 1959 e proclamato eroe nazionale nel 2010.

La fortuna del battaglione Azov si deve soprattutto ad Arsen Avakov, industriale ucraino e ministro dell’Interno sotto tre differenti governi tra il 2014 e il 2021. Come dimostra il suo lungo mandato, Avakov è ritenuto in Ucraina uno dei ministri più competenti, anche se non è un personaggio particolarmente popolare.

È stato lui a garantire il funzionamento delle forze di sicurezza nei mesi e negli anni turbolenti seguiti alla rivoluzione di Euromaidan del 2013-2014 e sempre lui ha sponsorizzato la creazione di battaglioni di volontari con cui integrare le deboli forze regolari ucraine nelle prime fasi del conflitto nell’Ucraina orientale.

Tra le formazioni che ha sponsorizzato ci sono il battaglione Kyiv-1, una formazione guidata da un gangster di Odessa con precedenti penali e in cui ha militato suo figlio, e lo stesso battaglione Azov. È stato Avakov a spingere per l’integrazione dell’Azov nella guardia nazionale, trasformandolo così in una forza regolare dell’esercito ucraino.

Avakov e la sua creatura sono presto finiti sotto accusa. Avakov per aver lasciato mano libera ai gruppi paramilitari e per non aver fatto abbastanza per limitare la violenza politica che ha insanguinato l’Ucraina negli ultimi anni – nel 2019, alcuni attivisti ucraini hanno appeso manifesti e fotografie di oppositori politici uccisi o feriti alla sua villa al Circeo, vicino a Roma.

Secondo i rapporti dell’ufficio dell’Alto commissariato per i diritti umani delle Nazioni unite e di numerose altre organizzazioni per la difesa dei diritti umani, i volontari del battaglione Azov e di altre unità della guardia nazionale ucraina (come il battaglione Donbass) avrebbero commesso diversi crimini di guerra durante il conflitto in Ucraina orientale, compreso il bombardamento ingiustificato di aree densamente abitate, detenzioni illegali, torture e uccisioni extra giudiziali.

Nel marzo del 2019, a pochi mesi dalle presidenziali ucraine, i paesi del G7 avevano fatto pressioni pubbliche su Avakov perché rimettesse sotto controllo le formazioni paramilitari collegate al battaglione Azov e agli altri gruppi di estrema destra. «Il gruppo G7 è preoccupato dai movimenti estremisti ucraini, le cui azioni violente sono un pericolo di per sé», avevano scritto all’epoca gli ambasciatori del G7. Non sembra che a queste pressioni siano seguite particolari iniziative.

I neonazisti in ucraina

Le formazioni dell’estrema destra ucraina sono numerose, controllano gruppi paramilitari e a volte sono ufficialmente presenti all’interno delle forze armate ucraine, come nel caso del battaglione Azov. Elettoralmente però hanno una forza trascurabile.

Alle elezioni del 2014, tenutesi nel momento di massima visibilità per la destra radicale ucraina, Svoboda – una delle formazioni più strutturate di questo campo - ha raccolto soltanto il 4,7 per cento dei voti, eleggendo sei deputati. Le formazioni più giovani e radicali sono andate anche peggio. Settore destro (il gruppo all’epoca più legato al battaglione Azov) ha raccolto l’1,8 per cento ed è riuscito a eleggere un solo deputato. Cinque anni dopo, alle elezioni 2019, alla destra radicale non è riuscita a eleggere nessuno dei suoi candidati. 

A livello locale la situazione è diversa, e i partiti della destra radicale, compresi alcuni che si richiamano al neonazismo, hanno eletto diversi consiglieri locali. Il Corpo nazionale, il partito diretta emanazione del battaglio Azov, al momento conta 23 consiglieri locali (su un totale di oltre 150mila).

Azov e Zelensky

Durante il mandato del predecessore di Zelensky, l’oligarca Petro Poroshenko, il battaglione Azov veniva regolarmente celebrato dal governo ucraino. Nel 2014, Poroshenko aveva detto che si trattava della «migliore unità» dell’esercito ucraino.

Da allora la situazione è cambiata. Con l’emergere delle accuse di neonazismo e di crimini di guerra e con la sua crescente e violenta attività nelle strade ucraine, il battaglione ha iniziato a essere trattato come un gruppo estremista e pericoloso.

I suoi account social sono stati rimossi e soltanto di recente Facebook ha deciso di smettere di rimuovere i post che inneggiano alle imprese dell’unità, ma solo se sono relativi alla difesa dell’Ucraina contro la Russia. Oggi, il gruppo fa propaganda e recluta membri attraverso Telegram oppure sfruttando gli account e i canali di altri gruppi estremisti in tutta Europa.

Il presidente Zelensky, un russofono di origine ebraica che alle elezioni ha battuto Poroshenko e la sua linea nazionalista e anti-russa, è apertamente osteggiato dall’estrema destra ucraina, che ha più volte minacciato un colpo di stato in caso di cedimento alle richieste russe.

Zelensky non ha mai celebrato il battaglione e le altre formazioni della destra radicale, come aveva fatto invece il suo predecessore, e in questi dieci giorni di guerra non c’è pressoché alcuna traccia delle imprese compiute dagli uomini di Azov nella propaganda ufficiale ucraina.

Le cose potrebbero cambiare, ora che Mariupol, quartier generale del battaglione, è sulla linea del fronte. Di certo, la propaganda russa ne approfitterà per presentarsi come liberatore dell’Ucraina dai nazisti se le truppe sul campo dovessero riuscire nella conquista della città.

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