Domenica scorsa, durante un evento della principale federazione di arti marziali miste al mondo, ha debuttato con una vittoria. Ma la storia di “The Concrete” esula dal ring: per rincorrere il sogno di una carriera ha affrontato un profondo cambiamento fisico, perdendo circa 100 chili. Le sue parole post match sono un manifesto, un colpo alla coscienza collettiva
Tra le luci scintillanti e ammalianti di Las Vegas, domenica 14 dicembre, è brillata una luce diversa da tutte le altre. Una luce che ha mirato dritto al bullismo e al cyberbullismo, con l’intenzione di lanciare un messaggio forte e chiaro da uno dei luoghi meno scontati da cui possa partire: il centro della gabbia di un evento della Ultimate Fighting Championship, la principale federazione di arti marziali miste al mondo.
A farlo è stato Steven Asplund, soprannominato “The Concrete”, un appellativo che richiama la sua resistenza e durezza, considerando che letteralmente la traduzione è “il cemento”. Il suo percorso rende pienamente giustizia a questo soprannome: non ha fatto mistero del profondo cambiamento fisico che ha affrontato per rincorrere il sogno di una carriera nelle arti marziali miste, perdendo circa 100 chili, pur di raggiungere una forma fisica che gli consentisse di competere ad alti livelli.
Un impegno costante, giorno dopo giorno, che lo sta portando a costruire un ruolino di marcia di 7 vittorie e una sola sconfitta, con quattro vittorie consecutive.
Asplund, sin da bambino, ha dovuto convivere con la sua corporatura imponente e con ciò che, purtroppo, ne è conseguito: atti di bullismo continui e ripetuti, che hanno minato la sua autostima. Dopo l’addio al college e la fine di una relazione significativa, Asplund ha incontrato le arti marziali miste, trovando in esse non solo uno sport, ma una via di rinascita personale. Come raccontato da lui stesso a Fox Sports nel 2024, dopo un primo incontro amatoriale ha deciso di inseguire il sogno di combattere in una gabbia, trovando una nuova motivazione, un nuovo scopo.
Quella stessa motivazione lo ha spinto, dopo la vittoria al debutto in UFC ottenuta per KO tecnico contro Sean Sharaf, a prendere il microfono offertogli da Michael Bisping – fighter britannico, ex campione dei pesi medi UFC e oggi commentatore per gli show della federazione – e a raccontare tutto questo.
L’intervista
«Sono consapevole del fatto di essere una caricatura o un meme su X o su Instagram – ha detto Asplund a caldo subito dopo la vittoria – ma non mi importa. Sono stato bullizzato e vorrei che ogni bambino che ha subito la stessa cosa o gli è stato detto che non vale abbastanza sappia che non è così. Siate sicuri di voi stessi, sempre».
«So – ha poi continuato, visibilmente emozionato, dall’esatto centro della gabbia, rivolgendosi alla moglie Elizabeth – di non avere un look perfetto, ma non importa. Siate sicuri di voi stessi, sempre».
Il riferimento di Steven Asplund era chiaramente rivolto ai commenti apparsi sui social in seguito alla cerimonia del peso, tipica degli eventi UFC – e non solo – in cui i due contendenti si presentano con gli shorts da combattimento e si pesano prima del tradizionale “face-off”, ovvero un faccia a faccia per alimentare la tensione della sfida.
Commenti fuori luogo e derisori, che evidentemente hanno dato un’ulteriore spinta al peso massimo del Minnesota, il quale ha risposto nel modo più potente possibile: con una prestazione straordinaria. Nel suo match di debutto, infatti, Asplund ha fatto registrare anche il record di colpi a segno per una contesa su tre round tra pesi massimi: ha colpito l’avversario per un totale di 170 volte in maniera efficace.
Un colpo alla coscienza collettiva
Le parole di Asplund non sono rimaste inascoltate. La clip con gli estratti della sua intervista è diventata virale proprio su Instagram, una delle piattaforme su cui aveva ricevuto i commenti più crudeli in vista del match con Sharaf. Oggi, quegli stessi canali digitali che erano stati usati per deridere, si sono trasformati in un megafono per il suo messaggio: migliaia di mi piace e centinaia di condivisioni testimoniano quanto la sua voce abbia toccato profondamente molte persone.
Numeri importanti, è vero, ma c’è un colpo che va oltre le statistiche. Un colpo che punta dritto alla coscienza collettiva e alla memoria di chi guarda. Steven ha spiazzato tutta l’arena – e milioni di spettatori a casa – con il colpo più importante e potente di tutti: il desiderio autentico di portare un messaggio positivo alla comunità, raccontando la propria storia fatta di sacrifici, ostacoli superati e sogni perseguiti con determinazione.
Il suo gesto ha spezzato simbolicamente la “guardia” dei bulli e dei cyberbulli, colpendoli con la forza della verità e dell’esempio concreto. Un esempio che ci ricorda che ognuno di noi – indipendentemente dal proprio corpo, dalle proprie misure, dal proprio passato – ha il diritto di inseguire un sogno e, forse, anche il dovere morale di farlo.
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