A prima vista, sul mercato globale sembra esserci spazio per tutte le piattaforme streaming. Negli ultimi 12 mesi, nonostante la fine del periodo più duro della pandemia, i dati Nielsen mostrano infatti un aumento del 21 per cento del tempo trascorso su Netflix, Disney+ e gli altri. Più in generale, i servizi di streaming rappresentano ormai un terzo del tempo totale trascorso consumando contenuti di tipo televisivo.

C’è un altro aspetto importante: nell’ultimo anno, il tempo passato davanti a uno schermo televisivo non solo ha smesso di aumentare, ma è rapidamente tornato a livelli pre-pandemia. La crescita delle piattaforme di streaming va a discapito dello spazio un tempo occupato dalla televisione tradizionale. Non solo: dietro la crescita complessiva delle piattaforme, si cela un mercato che sta venendo cannibalizzato da un numero crescente di concorrenti.

Dove fino a poco fa c’erano soltanto Amazon Prime Video, Hulu e Netflix, negli ultimi anni abbiamo invece assistito all’arrivo di una moltitudine di nuovi attori: dai già noti Disney+ e AppleTv+ fino ai più recenti HBO Max, Peacock, Paramount+ e tante altre realtà più piccole o regionali.

Il destino di Netflix

Inevitabilmente, la leadership un tempo inattaccabile di Netflix ha iniziato a cedere: nel corso del secondo trimestre del 2022, il servizio fondato da Reed Hastings ha perso quasi un milione di abbonati, che si aggiungono ai 200mila che hanno abbandonato la piattaforma nei primi tre mesi dell’anno (e per giustificare i quali Netflix aveva esplicitamente citato la crescente concorrenza).

La perdita è peraltro concentrata in Nord America, dove il calo è di 1,3 milioni di utenti: è il terzo trimestre degli ultimi cinque in cui si è verificato un declino della base utenti in Stati Uniti e Canada. Dal momento che proprio il Nord America è il mercato in cui sono state lanciate la gran parte delle più recenti grandi piattaforme streaming, è probabile che la perdita di utenti da parte di Netflix sia ancora oggi causata anche dalla concorrenza. Da questo punto di vista, il graduale arrivo delle nuove piattaforme statunitensi anche in Europa e in Sud America potrebbe far pensare che, nei prossimi mesi, la quota di Netflix verrà ulteriormente erosa.

Eppure, per il momento, la narrazione che circonda il più noto dei servizi streaming è di segno opposto: la speranza degli investitori è infatti che la perdita di utenti del trimestre appena concluso segnali la fine di una traiettoria discendente e faccia invece da preludio a una nuova crescita.

Il milione di utenti persi è infatti nettamente inferiore rispetto ai due milioni che Netflix aveva previsto, trasformandosi così paradossalmente in una buona notizia, premiata in borsa da un rialzo del 10 per cento nei sette giorni successivi alla diffusione dei risultati.

La speranza è che la fase più difficile sia passata e che adesso Netflix possa tornare a crescere nel fatturato e anche negli utenti. Nel primo caso, si punta soprattutto sulla sperimentazione in corso in cinque paesi del Sud America (Argentina, El Salvador, Guatemala, Honduras e Repubblica Dominicana), dove chi approfitterà del cosiddetto “password sharing” – la condivisione di uno stesso abbonamento anche tra abitazioni diverse – dovrà pagare una tariffa extra.

Dal momento che, secondo i dati Netflix, nel mondo ci sono oltre cento milioni di utenti che sfruttano il servizio senza pagarlo (mentre i paganti sono 220 milioni), la possibilità di generare profitti anche dagli scrocconi potrebbe effettivamente portare a guadagni significativi.

Il nuovo aumento di utenti dovrebbe invece giungere soprattutto grazie all’attesa formula di abbonamento più economico grazie alla presenza della pubblicità, che dovrebbe esordire nei primi mesi del 2023.

Difficile che la crescita di Netflix torni quella di un tempo, così com’è molto improbabile – almeno sul medio termine – che le azioni recuperino il quasi 60 per cento di valore perso dall’inizio dell’anno.

Più realisticamente, gli investitori si aspettano però che quest’ultima trimestrale rappresenti un momento di svolta. Che il colosso dello streaming, insomma, abbia toccato il fondo e da qui possa soltanto risalire.2

Binge per sempre

Chris Evans poses for photographers upon arrival at the screening of the film 'The Gray Man' in London, Tuesday, July 19, 2022. (Photo by Vianney Le Caer/Invision/AP)

Tra le novità introdotte da Netflix non ci sarà però, almeno nel futuro prossimo, il vociferato addio al binge mode, ovvero la diffusione in una volta sola di tutte le nuove puntate di una serie tv.

Secondo alcuni analisti, questa modalità penalizza la longevità delle serie tv, la cui visione d’un fiato fa sì che il passaparola – di persona, sui social e sui mass media – si esaurisca in breve tempo, laddove la diffusione di una puntata alla settimana è in grado di mantenere alta l’attenzione anche per mesi.

In effetti, tra le principali piattaforme, Netflix è l’unica che diffonde sempre contemporaneamente tutti gli episodi delle sue serie più importanti: sia AppleTV+, sia Disney+, sia Amazon Prime Video si affidano o alla classica cadenza settimanale o a formule miste.

Netflix è quindi isolata in questo fondamentale elemento strategico: è possibile che la concorrenza si stia avvantaggiando anche di una scelta che sembra garantire ai loro show una più duratura promozione indiretta?

L’ascesa Disney

Di sicuro, tra tutti i concorrenti il più minaccioso è Disney+: in meno di tre anni, questa piattaforma ha raggiunto quota 137 milioni di utenti e, secondo alcune stime, potrebbe superare Netflix (e Amazon Prime Video, i cui 205 milioni di utenti conteggiano però tutti gli iscritti al servizio di consegne Prime) già nel 2025, facendo leva soprattutto sui contenuti legati al mondo di Star Wars, della Marvel, della Pixar e di un infinito catalogo di classici.

Se non bastasse, Disney si è già assicurata 9 miliardi di dollari in entrate pubblicitarie per il prossimo anno fiscale, il 40 per cento delle quali destinata alle sue varie piattaforme di proprietà (Hulu, la sportiva ESPN+ e anche Disney+, che lancerà una formula con pubblicità già nel corso di quest’anno). Se Netflix è alle prese con un tentativo di ripartenza, Disney+ viaggia invece a gonfie vele. Eppure, non tutti gli analisti sono concordi nel ritenere il sorpasso inevitabile.

In particolare, la società di consulenza The Motley Fool ha sottolineato come, nonostante i grandi successi di Disney+, le serie tv più rappresentative degli ultimi anni siano comunque state quelle di Netflix: la quarta stagione di Stranger Things è stato un altro enorme successo e ha superato nettamente il prodotto di punta del concorrente, vale a dire Obi Wan Kenobi; mentre il fenomeno dell’anno scorso è stato innegabilmente Squid Game, sempre di Netflix.

«Disney+ non può andare più di tanto lontano facendo affidamento solo sulle licenze più popolari, come Star Wars e Marvel», si legge sempre su The Motley Fool. «Queste licenze sono relative a generi molto specifici e non forniscono sufficiente varietà per soddisfare tutti gli abbonati».

L’enormità di contenuti legati a Star Wars e ai supereroi della Marvel potrebbe rivelarsi un boomerang per Disney+? Per il momento, sembra essere stata la ricetta che gli ha garantito il successo, anche se il rischio saturazione è sempre dietro l’angolo (e alcune avvisaglie già ci sono).

L’anello del potere 

Nel frattempo, Amazon sta per scoprire se la sua annosa e costosissima ricerca di un colossal del calibro di Game of Thrones, Stranger Things o The Mandalorian darà i suoi frutti.

A settembre, uscirà finalmente il primo episodio del Signore degli Anelli (la cui prima stagione è costata quasi 500 milioni di dollari), con cui Amazon spera probabilmente di dare il via a una galassia di contenuti in grado di fare concorrenza ai più blasonati concorrenti.

E AppleTv+, invece? Per quanto non si abbiano dati ufficiali, secondo le stime gli abbonati al servizio di streaming lanciato nel 2019 dovrebbero aggirarsi tra i 30 e i 40 milioni, numeri nettamente inferiori rispetto a Netflix e gli altri e che la pongono dietro anche a una piattaforma non ancora giunta in Italia come HBO Max (76 milioni di utenti), con la quale condivide peraltro il tentativo di creare prodotti non necessariamente destinati al grandissimo pubblico, ma di qualità più elevata (basti pensare al recente We Own This City di HBO, dello stesso autore del celebrato The Wire).

La guerra dello streaming, insomma, non solo è molto lontana dalla conclusione, ma i vari contendenti hanno appena iniziato ad affinare, e a diversificare radicalmente, le loro strategie.

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