Si parla molto in questo periodo di palloni aerostatici considerati spia. Viaggiano a quote elevatissime, al punto che se si desidera abbatterli è necessario l’invio di aerei caccia in alta atmosfera. Ma cosa sono esattamente questi palloni? Fino a quale altezza possono arrivare? Quanto costano? Di quale tecnologia necessitano?

Potenzialità record

Chris Tedesco / Red Bull Content Pool

Andiamo con ordine e partiamo da un record. Impressionante. Nel maggio 2002, un pallone da 80mila metri cubi di volume, lanciato dal Sanriku Balloon Center nel nord del Giappone, superò, silenziosamente ogni record di altezza assoluta per un pallone stratosferico. Raggiunse e superò velocemente la quota toccata dalla prima ascesa in mongolfiera del 1783, poi oltrepassò il record di un volo in mongolfiera del 1901, che aveva raggiunto i 10,8 chilometri.

Quindi superò ogni record di altezza mai stabilito da qualsiasi tipo di aereo, fosse un elicottero o un aereo di qualunque tipo. Il pallone giapponese sorpassò in altezza anche quello che portò Alan Eustace nel 2014, a raggiungere i 41,4 chilometri di altezza dalla superficie del mare per poi lanciarsi con un paracadute sulla Terra. E ha continuato a salire, ha attraversato gli strati superiori della stratosfera per poi raggiungere la mesosfera dove le temperature possono scendere anche a -140°C.

Infine ha raggiunto i 53 chilometri di quota, dove i satelliti non possono orbitare e che gli aerei non riescono a raggiungere. Ebbene oggetti come questi, apparentemente semplici, ma nella realtà non lo sono, pur non raggiungendo sempre quote elevatissime, possono portare strumenti e attrezzature in luoghi che nessun altro velivolo può raggiungere e rimanervi a lungo. Questi palloni aerostatici, da quello record giapponese a quelli abbattuti dagli americani e dai canadesi di origine cinese che viaggiavano a circa 18 chilometri di quota, sono ovviamente molto diversi dalle mongolfiere utilizzate per voli turistici o di altro tipo.

Forse nel mondo occidentale il miglior costruttore di palloni aerostatici di questo genere è la Raven Aerostar alla cui guida vi è Russ Van Der Werff che ha lavorato sia nel settore della difesa che in quello commerciale e ha progettato i palloni aerostatici per il progetto Internet di emergenza Loon di Google, che prevedeva di portare Internet là dove fosse necessario in seguito ad una catastrofe naturale. La società, nell’ultimo decennio, ha lanciato oltre 3.000 palloni riempiti ad elio, perfezionandoli sempre più con il passare del tempo. Questi progressi non solo aiutano i palloni a volare più in alto, ma li aiutano anche a rimanere alla quota raggiunta più a lungo. «Molti dei nostri palloni rimangono in atmosfera per più di 150 giorni. E con Loon abbiamo toccato il record di 320 giorni. Situazioni quasi impensabili 30 anni fa», spiega Van Der Werff alla Bbc. Purtroppo il progetto Loon è stato annullato nel 2021, ma Van Der Werff afferma che la sua azienda sarà presto in grado di lanciare un pallone che rimarrà in volo per un intero anno solare.

Le tecnologie

I vari palloni di presumibile provenienza cinese abbattuti nelle ultime settimane dopo aver percorso migliaia di chilometri sul Pacifico e sull’America del Nord dimostrano le enormi distanze che sono in grado di coprire. Quanto in alto possono viaggiare dipende anche dalla qualità del pallone che trasporta il carico utile. La flotta di palloni di Loon, che trasportava tecnologia di comunicazione che avrebbe consentito la copertura mobile in aree remote o colpite da disastri, era progettata per operare ad un’altezza di 19-25 chilometri. È il doppio di quello a cui vola la maggior parte degli aerei di linea e notevolmente più alto di quasi tutti i jet militari, tranne quelli più specializzati che sono pochissimi.

A seconda della loro missione, questi palloni possono trasportare qualunque tipo di carico, dalle apparecchiature di misurazione scientifica alle apparecchiature di comunicazione o, se lo spionaggio è il loro obiettivo, sensori o telecamere per osservare il terreno sottostante. Ideare l’elettronica per un pallone è molto simile ad elaborare l’elettronica per un veicolo spaziale. L’atmosfera a 27 chilometri di quota ha una densità di circa l’1 per cento di quella alla superficie del mare. «Fa molto freddo lassù, si arriva a meno -80°C», continua Van Der Werff, «ma ciò che è divertente e interessante è il fatto che, in genere, quando le persone progettano l’elettronica per la stratosfera, in realtà hanno più problemi a mantenerla a temperature basse che non a temperature elevate, perché lassù non c’è aria e quindi, non si possono utilizzare le ventole per dissipare il calore prodotto dagli strumenti. Tra l’altro il sistema prende avvio da Terra, dove le condizioni sono molto diverse da quelle che si trovano in quota, e il tutto va calibrato».

C’è poi un altro problema da affrontare se si vuole mantenere a lungo un pallone in alta quota, ovvero il modo di trovare l’energia per far funzionare gli strumenti. Sugli aerei ce n’è tanta perché prodotta dai combustibili fossili, ma per i palloni bisogna trovare altre strade. Queste portano indubbiamente all’energia che si può raccogliere dal Sole durante il giorno, che serve non solo per far funzionare gli strumenti in tempo reale, ma anche per caricare le batterie quando sui palloni cala la notte. Inoltre sono necessari dei compressori per permettere ai palloni di salire e scendere di quota, elemento fondamentale per mantenere in vita a lungo i palloni stessi. E qui non va dimenticato che essi non sono governabili come gli aerei o i satelliti. Ma è proprio nel far salire o scendere di quota i palloni che si riesce a mantenerli su determinate aree o a far compiere loro tragitti programmati. Come è possibile? Risponde Van Der Werff: «Si chiama stratosfera, la porzione di atmosfera dove arrivano i palloni, perché ci sono diversi strati d’aria con diverse proprietà atmosferiche. Quello che abbiamo scoperto facendo volare un gran numero di palloni è che a diverse altitudini, la direzione e l’intensità degli spostamenti d’aria varia notevolmente, addirittura in direzioni opposte».

I palloni sono molto più economici di un satellite lanciato nello spazio da un razzo, il che, a volte, li rende commercialmente concorrenziali a questi ultimi. È soprattutto la distanza che possono percorrere quando sono in alta atmosfera che li rende molto appetibili. I voli dei palloni aereostatici hanno fatto notizia in queste settimane per questioni politiche, ma ogni vengono lanciati circa 1800 palloni da stazioni meteorologiche di tutto il mondo

In Antartide il permafrost si fonde

Sergi Reboredo

Nelle Dry Valleys, aree prive di ghiaccio dell’Antartide che si trovano in zone non lontane dalle coste del continente, la degradazione del permafrost (il suolo permanentemente ghiacciato) causata dal riscaldamento globale, favorisce fenomeni di fuoriuscita di gas dal suolo che potrebbero estendersi lungo gli oltre 24mila chilometri di costa del continente antartico. È quanto è emerso dallo studio Antarctic permafrost degassing in Taylor Valley by extensive soil, condotto nell’ambito del progetto Seneca (Source and impact of greenhouse gasses in Antarctica), finanziato dal Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (Pnra) e coordinato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). Spiega Alessandra Sciarra, dell’Ingv: «La ricerca, che costituisce la prima campagna geochimica estensiva condotta nel continente Antartico, è frutto della collaborazione internazionale tra l’Ingv e varie Università nazionali e internazionali, mette in luce come le zone dell’Antartide note come McMurdo Dry Valleys, situate nel settore orientale del continente, a circa 100 chilometri dalla base americana di McMurdo e neozelandese Scott Base, costituiscono non solo la più estesa area priva di ghiaccio del continente antartico dove la scarsissima umidità, le temperature gelide (tra -14 °C e -30 °C) e venti fino a 320 chilometri all’ora hanno generato uno degli ambienti più estremi del Pianeta, ma anche un’area da studiare e tenere sotto controllo».

Recenti studi condotti nelle regioni polari nell’emisfero nord hanno rivelato che la stabilità del permafrost gioca un importante ruolo nell’attuale ciclo del carbonio e del metano, dal momento che può intrappolare considerevoli quantità di tali gas serra. Era da tempo noto che l’aumento delle temperature terrestri favorisce il rapido riscaldamento del permafrost delle aree prossime al Polo Nord, con il conseguente rilascio di notevoli quantità di gas serra. Tuttavia, nelle regioni antartiche questo fenomeno non era stato ancora sufficientemente studiato e valutato. Livio Ruggiero, responsabile scientifico del progetto Seneca, sottolinea: «In Antartide, le McMurdo Dry Valleys rappresentano circa il 10 per cento del suolo senza ghiacci dell’intero continente e, così come avviene per le regioni polari del nord, tendono a riscaldarsi, anche se più lentamente. Durante l’estate australe del 2019 - 2020, è stata effettuata la prima campagna geochimica estensiva su una superficie di circa 22 chilometri quadrati nella Taylor Valley. L’indagine ha permesso la misura in superficie della concentrazione di un’ampia gamma di gas, tra cui anidride carbonica, metano e idrogeno, e del flusso di CO2 al fine di identificare le vie preferenziali di risalita per i fluidi profondi e valutarne i meccanismi di migrazione. Confrontando questi dati con i pochi dati pregressi a disposizione è stato osservato un incremento nel flusso dell’anidride carbonica, stimato pari a circa 15 tonnellate al giorno su un’area di 21,6 chilometri quadrati».

Stando ai ricercatori quanto avviene nella Taylor Valley potrebbe non essere un’eccezione ma estendersi anche lungo gli oltre 24mila chilometri di costa del continente antartico. I risultati della ricerca hanno evidenziato la necessità di effettuare ulteriori indagini per valutare adeguatamente le emissioni di gas serra in regioni caratterizzate dalla presenza di permafrost che finora sono state poco studiate.

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