Un nuovo studio internazionale guidato da Jay Famiglietti dell’Arizona State University lancia un allarme senza precedenti: la Terra sta perdendo acqua dolce a ritmi accelerati, con conseguenze drammatiche per la disponibilità idrica globale e l’innalzamento del livello del mare. Attraverso l’analisi di oltre 22 anni di dati satellitari GRACE e GRACE-FO, i ricercatori hanno misurato le variazioni della massa d’acqua immagazzinata nei continenti — dalle falde acquifere ai ghiacciai. I risultati sono inquietanti: dal 2002 al 2024, vaste aree del pianeta hanno registrato un calo significativo delle riserve idriche, con una perdita che contribuisce in modo crescente all’innalzamento del livello del mare.

“Mega-essiccazione”

Lo studio ha identificato quattro aree critiche in cui la siccità si è intensificata e connessa su scala continentale. Questo sono: 1) Nord America e America Centrale: il pompaggio intensivo per l’irrigazione ha prosciugato le falde acquifere 2) Europa occidentale, Nord Africa, India e Cina settentrionale: una fascia continua di esaurimento idrico si estende su migliaia di chilometri. 3) Canada settentrionale e Russia: qui la perdita è legata alla fusione di ghiacciai, permafrost e alla diminuzione delle nevicate. 4) Asia centrale e Medio Oriente: zone già aride che stanno diventando sempre più secche.

Secondo i dati, il 68 per cento della perdita di acqua dolce è attribuibile all’esaurimento delle falde acquifere, causato principalmente dall’agricoltura intensiva. Questo trasferimento di massa verso gli oceani ha provocato, dal 2015, un innalzamento del livello del mare superiore a quello causato dalla fusione delle calotte glaciali dell’Antartide e della Groenlandia. “Non stiamo creando né distruggendo acqua, la stiamo semplicemente spostando — ma nella direzione sbagliata”, afferma Manoochehr Shirzaei del Virginia Tech. Benjamin Cook della Columbia University sottolinea la necessità di distinguere tra gli effetti del cambiamento climatico e quelli dell’uso umano delle risorse idriche: “Serve una diagnosi dettagliata per capire le cause reali dell’esaurimento delle falde”. Il livello del mare sta salendo di quasi un millimetro all’anno solo a causa della perdita di acqua dai continenti. Un dato che, secondo Famiglietti, rappresenta “il messaggio più drammatico sull’impatto del cambiamento climatico fino ad oggi”.

Il gigante interstellare

Si immagini un messaggero antico, nato prima ancora che il nostro Sole accendesse la sua luce. Un viaggiatore solitario, sospinto per miliardi di anni nello spazio profondo, fino a bussare improvvisamente alla porta del nostro sistema solare. Questo è 3I/ATLAS, la cometa interstellare che nel 2025 ha fatto il suo ingresso nella storia dell’astronomia moderna – e forse anche nella leggenda. Scoperta il 1° luglio 2025 dall’osservatorio ATLAS in Cile, 3I/ATLAS è diventata il terzo oggetto interstellare mai osservato, dopo ʻOumuamua (2017) e 2I/Borisov (2019). Ma è già chiaro: questa cometa non è come le altre. È più grande, più veloce e forse molto, molto più antica. Appena è stata individuata, la sua orbita ha destato stupore: un percorso iperbolico estremo, con un’eccentricità di circa 6,144 (l’eccentricità di una cometa è un numero che indica quanto la sua orbita è allungata rispetto a un cerchio perfetto. Se l’eccentricità è 0, l’orbita è circolare. Se è uguale o maggiore di 1, l’orbita è aperta), fuori scala rispetto a qualsiasi oggetto del nostro sistema. Tradotto: 3I/ATLAS non torna indietro. Non è vincolata al Sole. È un oggetto in transito, destinato a non rivederci mai più. Quando raggiungerà il punto più vicino al Sole – il perielio, previsto per il 29 ottobre 2025 – si troverà a 1,35 unità astronomiche (una unità astronomica è circa 150 milioni di chilometri) tra le orbite di Marte e Terra e viaggerà a quasi 68 km/s. Il 19 dicembre passerà alla minima distanza dalla Terra: 1,83 UA, circa 274 milioni di km. Poi, a marzo 2026, saluterà anche Giove da vicino e sparirà nel buio.

Le dimensioni 

Inizialmente le stime parlavano di un nucleo tra i 10 e i 30 km di diametro, paragonabile a comete come Hale-Bopp. Ma ora grazie al telescopio spaziale Hubble che ha puntato il suo occhio verso la cometa la dimensione massima del diametro è di 5,6 chilometri, ma potrebbe essere anche di soli 320 metri. E’ molto difficile trovare il valore esatto perché il nucleo risulta invisibile anche ad Hubble. Quel che è certo è che la cometa è attiva. Dalle osservazioni si è rilevata una chioma ben sviluppata (la “coma”), indice del rilascio di ghiaccio d’acqua e gas volatili, come avviene nelle comete classiche. La composizione pare simile a quella degli asteroidi di tipo D – ricchi di materiale organico primordiale – ma con qualcosa in più: la firma della preistoria cosmica. Secondo l’Università di Oxford e la Royal Astronomical Society, 3I/ATLAS potrebbe essere più vecchia del nostro sistema solare: fino a 7 miliardi di anni. Sì, avete letto bene: due miliardi di anni più della Terra stessa. Questo significa che potrebbe essersi formata attorno a una stella già estinta, forse in un sistema planetario disgregato da qualche cataclisma. L’analisi spettroscopica suggerisce la presenza di materiale che si è conservato praticamente intatto per miliardi di anni: un fossile volante che spazia da un sistema solare all’altro.

La possiamo visitare?

3I/ATLAS? La risposta, purtroppo, è “no”. La velocità è così elevata – e la traiettoria così rapida – che nessuna missione è attualmente pronta per intercettarla in tempo. L’Agenzia Spaziale Europea ha in programma la sonda Comet Interceptor (lancio nel 2029), proprio per intercettare comete che arrivano dagli spazi profondi, ma questa cometa sarà ormai lontana, troppo lontana per raggiungerla. Una proposta più audace e in parte sostitutiva è arrivata da un team di ricercatori: Adam Hibberd, Avi Loeb e Adam Crowl hanno proposto di utilizzare la sonda Juno, già in orbita attorno a Giove, e lanciarla verso 3I/ATLAS con una manovra di fionda gravitazionale e un’accelerazione di pochi chilometri al secondo. Va ricordato che la sonda Juno è una missione della NASA lanciata nel 2011 per studiare Giove, la sua atmosfera, il campo magnetico e la struttura interna, in orbita attorno al pianeta dal 2016. La missione alla cometa sarebbe teoricamente possibile per una finestra breve nel marzo 2026, ma servirebbero tempismo, propellente e un miracolo logistico. Nulla è stato approvato e difficilmente lo sarà. Ma c’è qualcosa di più “semplice” e comunque interessante che si potrebbe fare con la medesima sonda: poiché la 3I/ATLAS arriverà il 16 Marzo 2026 alla minima distanza da Giove di 53,5 milioni di chilometri alla velocità di 65,9 km/s, il team della JUNO ha calcolato che rallentando di 2,6755 km/s la velocità della sonda al perigiove (il punto più vicino al pianeta) del 9 settembre 2025, (l’ultimo e 78esimo dell’intera missione) JUNO incrocerà l’orbita della 3I/ATLAS il 14 marzo 2026, con la possibilità di scrutare la cometa con tutti suoi strumenti, da una distanza di circa 1,2 milioni di km. Il motore di bordo della JUNO tuttavia, è spento dal 2014 e i calcoli dicono anche che il propellente residuo necessario alla manovra è appena sufficiente. Se la manovra verrà accettata potrebbe essere un’occasione unica per studiare quell’oggetto.

Visibile anche da Terra

Durante l’estate 2025, 3I/ATLAS è stata osservata da decine di telescopi nel mondo. La sua chioma rimane visibile fino a settembre. Poi, a causa della posizione ravvicinata al Sole, sarà invisibile per circa due mesi. Ma a dicembre 2025 tornerà a essere osservabile, probabilmente anche con telescopi amatoriali nei cieli notturni. Sarà l’ultima occasione per vederla. E chissà: magari mentre la guardiamo, starà già superando i confini del nostro Sistema Solare, dirigendosi verso altri ignoti sistemi stellari. 3I/ATLAS è molto più di una cometa. È un testimone di altri mondi, una reliquia dimenticata che attraversa lo spazio e il tempo. Non possiamo seguirla. Non possiamo afferrarla. Ma possiamo osservarla, studiarla e imparare. E in quell’osservazione – fragile, remota, provvisoria – sta tutto il senso della nostra avventura umana nello spazio: cercare di capire l’Universo, un granello di polvere alla volta.

Purtroppo però la 3I/ATLAS non sarà visibile ad occhio nudo e, al momento, nei nostri cieli, non vi sono comete che potrebbero attirare l’occhio degli appassionati. 

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