Durante questa settimana di caldo infernale sull’Europa occidentale, i climatologi hanno fatto fatica a credere ai propri occhi e ai dati che stavano leggendo mentre arrivavano in tempo reale dalle stazioni meteo del continente.

Come i 40°C annunciati dal Meteorological office britannico all’aeroporto di Heathrow, a Londra, picco di sempre nel Regno Unito, o i 39,3°C di Brest, e i 43° di Nantes, in Francia, 42°C sui Pirenei spagnoli, con temperature al suolo che in altri punti della Spagna hanno sfiorato i 60°C, temperatura ideale per la cottura media di una bistecca, mentre sono stati superati 30°C anche a Edimburgo e Stoccolma.

«Non sono tanto i singoli picchi, ma il fatto che stiamo osservando oggi temperature estreme che ci aspettavamo nel 2040, nel 2050», spiega Giulio Betti, climatologo del Cnr. La settimana centrale di luglio ha fatto cadere record di caldo dal Portogallo fino al Regno Unito, con diverse deviazioni standard rispetto alla norma, una corsa seguita da una crisi consequenziale inevitabile, gli incendi, che hanno bruciato migliaia di ettari e provocato onde di sfollati e che sono arrivati anche in Inghilterra, dopo aver devastato Portogallo, Spagna e Francia.

In Normandia in questa stagione ci si aspetterebbero 20°C di massima, siamo quasi al doppio: siamo nella normalizzazione dell’anomalia, perché la realtà ha sempre ragione, anche sui modelli. L’Europa deve attrezzarsi a essere uno dei grandi punti di sofferenza del mondo dell’emergenza climatica causata dai combustibili fossili e dall’eccesso di gas serra in atmosfera. Anche i rapporti Onu-Ipcc usciti quest’anno avvisavano: la frequenza, la durante e l’intensità delle ondate di calore sul continente avranno pochi eguali al mondo. Tutto confermato, ma con una variante che nessuno si aspettava: tutto anticipato di decenni.

Promontorio anticiclonico

Tecnicamente, stiamo assistendo a un promontorio anticiclonico, una massa di aria molto calda che risale indisturbata dal deserto del Sahara. Un evento meteorologico eccezionale che non risparmia nemmeno l’Italia: entro la fine di questa settimana potrebbe cadere anche il record di temperatura di Milano, i 37,8°C registrati nel 2017 a Linate. «Questo è un anno che ci sta facendo crollare ogni certezza, i record sono fatti per essere battuti, prima o poi, ma il problema è che ci stiamo abituando a battere record ogni anno. Dal 15 maggio l’Italia è fuori da ogni logica statistica, fino alla fine di luglio ci troviamo con una situazione in cui ogni giorno si superano i 35°C al nord». Se questa dell’estate 2022 è l'Europa che ci aspettavamo secondo i modelli climatici nel 2050, in che situazione ci troveremo tra trent’anni?

In un mondo che diventa progressivamente più caldo, dobbiamo aspettarci punte di temperature sempre più estreme. Tra le dinamiche climatiche più preoccupanti per il futuro dell’Europa c’è l’indebolimento della corrente a getto, il flusso d’aria che viaggia da ovest verso est e che ha sempre «spezzato» il passaggio di aria calda da sud verso nord.

Una ricerca pubblicata su Nature nel 2022 conferma che le ondate di calore europee diventano più persistenti e pericolose proprio per questa dinamica, con tutte le conseguenze del caso: «Mortalità in eccesso, incendi forestali, crisi agricola». «La corrente a getto dal punto di vista meteorologico spiega quasi tutto, e oggi è una delle vittime della crisi climatica, per la diminuzione del gradiente termico tra i poli e l'equatore», conferma Betti.

Gradiente termico è la differenza di temperatura: con i poli che si riscaldano sempre più velocemente quella con l’equatore si riduce, questo fa indebolire la corrente a getto, crea delle anse in cui si infilano facilmente le masse di aria calda e le conseguenze sono sistemiche, giornate di afa insopportabile anche a latitudini dove mai ci si era dovuti attrezzare per temperature con il numero quattro davanti.

Cambiamenti troppo veloci

Il problema al quale assistiamo oggi è che il clima sta cambiando troppo velocemente per consentire alle società di adattarsi ai nuovi rischi. In Italia, durante queste settimane di caldo atroce, la politica sta giustamente usando le sue residue energie politiche per evitarci un inverno al freddo, ma le ondate di calore non ricevono lo stesso di attenzione e preparazione.

Il freddo è considerato un problema collettivo, il caldo rimane un guaio individuale, un moltiplicatore di disuguaglianze: tra chi può scappare e chi è costretto a rimanere in città trappola, tra chi ha l’aria condizionata e chi non ce l’ha, tra chi abita in quartieri mitigati dalla vegetazione e dalle aree verdi, e chi vive in zone desolate che a queste temperature devono aggiungere tra 3 e 6°C per l’effetto isola di calore. Le vittime delle ondate di calore tendono a «nascondersi nelle statistiche» e a non a essere contate, perché difficili da attribuire in modo diretto al caldo estremo, ma Spagna e Portogallo ne hanno già denunciate in tutto 1.100, 510 in Spagna secondo l’Istituto Carlos III, 659 in Portogallo secondi i dati del ministero della Salute.

Impreparati al caldo

Più si sale verso nord, e più il problema dell’impreparazione al caldo anomalo è pronunciato, come spiega Betti «una cosa è un popolo che da millenni raggiunge i 40°C ogni estate, come in nord Africa, una cosa è una città come Londra che li deve affrontare per la prima volta. E si deve essere preoccupati anche per la flora e per la fauna, come fa la vegetazione a resistere a temperature che a certe latitudini non hanno niente di naturale?».

Come ha dichiarato Paul Gundersen, capo meteorologo del Met britannico, «le notti nelle aree urbane sono eccezionalmente calde, questo avrà un impatto esteso sulle persone e sulle infrastrutture. È importante che i cittadini facciano attenzione e cambino le proprie abitudini, questo livello di calore può avere effetti avversi sulla salute».

Di più, non possono fare, in mancanza di strategie di adattamento più ampie che, come la riforestazione urbana, hanno bisogno di anni, se non di decenni, per essere efficaci. Nella settimana più calda della sua storia, il Regno Unito ha anche completato uno dei suoi più ambiziosi progetti di rewildling, cioè restituzione degli ecosistemi alla natura: sono stati reintrodotti i bisonti nel Kent, dopo millenni di assenza. La loro prima sfida sarà sopravvivere a un caldo fuori da ogni previsione.

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