- Agli occhi di quel mondo che da anni lotta contro il caporalato e lavora per i diritti di tutti gli attori della filiera agroalimentare, l’incarico dato dalla Ministra Lamorgese a Roberto Maroni è un controsenso inspiegabile e inaccettabile
- Oltre alla nomina dell’ex ministro, c’è un problema che riguarda la moltiplicazione degli spazi istituzionali deputati a contrastare il caporalato, che inevitabilmente, finisce per avere come effetto il rallentamento dei processi decisionali e il raggiungimento di obiettivi ambiziosi
- Non si può ignorare la storia politica di Roberto Maroni e quella del suo partito, la Lega, che negli anni scorsi ha contribuito a creare nel paese un clima di persecuzione nei confronti delle persone migranti, che risiedono nelle nostre città e lavorano nelle nostre campagne.
In pochi si aspettavano di assistere alla lunga sequela di encomi e felicitazioni per la illustre e blasonata carriera, con cui è stato accolto, nel palazzo del Viminale, Roberto Maroni, il nuovo presidente della Consulta per l’attuazione del Protocollo d’intesa per la prevenzione e il contrasto dello sfruttamento lavorativo in agricoltura e del caporalato. La nomina dell’ex ministro dell’Interno e del Lavoro leghista, in un periodo non proprio roseo per i rapporti tra Matteo Salvini e la minis



