Lunedì 9 agosto sarà presentato il più grande aggiornamento delle conoscenze sulla scienza del clima dal 2014, con il primo di tre rapporti che insieme formano il sesto rapporto di valutazione (Ar6) dell’organismo delle Nazioni unite responsabile della scienza del clima, l’Ipcc.

Questo primo rapporto dettaglia come i gas serra stanno causando danni senza precedenti e comprende argomenti come gli eventi estremi, la loro attribuzione umana, il bilancio del carbonio ma anche per il modo dettagliato quella del metano, tracciando lo stato attuale e futuro del clima. Questi rapporti sono ratificati dopo un lungo negoziato in cui i governi approvano formalmente il riassunto per i decisori politici, assicurando la più alta credibilità e consenso della comunità scientifica internazionale e di quella politica.

Cosa ci aspetta?

Innanzitutto che gli scienziati sono più che mai certi che il cambiamento climatico è causato da noi, non lasciando spazio al dibattito sul perché il clima stia cambiando. Fatto accertato e indiscutibile è che le emissioni causate dall’uomo hanno cambiato pericolosamente e permanentemente il nostro pianeta. L’ultima volta che i livelli di CO2 nell’atmosfera sono stati così alti è stato durante il medio pliocene, circa 3,6 milioni di anni fa. E che le temperature oggi stanno aumentando più velocemente di qualsiasi momento negli ultimi 2000 anni.

Il rapporto evidenzierà un importante consenso sull’attribuzione umana agli eventi metereologici estremi. Dai cambiamenti nelle precipitazioni alle ondate di calore estremo, dalla crescente intensità dei cicloni tropicali agli eventi composti. Dal 2014 a oggi c’è stata una maggiore attenzione agli impatti locali e regionali. In Italia il rapporto del 2020 del Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc) è l’esempio migliore che abbiamo. Ci ricorda che «in Italia si attende nei prossimi decenni un incremento del rischio incendi superiore al 20 per cento in tutti gli scenari climatici e un allungamento della stagione degli incendi compreso tra i 20 e i 40 giorni».

Altro risultato importante del rapporto è che non solo le emissioni di carbonio ma anche quelle di metano dovranno essere rapidamente ridotte in questo decennio e portate a zero entro il 2050. La concentrazione di metano è già ben al di sopra dei limiti di sicurezza delineati nel 2014 e sta aumentando bruscamente da circa un decennio. Il metano è responsabile di quasi un quarto del riscaldamento globale e ha un potenziale di riscaldamento circa 30 volte superiore a quello della CO2 in un secolo. Le attività umane sono responsabili del 50-65 per cento.

Il rapporto Ar6 dedica anche per la prima volta un intero capitolo ai cosiddetti “forzanti climatici a vita breve”, come gli aerosol, il particolato e altri gas reattivi, come l’ozono, che esistono nell’atmosfera da poche ore a pochi mesi. A differenza della CO2, la mitigazione di questi gas può avere un impatto immediato sulla temperatura a causa della loro vita più breve e migliorare la qualità dell’aria e salvare vite umane. Infine, il rapporto ci dirà che ci sono forti limiti sulla quantità di carbonio che può essere assorbita dalla terra e dall’oceano.

I prossimi tre mesi

C’è dunque una finestra che si sta chiudendo rapidamente per agire prima che l’obiettivo di 1,5 gradi, incluso nell’Accordo di Parigi, sia fuori portata. L’Italia ha la possibilità di giocare da protagonista e costruire sui risultati importanti del G20 di Napoli del 23 luglio. Ma occorre ancora trovare un accordo per l’uscita dal carbone, accelerare la riduzione delle emissioni nel breve-medio periodo, in particolare di Cina e India, e garantire il supporto finanziario ai paesi vulnerabili attraverso la finanza per il clima (l’Italia è l’unico paese G7 a non aver ancora presentato nuovi e seri impegni di finanza per il clima).

L’Italia deve allora mettere in gioco una diplomazia climatica all’altezza per costruire i tasselli di una nuova sicurezza e prosperità globale in vista del Vertice G20 dei Leader (30-31 ottobre) e la CoP26 di Glasgow (1-12 novembre).

Risulta quindi più che mai tempestiva e necessaria la nomina di un inviato per il clima. I ministri Luigi Di Maio e Roberto Cingolani, ma anche il premier Mario Draghi, dovranno mandare un segnale chiaro di impegno, responsabilità e competenza nell’auspicio che vengano considerate le migliori forze, con esperienza e conoscenza del tema e una riconosciuta credibilità internazionale ed europea, slegate da interessi costituiti e pregiudizi di genere.

 

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