Tra corpi deformi e outsider

Dentro e fuori le capsule. Un’impronta surrealista segna la Biennale di Venezia

Raphaela Vogel, Können und Müssen (Ability and Necessity), 2022 Polyurethane elastomer, steel, brass, anatomical model, Galerie Gregor Staiger, Zurich; Institut fur Auslandsbeziehungen – ifa. Foto Roberto Marossi -\\u00A0Courtesy La Biennale di Venezia
Raphaela Vogel, Können und Müssen (Ability and Necessity), 2022 Polyurethane elastomer, steel, brass, anatomical model, Galerie Gregor Staiger, Zurich; Institut fur Auslandsbeziehungen – ifa. Foto Roberto Marossi - Courtesy La Biennale di Venezia
  • Merito di questa edizione della Biennale è l’aver toccato argomenti importanti, sensibili, delicati, senza scadere negli eccessi disastrosi generati dalla cancel culture e dal politicamente corretto.
  • Eccessi nati delle rivendicazioni di quanti in nome di un’ingiustizia subita nel tempo tendono a mortificare la cultura e le sue espressioni astraendole dal loro contesto storico di appartenenza.
  • Oltre a porre attenzione sulla presenza femminile nell’ambito del movimento surrealista, questa Biennale mette in evidenza quanto estesa in arte sia oggi la tendenza a scandagliare il mondo dei sogni, esplorare l’inconscio, dare immagine a desideri e paure, destabilizzare, infrangere le regole, immaginare un mondo nuovo, tutte attitudini che hanno permeato il surrealismo.

Ad accoglierci nella prima sala del padiglione internazionale della Biennale di Venezia, ai Giardini, è una grande elefantessa su un alto piedistallo cilindrico bianco che ci porta ad alzare lo sguardo come dinanzi a un monumento. Si tratta di una scultura del 1987 dell’artista tedesca Katharina Fritsch (quest’anno Leone d’oro alla carriera insieme alla cilena Cecilia Vicuña) realizzata dal calco di un elefante impagliato di nome Bibi, conservato al museo di Storia naturale di Bonn. L’impeccabi

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