Ben ritrovati, in un’estate accesa dalla politica (anche se non manca il tempo per attività ricreative come una bella gara di tabacco da fiuto, documentata dalla Zeit in questo video). Ma ovviamente non vogliamo incoraggiare il tabagismo, quindi restiamo sul racconto dell’attualità caldissima (sia metaforicamente che letteralmente, anche in Germania le temperature stanno toccando livelli record).

Colpi alla coalizione

Iniziamo dallo stato di salute – a dire il vero non brillantissimo – della Grande coalizione che sostiene Friedrich Merz. Sono stati due gli eventi che l’hanno azzoppata pesantemente: il congresso della Spd e le critiche di Angela Merkel.

Il congresso, paradossalmente, sarebbe dovuto essere il palco del rilancio del partito di centrosinistra che alle ultime elezioni ha raccolto il peggior risultato di sempre, arrivando appena al 16 per cento dei consensi. Da febbraio, l’ha preso per mano Lars Klingbeil, segretario già nell’ultima legislatura e ora dominus indiscutibile della socialdemocrazia. Ha gestito lui le trattative di coalizione (in cui in realtà è riuscito a ottenere anche ottimi risultati) con la Cdu per la formazione del governo, è diventato vicecancelliere, ha un gruppo parlamentare che per la gran parte gli risponde alle spalle. L’incoronazione a nuovo/vecchio segretario di partito era considerata poco più che una formalità. Certo, la strategia accentratrice del gigante della Bassa Sassonia (il ministro delle Finanze misura 196 centimetri, appena 2 di meno del cancelliere) non è piaciuta a tutti e prima del congresso la minoranza interna gli ha fatto un “bel” regalo presentando un manifesto per riaprire i rapporti con Mosca, ma nessuno si aspettava il magro risultato di Klingbeil. Si contava su un consenso del 75-80 per cento, invece alla fine il ministro non è arrivato neanche al 65 per cento. La sua cosegretaria, Bärbel Bas – ministra del Lavoro – è stata eletta con il 95 per cento dei consensi.

La ragione della performance secondo i commentatori è ancora una punizione degli iscritti al segretario per non essersi occupato a dovere dei problemi che il risultato elettorale ha evidenziato: mentre però Klingbeil avrebbe voluto discuterne apertamente prima del voto – dice – i delegati hanno agganciato una pregiudiziale al mandato del nuovo/vecchio segretario. La fiducia del partito è tutta su Bas, che ha già parecchi fronti aperti al suo ministero con i partner di coalizione. Klingbeil stesso, invece, avrà più difficoltà a difendere decisioni impopolari del suo governo, scrive lo Spiegel.

Ma se la Spd piange, la Cdu non ride. Merkel è infatti tornata sulla politica migratoria del governo Merz, e non in maniera positiva. L’occasione è stata un talk con persone con background migratorio organizzato dall’emittente pubblica Wdr per il decennale della decisione di Merkel di aprire le frontiere ai rifugiati siriani: gli interlocutori dell’ex cancelliera avevano origini iraniane, siriane e afghane. Per Merkel, è sbagliato il contesto in cui si discute di migranti in Germania: «Parliamo spesso delle persone che sono venute da noi, ma forse non parliamo abbastanza spesso con le persone che sono arrivate».

Per l’ex cancelliera, «se qualcuno chiede asilo alla frontiera, dobbiamo garantirgli una valutazione. Volendo anche lì al confine, ma deve esserci una valutazione» della sua condizione di potenziale richiedente asilo. E poi, ci sarebbe bisogno di guardare al fenomeno con una prospettiva europea. Non è la prima volta che Merkel critica le iniziative del governo e del suo partito: era già successo quando la Cdu aveva votato a favore di una mozione insieme ad AfD al Bundestag a gennaio scorso.

Presidente interventista

Nella nuova legislatura si sta segnalando con una certa rilevanza la presidente del Bundestag, la cristianodemocratica Julia Klöckner. La Linke ha preso pubblicamente posizione contro di lei accusandola di non essere neutrale e di aver preso a più riprese decisioni politiche nelle ultime settimane.

Per la Linke, la presidente blocca le proposte dell’opposizione, come è successo per un’interrogazione dei Verdi sull’acquisto di mascherine da parte del ministro della Salute del periodo Covid Jens Spahn, accusato di aver sperperato fondi pubblici favorendo una ditta produttrice della sua zona nonostante i prezzi più alti. A differenza di quanto succedeva negli anni precedenti, Klöckner ha anche vietato di issare la bandiera Lgbt per il mese del Pride sul Bundestag e ha avuto scontri con singoli deputati della Linke, espulsi dall’aula per quel che indossavano (nello specifico un basco e una t-shirt con la scritta “Palestine”).

Nel caso della bandiera, Klöckner ha replicato che la bandiera tedesca «rappresenta tutto quello che c’è scritto nella nostra Costituzione: la libertà, tutti i diritti umani, tra cui anche quello dell’autodeterminazione sessuale. Nessuna bandiera le è superiore».

Un'altra estradizione?

Dopo il caso di Maja T., c’è il rischio che il governo tedesco autorizzi l’estradizione in Ungheria di un’altra persona. Maja, una persona non binaria, è incarcerat* a Budapest ormai da tempo, imputat* nello stesso processo che vede coinvolta l’europarlamentare Ilaria Salis. Proprio oggi è stat* ricoverat* a 260 chilometri da Budapest per le conseguenze fisiche dello sciopero della fame che ha intrapreso per protestare contro le sue condizioni di detenzione. Per altro, viene anche visitat* da un medico che non parla né inglese né tedesco. Suo padre ha lanciato una mobilitazione e le adesioni sono in crescita.

Intanto però c’è la possibilità che lo stesso processo di estradizione finisca per riguardare anche Zaid A. nonostante il pronunciamento contrario della Corte costituzionale federale sull’altra vicenda. L’attivista era prima scomparso dai radar, ma poi si è consegnato alle autorità: attualmente il tribunale federale sta valutando la competenza sul caso dei giudici che hanno deciso anche sull’estradizione di Maja T. È però già stato chiarito che l’estradizione non è da escludere. 

Non ci sarebbero, cioè, ostacoli all’estradizione, Zaid A. non rischierebbe cioè di non ricevere un processo giusto o una detenzione disumana. Se così non fosse, alla Germania sarebbe infatti vietato di procedere e consegnare l’attivista, ma i limiti che prevede la legge sono molto tolleranti, motivo per cui in Europa le estradizioni vengono normalmente garantite. 

Il morbo della rubrica

Chiudiamo con un dibattito culturale che ha appassionato (e indignato) molti lettori lo scorso fine settimana. A scatenarlo, l’intervento di Maxim Biller sulla Zeit: la sua più recente rubrica ha diviso la redazione del settimanale al punto che il pezzo è stato successivamente cancellato dal sito del giornale (ma ovviamente è ancora consultabile nella versione cartacea).

Biller è noto per non andare per il sottile, ma il tasso di lettura di questo ultimo pezzo ha superato ogni precedente. L’editoriale, che si intitola Morbus Israel, passa in rassegna il rapporto «patologico» di tanti tedeschi con Israele. Dal suo punto di vista, si tratta di «nipoti di colpevoli» con la coscienza sporca. Tra gli altri cita il conduttore televisivo Markus Lanz, che avrebbe intenzione di «smascherare gli israeliani come medievali assassini di bambini e criminali di guerra moderni». Altri, come il giornalista Tilo Jung o il parlamentare Spd Ralf Stegner, per Biller si muovono in un «incubo horror anti-israeliano patologico, psichicamente senz’altro molto pesante». 

La redazione ha polemizzato soprattutto sul passaggio in cui Biller definisce l’isolamento di Gaza deciso dal governo Netanyahu come un «blocco della consegna del cibo strategicamente giusto, ma disumano». Per non lasciare dubbi, l’autore arriva a chiudere l’editoriale con una barzelletta sull’opportunità di sparare agli arabi. Dopo la cancellazione del testo sono fioriti molto retroscena, di cui uno tira in ballo la presunta opposizione interna tra la redazione web e quella – meno “woke” – della carta. Effettivamente proprio da oggi le due redazioni si sono fuse, con una conseguente ridistribuzione di posizioni di comando e fondi. Nella sua presa di posizione, il settimanale sostiene che il processo di revisione del testo non è intervenuto come avrebbe dovuto: alla fine, però, anche la decisione di rimuovere l’articolo non ha lasciato tutti soddisfatti. In ogni caso, il dibattito è stato durissimo: alcuni editorialisti del settimanale hanno addirittura troncato la loro collaborazione con la Zeit. 

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