Per medici ed esperti è ormai evidente: l’Italia è entrata ufficialmente nella quarta ondata del Covid-19. La speranza di tutti è che grazie ai vaccini questa sia diversa da tutte quelle che l’hanno preceduta.

Di certo, alcuni numeri sono molto incoraggianti, altri invece un po’ meno. Ecco come possiamo immaginarci i prossimi mesi, sulla base di quello che sappiamo oggi.

La situazione 

Questa nuova ondata è arrivata leggermente in ritardo nel nostro paese rispetto a quando ha colpito i nostri vicini europei, ma i contagi sono comunque cresciuti rapidamente.

Ad oggi, la media settimanale è di circa 5mila nuovi casi al giorno, una settimana fa era più o meno tremila, e due settimane fa intorno ai 1.500. Alcuni indicatori sembrano mostrare un possibile rallentamento della crescita (sarebbe un’ottima notizia: in Francia e Regno Unito i casi sono arrivati a decine di migliaia al giorno prima di iniziare a flettere), ma è comunque presto per trarre conclusioni.

l’Istituto superiore di sanità ha riferito ieri che l’indice Rt, che misura la velocità con cui si diffonde l’epidemia, è passato a 1,57, rispetto a 1,26 del precedente rilevamento. Cresce anche il numero di nuovi casi ogni 100mila abitanti, da 41 a 58.

Le stime per il futuro

Come in passato, provare a stimare l’andamento di un’ondata di Covid è un esercizio molto complicato. Le previsioni più solide in questo campo sono quelle fatte dallo European Covid-19 Forecast Hub, un progetto di ricerca a cui collaborano alcune delle più prestigiosi istituzioni scientifiche europee.

Secondo l’ipotesi più ottimista tra quelle elaborate dal gruppo, l’Italia potrebbe raggiungere il picco dell’onda e iniziare la discesa già a metà agosto, con circa 6mila nuovi casi al giorno.

Nello scenario peggiore, potremmo invece arrivare a oltre 30 mila casi al giorno già a metà agosto, un numero paragonabile al picco di contagi della seconda ondata.

Decessi e ricoveri

Ora che oltre la metà della popolazione italiana è completamente vaccinata, compresa la stragrande maggioranza delle persone più fragili, è importante ricordare che questi contagi produrranno numeri più basso di ricoveri e decessi rispetto al passato.

Quanti esattamente è impossibile da dire, ma possiamo cominciare a farci un’idea. Lo scorso marzo, durante il picco dell’ultima ondata e all’inizio della campagna vaccinale, c’erano in tutto 570mila persone positive al virus. Di queste, il 5 per cento era ricoverato in normali reparti di medicina e lo 0,65 per cento in reparti terapia intensiva.

Oggi, i positivi sono poco meno di 80mila, ma la percentuale dei ricoverati è poco superiore al 2 per cento e quella delle persone in terapia intensiva è pari a poco più dello 0,2 per cento.

Zone e colori

Le regole che determinano l’entrata nelle zone gialle, arancioni e rosse sono state cambiate e come risultato possiamo aspettarci molte meno regioni “colorate” rispetto alle ondate precedenti.

Il parametro più importante oggi non è più il numero di casi di Covid in proporzione alla popolazione, ma la percentuale di posti occupati negli ospedali. Per rischiare la zona gialla, ad esempio, una regione dovrà avere occupati da malati Covid il 10 per cento dei posti in terapia intensiva e il 15 per cento di quelli in area medica.

La ragione di questa decisione sono, di nuovo, i vaccini, che rendono meno frequenti le conseguenze gravi della malattia e permettono di adottare restrizioni solo quando iniziano a crescere anche i casi più gravi.

La variante

La situazione sarebbe molto meno incerta se non avessimo a che fare con la variante Delta, che secondo l’Iss causa ormai quasi il 100 per cento dei nuovi casi in Italia. Il problema di questa variante è che si diffonde più rapidamente di tutte le precedenti e può essere trasmessa anche da persone vaccinate asintomatiche o paucisintomatiche.

I vaccini forniscono una protezione efficace anche contro questa variante, ma non una protezione totale. Se quindi, per assurdo, la totalità della popolazione italiana venisse contagiata, il numero di ricoveri e decessi sarebbe comunque troppo alto da gestire. Scenari così estremi sono, ovviamente, molto improbabili. Ma ci ricordano che non si può ancora abbassare la guardia.

 

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