Con la scomparsa di Silvio Berlusconi il campo politico di centrodestra, caratterizzato dalla quadruplice anima liberista, patriottica, primatista e popolar-moderata è a un ulteriore punto di transizione.  Allo stato attuale si possono osservare solo alcune linee in fieri e gli effetti che potenzialmente possono avere sul corpo elettorale di riferimento. Una prima linea di trasformazione è quella legata al possibile avvicinamento del partito di Giorgia Meloni ai popolari europei. Come verrebbe accolta dall’elettorato tale prospettiva? Per ora piuttosto freddamente, con una quota di elettori esplicitamente contrari, una pattuglia di entusiasti e una maggioranza che guarda all’ipotesi con circospezione. Solo l’8,9 per cento degli elettori di FdI ritiene indispensabile il processo di avvicinamento al partito popolare europeo, mentre il 32 per cento è schierato nettamente contro. La maggioranza, il 40,1 per cento degli attuali elettori di FdI, osserva l’ipotesi con una certa freddezza (la restante quota del 19 per cento per ora non si è formata ancora un’opinione).

La freddezza di FdI

A che cosa è dovuta questa prudenza? L’adesione di FdI al Partito popolare europeo, per il 44 per cento degli attuali supporter meloniani, sarebbe un processo di eccessiva centrizzazione del partito, un avvicinamento eccessivo ai vari potentati europei, con conseguente riduzione della peculiare distintività. Il processo di maggiore moderazione centrista del partito di Meloni genera inquietudini, soprattutto, in quella parte dell’elettorato di centrodestra refrattario alle mediazioni, sempre alla ricerca di soluzioni puriste e prese di posizione nette e non ondivaghe.

Non a caso il sentimento di snaturamento è avvertito in modo particolare da due ali del blocco sociale elettorale di Giorgia Meloni: i lavoratori autonomi (47 per cento) e i residenti nelle periferie (41 per cento). Solo il 5 per cento degli attuali supporter di FdI vive questa integrazione come naturale, mentre un terzo degli elettori mostra verso l’avvicinamento al Ppe incertezze e qualche malumore.

L’identità della destra

Un’altra linea di trasformazione è quella relativa al corpus identitario del centrodestra complessivamente inteso. Un animus che ha già subito e continuerà a vivere una transizione interna. Come segnalato nel volume Elezioni e partiti nell’Italia repubblicana” (Ignazi, Risso, Wellhofer, edizioni il Mulino), dalle elezioni del 2013 in poi un’ampia parte dell’elettorato di centrodestra si è distaccata dai lidi del liberismo aziendalista berlusconiano, dai tratti più marcatamente moderati e centristi dell’identità di Forza Italia, dalla narrazione liberal-riformatrice della prima ora, per assumere progressivamente i tratti dell’immunitas.

Di quanti si vogliono immunizzare da chi viene, dalle incertezze della società, dalla globalizzazione, chiudendosi a riccio in una società locale, in una visione nostalgica e neo-patriottica, ondivaga nelle scelte tra centralismo statalista e regionalismo, con forti permanenze di tratti neo-liberisti nelle politiche per il lavoro e sul tema della tassazione. Una transizione che si palesa non solo nei rapporti di forza attuali tra i diversi partiti del centrodestra, ma anche nella percezione che la scomparsa del fondatore di Forza Italia non comporterà radicali mutamenti al corpus identitario del centrodestra. Il timore che la compagine, nel post era Berlusconi, si sbilanci troppo a destra coinvolge solo una minoranza degli elettori di centrodestra: l’11 per cento dei supporter di FdI; il 35 per centro della base della Lega e il 34 per cento nel blocco elettorale di Forza Italia. Un rischio che è più avvertito nel ceto medio (35 per cento), rispetto ai ceti popolari (22 per cento); nei ceti dirigenti (36 per cento), rispetto ai disoccupati (19 per cento).

Pur permanendo uno spazio al centro di questa compagine, il mutamento nel corpus identitario del centrodestra è andato avanti, riducendo lo spazio centrale di questa area, ma, al contempo, rendendolo anche poco aggredibile, per ora, dalle sirene di quanti provengono da altre tradizioni e traiettorie politiche. La fluidità interna al centrodestra, con il passaggio di voti da un partito all’altro, è sempre alta e non deve far dormire sonni tranquilli ad alcuno. La sfida tra le diverse anime proseguirà e la scomparsa di Berlusconi sposta il confronto tra l’area di centro e le altre ali del centrodestra su un nuovo piano: non più rivolto al passato, alla resilienza intorno al fondatore del centrodestra, ma al futuro, all’idea di Italia che i vari partiti saranno in grado di mettere in campo.

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