Dopo l’opas vittoriosa su Piazzetta Cuccia, la Banca centrale europea dovrà dare via libera al nuovi assetti azionari con Caltagirone e i Del Vecchio. Probabile l’uscita dalla Borsa di Mediobanca che verrà incorporata dall’istituto senese
Non c’è tempo di festeggiare in casa Monte dei Paschi. Conclusa con successo, lunedì scorso, la scalata a Mediobanca, resta da affrontare la fase due dell’operazione, quella che nell’arco di alcuni mesi dovrà essere in grado di integrare al meglio due realtà molto distanti tra loro, per storia e cultura manageriale, come Piazzetta Cuccia e l’istituto di Rocca Salimbeni, una banca, va ricordato, uscita dal tunnel della crisi solo un paio di anni fa grazie agli aiuti di stato e alla fiammata al rialzo dei tassi d’interesse.
Tanto per cominciare, Mps ha una decina di giorni per presentare, entro il 3 ottobre, la lista degli amministratori che andranno a sostituire i 14 componenti del cda di Mediobanca che, la settimana scorsa, ha rassegnato in blocco le dimissioni con l’eccezione di Sandro Panizza, vicino ai nuovi azionisti di controllo visto che a suo tempo era stato eletto nella lista presentata dalla famiglia Del Vecchio. La lista dovrà poi essere sottoposta all’assemblea della banca d’affari convocata, come da tradizione, per il prossimo 28 ottobre.
A caccia di manager
L’incertezza maggiore riguarda il nome del capoazienda che andrà a sostituire l’amministratore delegato uscente, Alberto Nagel. Il manager prescelto per l’incarico (una società di cacciatori di teste è al lavoro da giorni) avrà per forza un’autonomia limitata rispetto al predecessore, visto che a dettar legge sarà l’azionista di controllo e, più in particolare, Luigi Lovaglio, il numero uno di Mps. Di certo il curriculum del candidato, e la sua autorevolezza come dirigente, fornirà già elementi utili a valutare la direzione di marcia che il Monte vorrà dare alla sua controllata.
Il primo impegno per Lovaglio sarà quello di evitare il più possibile defezioni nella squadra di vertice di Mediobanca, a cominciare dai gestori di patrimoni con la loro dote di clienti facoltosi. Qualche uscita pesante c’è già stata nelle settimane scorse. È comprensibile, allora, l’urgenza di inviare messaggi rassicuranti da parte del nuovo azionista di comando.
Non c’è fretta, invece, per decidere il destino della banca d’affari, intesa come società a sé stante. Dall’alto dell’86,3 per cento del capitale di Piazzetta Cuccia conquistato grazie all’opas partita a luglio (pagamento parte in titoli parte cash), a Siena possono permettersi di varare l’incorporazione della controllata sulla base di un concambio azionario fissato da un perito. Oppure il vertice di Mps potrebbe decidere di lanciare un’altra offerta in Borsa e vedere l’effetto che fa.
Nel senso che, se a giochi fatti la quota di controllo dovesse superare il 90 per cento, allora partirebbe un’altra opa, cosiddetta residuale, che avrebbe come effetto immediato lo stop alla quotazione di Mediobanca (delisting).
Dopodiché l’ex salotto buono potrebbe anche sopravvivere come semplice divisione all’interno di Mps, conservando però il marchio, che resta tra i più noti e prestigiosi sul mercato.
Un altro passaggio formale riguarda invece l’esame della Bce che, nei prossimi mesi, sarà chiamata, tra l’altro, a valutare la governance, cioè le regole di gestione, del nuovo gruppo bancario.
Rapporti tra soci
Per effetto della grande adesione all’opas i soci forti di Siena, azionisti anche di Mediobanca, e cioè i gruppi Caltagirone e Del Vecchio, hanno visto diluirsi di molto la loro quota di capitale nel nuovo assetto del Monte, di cui resterà azionista, con il 4-5 per cento circa, anche il governo. Di conseguenza, la holding Delfin degli eredi di Leonardo Del Vecchio non supererà la soglia del 20 per cento che avrebbe reso obbligatoria la vendita dei titoli in eccesso.
C’è incertezza, invece, riguardo le decisioni che la vigilanza di Francoforte prenderà in vista dell’assemblea che la prossima primavera dovrà rinnovare il cda dell’istituto senese. In passato la Bce ha imposto paletti ben precisi ai soci industriali (nel senso di investitori non finanziari) che ambiscono a gestire gruppi bancari.
Probabile quindi che finisca sotto esame la posizione di Delfin così come quella di Francesco Gaetano Caltagirone, nel caso presentassero una propria lista di maggioranza per il consiglio di amministrazione. Oltre al presidente Nicola Maione, giunto al terzo mandato triennale, è in scadenza anche Lovaglio, che nelle settimane scorse, nel pieno della battaglia su Mediobanca, è stato più volte costretto a un complicato lavoro di mediazione nei confronti dei grandi soci del Monte.
Il successo dell’operazione ha poi appianato le differenze di approccio, ma le sorprese non sono da escludere nei prossimi mesi, quando a Siena dovranno metter mano anche al dossier Generali, obiettivo ultimo di Caltagirone e Del Vecchio quando, tramite Siena e con l’appoggio del governo, sono partiti all’attacco di Piazzetta Cuccia, che con una quota del 13,2 per cento resta l’azionista principale del gruppo di Trieste.
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