Manca poco al discorso di Natale. Manca poco a tutti gli «a te e famiglia» che diremo salutando qualcuno e chiedendoci se ne sappiamo abbastanza di quel collega o quella collega per una risposta così poco generica.

Manca poco, dico davvero. In un ufficio comunicazione in questo momento qualcuno sta salvando il file discorsodinataledraft4.doc a cui seguirà presto un discorsodinataledef.doc che però non verrà mai letto per far spazio all’improvvisazione del momento.

A noi che lavoriamo in comunicazione è successo, non solo a Natale. Bozze pensate, ragionamenti su cosa dire e cosa dire meglio, cosa tralasciare perché questo non è il momento giusto. Riunioni con i team leader e le risorse umane per sapere cosa chiedono davvero le persone, quali sono i dubbi e le voci di corridoio da tenere a bada. E poi eccolo il capo che fa una battuta, qualcuno ride e lui che si lascia prendere la mano e addio discorso. Succede. Nelle migliori famiglie. Spoiler: no. 

Cosa fa un buon capo in questi giorni? Il buon capo segue una scaletta. Non solo a Natale. Ha già approvato da tempo la spesa per i regali, ha scritto gli auguri a clienti e partner e ha messo in bozze le mail da inviare a giorni, ha riletto almeno una delle versioni del discorso di Natale da cui poi tirar fuori anche il messaggio di auguri. Cosa c’è quindi in quel documento ancora in bozza?

Il discorso perfetto

Andiamo per esclusione, prima. Vediamo cosa non dice.

Quelli che fanno i discorsi di fine anno dicendo che siamo tutti una grande famiglia mi fanno sempre storcere un po’ il naso. Essere una famiglia vuol dire altro, vuol dire assistersi, vuol dire superare le incomprensioni, chiarirsi, condividere, donare il proprio tempo agli altri senza ricevere nulla in cambio.

Sul lavoro diamo il nostro tempo in cambio di uno stipendio, non staremmo lì altrimenti, e lo stipendio deve essere adeguato in base al tempo, al ruolo e alle capacità.

Sei a capo di un’azienda? Pensi o tratti i tuoi dipendenti come una famiglia, o lo dici perché ti suona molto bene?

La leadership lavora per obiettivi e sa utilizzare standard di prestazione necessari per valutare obiettivamente il lavoro di ognuno. No, non sono comportamenti genitoriali.

Nessuno si aspetta che il proprio capo gli faccia da genitore. Né che l’azienda sia una famiglia. Il lavoro non è per sempre, l’ufficio non è una casa. I dipendenti non sono bambini da sorvegliare o motivare con un regalino.

Torniamo quindi al discorso di Natale.

Niente famiglia. Bene. E ora? Parliamoci chiaro.

Com’è andato il 2021? Quali sono gli obiettivi dell’anno prossimo? Lavoreremo su cose nuove o rafforzeremo il business già esistente e se sì, come? Assumendo personale o formando i dipendenti?

Ne abbiamo già parlato: come sarà il mio ufficio nel 2022 devo saperlo adesso, volessi valutare di andare via.

Devo sapere che prospettive di crescita ha l’azienda per immaginare quali saranno le mie.

Vuoi un suggerimento? È banale, potresti averci già pensato, ma eccola la metafora utile: siamo una squadra, sì come nello sport. C’è il mercato da cui attingere talenti da 10, e altri da far crescere, c’è un obiettivo chiaro da raggiungere, mezzi e motivazione necessaria sono fondamentali, ci sono ruoli da rispettare, ma è importante la diversità di ognuno, c’è la cultura di squadra, ci sono i competitor e di nuovo il mercato dove ognuno si affaccia quando vuole andar via.

Oggi le aziende hanno bisogno di essere agili, flessibili, trovare soluzioni creative, far crescere le proprie competenze, lavorare come un team. È la squadra la metafora perfetta da tirar fuori all’occorrenza, sarà per questo che tra i coach motivazionali ci sono sempre tanti sportivi no?


E da te in ufficio come va?
Cosa si dice di solito nel discorso di Natale della tua azienda? Hai visto cambiare toni e modi negli anni? Hai visto più attenzione e cura per le parole? È un buon segno.

Ognuno di noi ha una storia da raccontare, non solo legata a uffici che magari abbiamo avuto in comune, o a situazioni lavorative nuove.
Vuoi raccontarmi la tua?
Ogni lunedì inizieremo insieme la settimana. Mi siedo accanto alla tua scrivania. Chiacchieriamo un po’. Vediamo cosa c’è da fare. Insieme.
Manda la tua storia a lettori@editorialedomani.it.
A lunedì.

Domitilla Ferrari è autrice di Il pessimo capo. Manuale di resistenza per un lavoro non abbastanza smart (Longanesi).

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