Ci vorrebbe un ministro del nord, magari della Lega, per risolvere il pasticcio della Monza-Chiasso. Una linea ferroviaria, inaugurata nel 1876, che avrà un ruolo strategico per rafforzare i collegamenti tra l’area economica più importante del paese e l’Europa, attraverso le montagne della Svizzera.

Una ferrovia che ha visto alcuni miglioramenti nei sistemi di segnalamento ma che attende gli investimenti, chiesti da tempo dagli operatori, necessari a rafforzare una direttrice fondamentale per le merci che si spostano verso la Germania e i porti del nord Europa, attraverso le Alpi. Si discute da tempo del quadruplicamento della linea e di altri interventi capaci di separare e rafforzare i flussi ma nessun finanziamento è previsto.

Eppure, la conferma che il tema sia delicato l’abbiamo avuta quest’estate con i problemi e le polemiche per le previste chiusure ai tunnel del Monte Bianco e del Frejus per lavori. Per le ferrovie l’urgenza di individuare soluzioni capaci di garantire sbocchi sicuri ai mercati internazionali è nota da tempo.
Le scelte della Svizzera di spostare investimenti e flussi dalla strada alla rotaia risale a trent’anni fa, è stata confermata in diversi referendum, e ha portato a introdurre una tassa sui veicoli più inquinanti che contribuisce a finanziare gli investimenti per la costruzione di nuovi grandi tunnel attraverso le Alpi. Non diversa la situazione con l’Austria che, mentre investe strategicamente sul tunnel ferroviario del Brennero, ha imposto progressive limitazioni ai mezzi più inquinanti di passaggio con provvedimenti non solo statali ma anche del Lander del Tirolo che hanno portato a dure reazioni da parte dei camionisti italiani.

Idee confuse

Proprio sulla linea che risale le Alpi, collegando Monza e Chiasso, gli svizzeri hanno inaugurato nel 2016 il nuovo Tunnel di base del San Gottardo, lungo 56 chilometri, e nel 2020 il tunnel sotto il Monte Ceneri, lungo 15. Un investimento di oltre 26 miliardi di euro che dimostra la volontà di cambiare drasticamente i flussi attraverso la Svizzera e che sta producendo risultati, visto che oltre il 72 per centro delle merci viaggia su rotaia.

Un dato record in Europa che si vuole far crescere. Il problema è che da questo lato delle Alpi le idee sono confuse e non si è fatto quanto sarebbe nell’interesse di tutto il paese perché, come sappiamo, se si ferma il nord le conseguenze le pagano tutti.
Purtroppo, anche per l’altra direttrice strategica del trasporto merci attraverso la Svizzera che passa attraverso il Sempione la situazione è simile. Ossia la ferrovia che da Genova attraverso la nuova linea del terzo valico (che dovrebbe essere completata nel 2026 dopo 14 anni dall’inizio del cantiere), arriva a Novara e da qui, dopo aver attraversato le Alpi, risale verso Rotterdam (il cosiddetto corridoio Reno-Alpi).

Mentre sul lato svizzero, dopo l’inaugurazione nel 2007 del nuovo tunnel di base del Lotschberg, i treni merci viaggiano a 160 chilometri l’ora, da noi rallentano fino a 35 quando si trovano a dover percorrere i quasi tremila metri della galleria elicoidale di Varzo, un capolavoro dell’ingegneria della fine del XIX secolo.

Il progetto che manca

Possibile che ci si trovi in questa situazione dopo anni di discussioni sulle grandi opere e le connessioni con l’Europa, quando sappiamo che i problemi potranno solo diventare più gravi per le politiche dei paesi confinanti? I ritardi cumulati sono importanti e ci vorranno anni prima di vedere qualche risultato, proprio per la dimensione degli interventi da realizzare in ambienti tanto complessi.

Eppure, sono i numeri a raccontare l’importanza di questa direttrice, che è la prima per traffico merci su ferrovia e la seconda considerando anche quello su strada, dopo il Brennero. Un ministro della Lega chiederebbe sicuramente conto di questi ritardi e sarebbe in prima fila per trovare le risposte che le aziende del nord aspettano da tempo, garantendo attenzioni e investimenti, tempi certi.

Quello che servirebbe è un progetto complessivo per questa direttrice, che faccia comprendere il quadro degli interventi che si intende realizzare e dei vantaggi che produrrebbero, che individui le risorse necessarie. In modo da creare opportunità per le imprese lombarde e padane. Mica un ministro che pensa solo al Ponte sullo Stretto, un’opera in mezzo al mare che serve solo a spendere qualche miliardo di euro, per rubare le parole del leader della Lega Matteo Salvini.

© Riproduzione riservata