Solo ciò che viene sancito nel Contratto nazionale diviene una conquista reale. I benefit extra-contrattuali (sconti, bonus una-tantum) invece sono, per definizione, concessioni discrezionali. Non nascono da un accordo vincolante, ma da un atto unilaterale del governo. Sono un "regalo", non un diritto. E possono essere revocati in qualsiasi momento
È di pochi giorni fa la lettera di Valditara che annuncia il “Piano sperimentale welfare” rivolto a dirigenti scolastici, docenti, educatori, personale amministrativo, tecnico e ausiliario della scuola e ai dipendenti del Ministero. L’intenzione dichiarata è quella di offrire una serie di benefit economici sotto forma di sconti (trasporti, attività sportive, spese nel comparto alimentare, ecc…) al fine di «costruire un sistema di tutele ampio per quanti lavorano nella scuola, consapevole del ruolo indispensabile svolto da coloro che, sia pure in modo diverso, collaborano, sostengono e partecipano al processo di formazione ed educazione dei nostri giovani».
Si cerca, in poche parole, di rispondere a un problema reale e sempre più urgente – i salari di chi opera nella scuola divorati dal caro vita – con una cura palliativa e inefficace. E che permette di evitare ancora una volta di intervenire in modo sostanziale sul contratto nazionale. È bene dunque ribadire un principio molto semplice che, tuttavia, non è più così presente nella cultura diffusa di questi anni, ossia che solo ciò che viene sancito nel Ccnl diviene una conquista reale.
Il contratto è un accordo vincolante tra la parte datoriale – lo Stato, in questo caso – e quella sindacale che rappresenta i lavoratori. Lo stipendio, le indennità, gli scatti di anzianità, i diritti di ferie e permessi sono elementi contrattualizzati. Se lo Stato non li rispetta, i lavoratori possono fare ricorso e vincerlo. È legge tra le parti.
I benefit extra-contrattuali (sconti, bonus una-tantum) invece sono, per definizione, concessioni discrezionali. Non nascono da un accordo vincolante, ma da un atto unilaterale del governo. Sono un "regalo", non un diritto. E possono essere revocati in qualsiasi momento, con una semplice circolare o un cambio di indirizzo politico, senza dover negoziare con nessuno.
Un aumento di stipendio contrattualizzato è strutturale. Significa che entra a far parte della base retributiva per sempre. Si somma agli aumenti futuri, concorre al calcolo della tredicesima, della pensione e della liquidazione. È un mattoncino che, una volta posato, rimane e su cui si costruisce il futuro. Mentre i bonus sono misure congiunturali. Spesso rispondono a un'emergenza (il caro-vita, ad esempio), a una promessa elettorale o alla necessità di fare un annuncio a basso costo immediato. Non hanno proiezione nel futuro. Un bonus una-tantum si esaurisce in sé stesso e non migliora la posizione retributiva.
Un aumento dello stipendio base ha un effetto moltiplicativo e duraturo. Aumenta la retribuzione pensionabile, dà più forza nelle richieste di mutui e finanziamenti e definisce il valore economico della professione in modo chiaro e trasparente. È denaro liquido che il lavoratore può spendere come crede, in base alle sue priorità. L'impatto dei benefit invece è limitato e spesso vincolato. Uno sconto sul pullman è utile solo per chi usa il pullman. È un beneficio selettivo che non tiene conto delle diverse esigenze dei lavoratori. Inoltre, non incide in alcun modo sulla pensione o sul proprio "valore di mercato".
Negoziare uno stipendio più alto significa che le parti sociali riconoscono che il valore della professione insegnante è oggettivamente aumentato. È un atto che dà dignità al ruolo, lo riconosce come fondamentale per la società e ne attesta la centralità. È una vittoria di categoria che rinsalda la coesione e l'identità professionale.
Offrire benefit al posto di uno stipendio più alto è un modo per acquietare le proteste eludendo la questione di fondo. Trasmette un messaggio subdolo: «Riconosciamo che fate fatica, ma non riteniamo che il vostro lavoro valga un investimento strutturale. Ecco un contentino». Sminuisce la professione, trattandola come bisognosa di elemosina piuttosto che meritevole di una giusta retribuzione.
La scelta del governo di puntare su benefit invece che sul salario non è neutra. È una scelta politica, economica e strategica precisa. Politicamente, permette di fare annunci immediati a un costo contenuto. Economicamente, evita di caricare la spesa pubblica di oneri strutturali e permanenti, preferendo spese una-tantum e circoscritte. Strategicamente, evita di riconoscere un aumento di valore contrattuale alla professione, mantenendo un controllo maggiore sulla leva salariale. Le uniche conquiste solide sono quindi quelle che entrano nel contratto, perché diventano diritto, struttura, riconoscimento e dignità. I benefit extra sono, nella migliore delle ipotesi, un palliativo temporaneo; nella peggiore, uno strumento per dividere la categoria e eludere la vera trattativa sul valore del lavoro.
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