«Il patto non si tocca» aveva detto il primo cittadino all’indomani dell’assalto alla redazione della Stampa. Sono bastati sei attivisti dove non dovevano essere per fargli cambiare completamente idea. L’ex segretario Fiom Cremaschi: «Credo ci siano state pressioni dirette del governo, anche perché se fosse rimasto il patto lo sgombero sarebbe stato praticamente illegale». Il giurista Pepino: «In questa vicenda leggo un attacco ad Askatasuna, ma anche al comune». Adesso lui promette: lo spazio sarà riassegnato
All’indomani dell’assalto a La Stampa Stefano Lo Russo era giunto in sala rossa per mantenere il punto: il patto con Askatasuna non si tocca. «Torino ha attraversato periodi bui che sono stati superati grazie al rigore delle istituzioni, distinguendo responsabilità individuali da contesti più ampi. Non dobbiamo alimentare la tensione né cedere a semplificazioni che fanno male alla città», aveva detto il sindaco di Torino in consiglio comunale. A inizio settimana, lunedì, la maggioranza aveva votato contro la revoca del patto, firmato a gennaio 2024, che avrebbe reso il centro sociale un bene comune, anche lì mantenendo il punto. Sono bastati sei militanti e due gatti a mettere in discussione quasi due anni di lavori?
Tutto mercoledì all’alba quando è partita l'operazione di perquisizione, che poi si è trasformata in sgombero, è sembrato di proporzioni immense: le forze di polizia giunte da Roma, la decina di camionette a circondare l’isolato, che sono aumentate nelle ore fino ad arrivare a 17 all’ora di pranzo, quando, senza apparente motivo, si è deciso di sgomberare con l’idrante chi dal vicino campus universitario aveva deciso di mangiare la schiscetta, chi di studiare, e fare presidio permanente. Perquisizione, sequestro e fine del patto. Il passaggio è stato immediato, ravvicinato, di poche ore. Pubblicamente lo rivendica il ministro degli Interni Matteo Piantedosi, poco dopo segue la nota secca e asciutta del sindaco Lo Russo: «Il patto di collaborazione è cessato», sembra quasi constatare, più che decidere.
«Pressioni del governo sul sindaco»
Alla fine della giornata di sgombero, durante la manifestazione, a molti il comportamento del sindaco è sembrato incomprensibile: non solo tra i militanti di Askatasuna, che non fanno passi indietro, anzi chiamano l’appuntamento nel primo pomeriggio di sabato davanti a Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche.
C’è chi ci ha messo la faccia e la garanzia su quel patto, come Giorgio Cremaschi, segretario Fiom che negli anni ‘90 viveva proprio a Torino proprio in Vanchiglia, il quartiere di Askatasuna e ricorda una città molto diversa e difficile. A lui, uno dei proponenti insieme ad altri nomi torinesi, e al comitato garante è giunta una mail del sindaco poco prima dell’annuncio pubblico: «Poteva essere gestita in modo diverso, si poteva fare un’istruttoria e magari ridiscutere quel patto. Credo ci siano state pressioni dirette del governo, anche perché se fosse rimasto il patto lo sgombero era praticamente illegale, che ci fossero sei persone conta poco, siamo di fronte a una gigantesca montatura», spiega a Domani dopo essere venuto a Torino da Brescia, dove abita, per partecipare alla mobilitazione. «Quali sono le contravvenzioni avvenute? Le responsabilità penali sono individuali e non collettive, non sufficienti a spezzare il patto fatto per il risanamento di quello spazio. La procura torinese ci aveva provato a far passare Askatasuna per un’associazione per delinquere, ma la Cassazione ha bocciato questa lettura».
Cremaschi qualche giorno fa era proprio ad Aska per l’inizio dei lavori di sgombero e rimessa in sesto dello stabile portati avanti dai giovani coinvolti, parallelamente con una raccolta fondi di 100mila euro, sostenuta e da lui promossa: «Mi è sembrato di vedere gli angeli del fango e mi sono un po’ commosso: stavano ripulendo tutto, una bella situazione dal punto di vista morale e civile. Ma il governo vuole criminalizzare tutto, anche l’opposizione, questo è un reato politico».
In effetti l'operazione durata ore e la militarizzazione di un intero quartiere che resterà così almeno per un’altra giornata, non sembra aver portato molto, basta vedere l’elenco di ciò che l’autorità giudiziaria ha sequestrato: un computer, qualche coperta, un fumogeno.
«Comune esautorato»
«In questa vicenda leggo un attacco ad Askatasuna, ma anche al comune», commenta Livio Pepino, giurista ed ex magistrato di Torino, anche lui ha garantito per il centro sociale. «Nei prossimi giorni ci devono dimostrare se il comune accetta la prevaricazione del governo centrale attraverso i rami del prefetto e del questore, oppure no. La gestione di Askatasuna è stata presa in mano dal governo che ha spogliato di fatto il comune di questa competenza».
Come per la vicenda di Mohamed Shahin, colpito da un decreto di espulsione quando la procura aveva già archiviato un provvedimento per le frasi incriminate sul 7 ottobre e in città è una figura interreligiosa riconosciuta, dipinto invece dal Viminale come terrorista radicalizzato.
In serata arriva il punto, di nuovo, di Lo Russo. Con un video di tre minuti che sembra rispondere a quanti hanno messo in dubbio la sua idea di città: «Sapevamo che il percorso, nel quale crediamo ancora oggi, non sarebbe stato facile, perché fondato su dialogo, partecipazione e responsabilità collettiva», dice rivendicando il suo ruolo, ricordando che la Costituzione «riconosce e promuove l’autonomia delle comunità e la funzione sociale dei beni», e mettendo in chiaro che «Torino dissente profondamente dalle scelte e dall’impostazione culturale di questo governo».
Lo Russo allontana le strumentalizzazioni «che allontanano le persone invece di unirle», «mediare non radicalizzare», per cui «l'amministrazione non intende cambiare approccio, continueremo a promuovere il confronto, affrontando critica e dissenso con maturità democratica». Con che strumenti affronterà tutto questo però è ancora da chiarire, per ora c’è la volontà di cambiare passo, innanzitutto riassegnando l’immobile: un futuro per corso Regina 47, dice Lo Russo, come «luogo di inclusione aperto al quartiere».
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