Dopo 23 anni torna allo stato la gestione della Strada dei parchi, poco meno di 300 chilometri tra Roma, L’Aquila e Pescara, divisi in due tronconi autostradali, A24 e A25.

Al gruppo Toto subentrerà Anas, l’azienda pubblica delle strade del gruppo Fs, a cui nel 1999 la gestione delle due autostrade è stata tolta a furor di popolo perché allora andavano di moda le privatizzazioni. E poi perché quei pezzi di strada l’Anas li stava tenendo malissimo con una società, la Sara, fallita due volte di fila.

La decisione politica è presa, le trattative tra le parti stanno andando avanti da settimane anche se con molta fatica e il gruppo Toto si sta concentrando su un futuro industriale che non prevede le autostrade.

Gli incontri si susseguono al ministero delle Infrastrutture e della mobilità (Mims) e a palazzo Chigi dove la faccenda è seguita dalla coppia Francesco Giavazzi, consigliere economico di Mario Draghi, e Marco Leonardi, segretario del Cipess, il dipartimento per la programmazione e la politica economica.

Per Toto trattano il vicepresidente Mauro Fabris e Riccardo Toto, uno dei figli del capostipite Carlo. Gli ostacoli da superare sono molti, a cominciare dai soldi. Per tornare a gestire quelle autostrade lo stato deve tirar fuori una cifra enorme, più di 8 miliardi di euro.

La parte più consistente riguarda gli investimenti, 6 miliardi per riportare le autostrade a un livello decente. E poi oltre 2 miliardi di indennizzi per il gruppo Toto tra investimenti già effettuati da remunerare, i mancati incassi previsti fino al termine della concessione nel 2030, i danni per il Covid e il recupero degli aumenti dei pedaggi fermi al 2017.

Polo pubblico

Dopo i soldi, l’ostacolo più grande è l’impreparazione dell’Anas che non è ancora nelle condizioni di ricevere in dote la Strada dei parchi. Nelle intenzioni del governo le due autostrade tra Lazio e Abruzzo dovrebbero essere la prima tessera di un mosaico più ampio, un nuovo polo autostradale Anas con dentro la maggioranza dei percorsi pubblici a pagamento o sui quali è previsto che in tempi brevi possa essere imposto un pedaggio.

Con un emendamento al decreto Infrastrutture è stata confezionata, lo scorso 25 ottobre, una scatola societaria ad hoc da riempire con tutto questo patrimonio. È stata istituita una sorta di Anas numero 2, una newco per la gestione delle autostrade e l’incasso ai caselli, mentre l’Anas di tipo tradizionale, quella che abbiamo conosciuto fino a oggi, viene relegata in una posizione di serie B, una sorta di bad company con il compito di occuparsi delle strade statali non a pagamento.

Ma Anas 2 non è pronta perché, per dirne una, ancora non è stato redatto neanche lo statuto. Probabilmente ci vorranno mesi mentre il passaggio di consegne imporrebbe tempi brevi.

Per un motivo semplice: quelle due autostrade non possono essere lasciate ancora nelle condizioni in cui si trovano. La A24 e A25 corrono soprattutto in montagna con la bellezza di 133 tra ponti e viadotti, infrastrutture logorate che avrebbero avuto bisogno di interventi massicci di riparazione già prima del terremoto del 2009 in Abruzzo.

Dopo il sisma sono diventate una di quelle emergenze che, come spesso succede in Italia, mostrano la faccia peggiore della politica che invece di risolvere aggrava i problemi. Il terremoto ha fatto cedere alcuni impalcati dei viadotti e sull’asfalto si sono formati scalini alti fino a un metro, trappole mortali per gli automobilisti. Gli scalini sono stati riparati, ma le condizioni complessive delle due autostrade non sono migliorate, anzi.

Tre anni dopo il terremoto una legge ha stabilito che le autostrade del gruppo Toto, uniche in Italia, erano da considerarsi strategiche e quindi dovevano essere messe al sicuro da un punto di vista sismico per consentire ai soccorsi della Protezione civile di raggiungere l’Abruzzo e il centro della penisola in caso di nuove calamità.

Dieci anni buttati

Quella norma doveva essere la premessa per ristrutturare le autostrade o rifarle, invece ha inaugurato un decennio di inconcludenza. Da allora si sono susseguiti cinque governi e sei ministri dei Trasporti e sono stati nominati tre commissari straordinari, compreso quello per il tunnel del Gran Sasso, ma gli interventi risolutivi sono sempre stati rimandati.

Per avviare i lavori sarebbe stato necessario che lo stato e il gruppo Toto concordassero un nuovo Piano economico finanziario (Pef) che tenesse conto dei nuovi investimenti da fare.

Il concessionario ha dimostrato buona volontà proponendo 15 diverse versioni di Pef, ma nessuna è stata accolta dai ministri. Per ovviare alle clamorose inadempienze del governo, ad aprile di due anni fa il Consiglio di stato ha nominato un commissario, l’avvocato dello stato Sergio Fiorentino, con il compito di concordare un Pef e avviare i lavori.

Presa in contropiede e per non essere tagliata fuori, la ministra dell’epoca Paola De Micheli (Pd), ha nominato anche un secondo commissario, Maurizio Gentile, abruzzese, fino ad allora amministratore della Rete ferroviaria italiana (Rfi). Fiorentino ha calcolato che per mettere in sicurezza A24 e A25 ci vogliono più di 5 miliardi da ora fino alla scadenza della concessione nel 2030: 3 miliardi di finanziamenti pubblici e 2 miliardi circa a carico dei privati.

Secondo il commissario Gentile sarebbe poi necessario un altro investimento di 1 miliardo e 300 milioni dopo il 2030. Un impegno immane per la cui realizzazione lo stato sceglie Anas e licenzia Toto.

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