Custodire l’eredità dell’agenda Draghi, contro il piano sovranista – conservatore Orban-Meloni-Salvini. Creare uno spazio riformista, liberale e progressista. Aggregare in un centro sinistra dispersivo e litigioso. C’è vita a destra del Pd, in quell’indistinto campo riformista da tutti citato in questi giorni post elettorali eppure ancora senza sostanza.

In realtà il laboratorio di un nuovo partito o movimento che verrà ha un nome: “L’Italia C’è”, con un leader naturale individuato nel sindaco-manager di Milano Beppe Sala. Se prima erano voci, oggi sono certezze sorrette dai sondaggi riservati. Con una data in agenda: a settembre ci sarà un evento di presentazione a Milano.

Del resto è stato Sala all’indomani delle ultime amministrative a invocare uno «spazio progressista», una «formazione sociale, liberal- democratica, popolare, ambientalista». Sembra l’identikit, appunto, de “L’Italia c’è”, per ora un’associazione composta da politici e attivisti di altri partiti, su tutti Italia Viva ed ex di Più Europa, domani chissà, forse un partito.

Senza ombra di dubbio «una start up incubatrice di un movimento politico», dice chi sta lavorando da tempo al nuovo progetto, «che non sarà un partito personale, ma collettivo». Diventerà un simbolo da barrare nella scheda elettorale delle prossime politiche del 2023? Probabile, ma è presto per dirlo.

Dalla fondazione ai sondaggi

“L’Italia C’è” è stata fondata da un gruppo di giovani, sconosciuti al grande pubblico. Si tratta di Emanuele Pinelli (insegnante ed esperto di tematiche ambientali), Bianca Hermanin (ricercatrice), Antonio Santoro (consigliere comunale di un comune in provincia di Salerno). Dalla fondazione, però, di strada ne è stata fatta. La squadra si è allargata e sono arrivate figure esperte, come Piercamillo Falasca, ex di Più Europa.

Uno dei primi a iscriversi è stato Gianfranco Librandi, il deputato di Italia Viva e industriale di Saronno, passato da Scelta Civica al Pd e poi a Italia Viva. Librandi è uno dei più munifici finanziatori della politica italiana. È stato, per esempio, molto generoso con Matteo Renzi, che ha beneficiato di 800 mila euro tramite la fondazione Open, al centro dell’inchiesta sui finanziamenti illeciti. L’imprenditore non ha fatto mancare il sostengo neanche a Sala alle ultime comunali, con 50 mila euro è il primo in classifica dei donatori del sindaco.

È di Librandi l’idea di chiamare l’associazione “L’Italia C’è”, scelto, da quanto risulta a Domani, sulla base di un sondaggio commissionato a due diverse società: dalle risposte degli intervistati è emerso l’apprezzamento per l’agenda Draghi e la ritrovata centralità nello scacchiere internazionale. Come dire, l’Italia è tornata protagonista, “L’Italia c’è”, appunto. Che ruolo dare a Librandi nel movimento in via di definizione non è facile dirlo. Dall’interno lo definiscono «un facilitatore», disposto ancora una volta a mettere mano al portafogli ma anche di portare altri possibili finanziatori legati al mondo confindustriale.

E sempre a proposito di sondaggi, nelle settimane scorse ne sono stati commissionati di nuovi. Domani è in grado di anticipare i dati più significativi, che confermano ancora una volta la centralità di Beppe Sala, per quanto lui smentisca possibili ruoli e non si voglia sbilanciare.

«I sondaggi ci dicono che questa area che sta nascendo può puntare a un elettorato potenziale, cioè “aggredibile”, che vale il 25 per cento», spiega una fonte vicina al dossier, «il 10 per cento, invece, voterebbe una lista incardinata sul progetto de “L’Italia C’è”». Nei sondaggi è stata proposta una rosa di tre nomi, ipotetici leader: ha stravinto Beppe Sala, il più credibile per i tre quarti degli intervistati.

Carfagna e Di Maio chissà

In queste settimane i fondatori dell’associazione hanno lavorato sodo per chiudere la prima fase, «per formare cioè la squadra costitutiva» coinvolgendo cittadini, attivisti, professionisti. È tutto pronto, ora, per il secondo tempo: il lancio vero e proprio del movimento, che verrà ufficializzato a settembre a Milano, conferma il coordinatore nazionale de “L’Italia C’è”, Piercamillo Falasca, che è stato fino a pochi giorni fa consigliere della ministra per il Sud, Mara Carfagna.

Il nome di Carfagna è uno dei nomi che circolano per un ruolo da protagonista in questo campo largo riformista. Tuttavia sono voci che non trovano conferme, anzi: «Lei è stata informata, ma al momento non è prevista una sua adesione, il suo lavoro è un altro e non c’è mai stato un tentativo di coinvolgerla, se poi dovesse decidere in autonomia di farne parte sarebbe certamente un valore aggiunto», spiegano persone vicine all’associazione.

Oltre alla ministra è stato accostato a “L’Italia C’è” Luigi Di Maio. E in effetti con il ministro degli Esteri si è instaurato un dialogo, «ha dimostrato di tenere posizioni forti per la tenuta di questo governo, i gruppi parlamentari ascoltano ancora lui e non Conte: se mai dovesse lasciare i 5 Stelle l’interlocuzione con lui sarebbe più intensa», spiega chi segue da vicino l’evolversi del neonato movimento.

I nomi sicuri

«I parlamentari ed esponenti di partito iscritti comunque restano nei loro partiti, perché L’Italia C’è è una piattaforma culturale e politica, non sostituisce i partiti», precisa Falasca. Fin dall’inizio è presente Gennaro Migliore, deputato di Italia Viva, sicuramente la figura con una storia più a sinistra degli altri.

Un confronto serrato è in corso con Federico Pizzarotti, due volte sindaco di Parma, il dissidente per eccellenza dei 5 Stelle, tra i primi a lasciare il movimento di Beppe Grillo. Altro volto noto con cui “L’Italia C’è” parla è Marco Bentivogli, ex segretario dei metalmeccanici della Cisl, fondatore di Base Italia, un think tank politico per unire i riformisti.

In quota Pd il nome che circola di più è quello di Andrea Marcucci, corrente di Base riformista, la più renziana dei Dem. E Renzi? È a conoscenza del progetto e stima Beppe Sala, che vedrebbe bene come candidato premier. Un’ipotesi però non condivisa dalla maggioranza che preferirebbe il sindaco di Milano solo in veste di leader politico di questa nuova forza politica che nascerà «per arginare il vero problema attuale, l’agenda Orban-Meloni che rischia di destabilizzare l’Europa», spiegano da “L’Italia Cè”. È lecito credere però che il progetto di Calenda e quello con al centro Sala possano sovrapporsi. «Non sarà così, Calenda non vuole aggregare, gioca da solo a far perdere gli altri e così favorisce Meloni».

 

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