Cambio al vertice del New York Times. È stato nominato il 57enne Joseph Khan come nuovo direttore del giornale americano che prenderà il posto di Dean Baquet dopo otto anni.

Chi è Khan, l’esperto di Cina

Joseph “Joe” Khan è il caporedattore del Nyt dal 2016 e stretto collaboratore di Baquet. Originario di Boston, è laureato in giornalismo alla Columbia e in storia a Harvard, e ha conseguito un master in Studi dell’Asia orientale, iniziando anche a imparare il mandarino. Dal 1989 ha cominciato a scrivere articoli da freelance da Pechino per The Morning News, per cui dopo le proteste di piazza Tienanmen è diventato corrispondente. 

Nel 1994 ha vinto il suo primo Pulitzer, assegnato a The Mornin News per il giornalismo internazionale. Dopo un breve periodo al Wall Street Journal, nel 1998 approda al Nyt occupandosi di economia, prima di tornare a Shanghai. Nel 2003 diventa capo ufficio di Pechino e nel 2006 vince un altro Pulitzer, insieme al corrispondente Jim Yardley, per un’inchiesta riguardo ai problemi del sistema legale cinese.

Dal 2008 è tornato a New York e nel 2012, insieme ad altri editori, ha deciso di pubblicare un’inchiesta del Nyt vincitrice del Pulitzer sulla ricchezza nascosta della classe dirigente della Cina. Una decisione che provocò il blocco del sito del giornale in Cina.

La gestione di Baquet tra successi, scandali e polemiche

Khan prenderà il posto di Baquet, in carica dal maggio del 2014 come direttore. Sotto la sua gestione il giornale ha vinto 18 premi Pulitzer e ha visto l’ascesa politica di Donald Trump e l’avvento della pandemia. In questi ultimi otto anni gli abbonamenti digitali sono passati da 966mila a dieci milioni. 

Ma non è sempre tutto filato liscio all’interno del giornale. Nel 2020 è finito sotto accusa un famoso podcast prodotto dal Nyt sui terroristi dell’Isis, “Caliphate”. Un racconto che però si basava sulle testimonianza di un uomo, poi arrestato per essersi spacciato per un ex combattente dello Stato islamico. Una vicenda che colpì, oltre l’autrice del podcast, anche tutto il giornale.

Un’altra polemica è quella scaturita dal caso Hunter Biden. Il Nyt ha ritardato l’uscita di circa un anno e mezzo di un’inchiesta sul figlio dell’attuale presidente, che prese un prestito da due milioni di dollari per pagare delle tasse arretrate. Ma il giornale era venuto in possesso del materiale da tempo, in coincidenza però con la corsa alla presidenza tra Biden e Trump e l’ha pubblicata solo 17 mesi dopo. 

Baquet ha gestito anche il caso del licenziamento di una giornalista, Lauren Wolfe, per aver pubblicato un tweet entusiasta nei confronti dell’elezione di Biden. Una mossa spiegata dal Nyt motivata dalla necessità di mantenere equilibrio “equilibrio”. Recentemente, poi, aveva fatto discutere un editoriale del giornale in cui contestava la cancel culture e venivano sottolineati i problemi di libertà di parola negli Stati Uniti.

La scelta dell’editore

La notizia dell’annunciato cambio al vertice è stata data dall’editore Arthur Gregg Sulzberger, come riportato dallo stesso Nyt: «Joe offre un giudizio impeccabile sulle notizie, una sofisticata conoscenza delle forze che muovono il mondo e una lunga esperienza nell’aiutare i giornalisti a produrre lavori ambiziosi e coraggiosi».

Una scelta mirata per concentrarsi soprattutto sul futuro digitale del giornale. Il Nyt ha anche ribadito quali siano le priorità del nuovo direttore Khan, come il mantenimento dell’indipendenza editoriale in un’era di polarizzazione, l’impegno a costruire un ambiente che rappresenti la diversità di pensiero, genere, etnia e background socio-economico.

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