L’occupazione simbolica dello spazio culturale chiuso da dieci anni. I lavoratori contestano le nuove valutazioni delle commissioni ministeriali, che hanno abbassato i punteggi di festival e compagnie da cui dipendono i fondi pubblici. Una scure che si è abbattuta anche sulle esperienze più importanti del teatro sperimentale, come il festival di Sant’Arcangelo. La mobilitazione proseguirà tutta l’estate
«Non è che l’inizio» recita lo striscione davanti al quale decine di militanti hanno annunciato nella mattinata di lunedì 21 luglio che l’assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori dello spettacolo “Vogliamo tutt’altro” ha occupato l’ex circolo degli artisti a Roma ribattezzato “la circola”. Si tratta di un’occupazione volta a restituire uno spazio culturale chiuso da una decina di anni e in attesa di essere restituito alla cittadinanza ma, anche, una protesta che si inserisce in una mobilitazione nazionale che le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo hanno riavviato il 7 luglio scorso quando si è tenuta un’assemblea online a cui hanno partecipato più di 2.000 persone che lavorano nel settore.
Graduatorie e penalizzazioni
Nello stesso giorno si tiene il secondo appuntamento nazionale in cui si discutono le motivazioni che animano la protesta, tra cui la gestione dei soldi del Fondo nazionale spettacolo dal Vivo. «Tutta la catena che compone il mondo dello spettacolo si regge grazie al Fondo nazionale spettacolo dal vivo, un fondo statale che eroga contributi destinati al settore. Quando sono stati pubblicati i risultati delle commissioni è diventata realtà una paura che avevamo da tempo: è in atto un attacco specifico e metodico alla scena contemporanea artistica», ha detto a Domani Leonardo, uno dei militanti del movimento “Vogliamo tutt’altro”, assemblea lavoratori e lavoratrici dello spettacolo.
A fine giugno e durante le prime settimane di luglio sono state pubblicate dal MiC le graduatorie elaborate dalle Commissioni incaricate di valutare le realtà che hanno fatto domanda al ministero per ricevere finanziamenti. Le Commissioni musica, teatro, danza e circo e progetti multidisciplinari hanno assegnato un punteggio a chi ha presentato la richiesta (teatri, centri di sperimentazione, compagnie) da cui dipende il posto in graduatoria e, di conseguenza, la quantità di finanziamenti erogati.
Le esclusioni e l’abbassamento del punteggio a realtà uniche e acclamate a livello internazionale come il Santarcangelo Festival sono per l’assemblea dei lavoratori dello spettacolo "Vogliamo tutt’altro” la dimostrazione che la promessa fatta dalla destra di governo durante gli Stati Generali della Cultura Nazionale a Roma di colpire la scena contemporanea, perversa e pregna di teoria gender, sia stata mantenuta.
Le graduatorie del MiC dimostrano un generalizzato declassamento di tutti i festival con una consolidata competenza e un carattere innovativo e contemporaneo come, ad esempio, “Teatro di Vetro” e “Margine operativo” a Roma, “Teatro di Akropolis” di Genova, “Wonderland” a Brescia. Si tratta di festival, compagnie e teatri che nello scorso triennio godevano di un punteggio alto (dai 26 ai 29 punti) e che ora, invece, sono sotto la soglia di ammissibilità.
«Quando abbiamo convocato il 7 luglio la prima assemblea nazionale si sono collegate 2.000 persone. C’erano gli attori, le maestranze, gli assessori dei territori penalizzati dalle nuove graduatorie, i tre commissari che si sono dimessi a causa dei declassamenti di alcuni teatri, Alberto Cassani, Carmel Grassi e Angelo Pastore», ha raccontato uno dei partecipanti all’assemblea. Delle dimissioni dei tre commissari si era molto parlato a fine giugno quando avevano annunciato che la loro scelta era dipesa dalla scelta del MiC di declassare la Fondazione Teatro della Toscana.
«In realtà, come hanno spiegato a tutti noi, le dimissioni dipendono dal fatto che hanno preso consapevolezza dell’esistenza di un progetto consolidato per smantellare un pezzo di spettacolo dal vivo. Hanno capito c’è un obiettivo a lungo termine: i festival contemporanei rimasti sopra la soglia di ammissibilità hanno avuto un abbassamento di punteggio precipitoso come nel caso di Santarcangelo. Se Sant’Arcangelo fosse stato escluso subito dai finanziamenti avrebbe fatto ricorso al Tar e con tutta probabilità sarebbe stato reintegrato. Invece così intanto tagliano i fondi con l’obiettivo, tra tre anni, di abbassare quanto basta il punteggio per escluderli del tutto», ha riferito uno dei militanti presenti all’Assemblea di Vogliamo tutt’altro.
All’assemblea hanno partecipato anche diversi amministratori locali che hanno visto passare i teatri più importanti dei loro territori da “teatri nazionali” a "teatri di interesse nazionale”, una dicitura che contiene una piccola variazione di lessico ma una significativa variazione di contributi. Alcuni di loro hanno anche sottoscritto una petizione lanciata da Ilaria Portas, assessora ai beni culturali della regione Sardegna, la più colpita dalle nuove graduatorie del Mic. Tra i vari teatri penalizzati (oltre al Teatro della Toscana) compaiono anche il Metastasio di Prato, il Teatro Due di Parma, Sardegna Teatro, Teatri di Bari. Casualmente, fanno notare i militanti, sono tutti teatri di territori amministrati dal centrosinistra.
«Inoltre, mentre prima esisteva un parametro chiamato “rischio culturale” che serviva a incoraggiare e finanziare produzioni artistiche di valore ma che non avevano un immediato riscontro in termini di pubblico e di incassi, adesso si privilegiano le compagnie e gli spettacoli che introducono un costo alto del biglietto. In pratica il parametro del rischio culturale è sparito mentre, al contempo, ne è stato introdotto uno nuovo secondo cui più costa lo spettacolo, più è alto il numero di spettatori previsti e più prendi punteggio. Ma come si fa a credere che il valore di un prodotto culturale dipenda dal costo del biglietto? Questo parametro non era mai stato usato finora e per noi oltre a essere insensato è anche classista», spiega ancora Leonardo.
Vogliamo tutt’altro
Dopo gli sconvolgimenti delle ultime settimane il collettivo "Vogliamo tutt’altro”, che si era costituito per la prima volta durante la pandemia quando proprio lo spettacolo dal vivo era stato il primo a subire le conseguenze delle politiche di contenimento, ha deciso di ripartire con un nuovo ciclo di assemblee nazionali e territoriali che proseguiranno per tutta l’estate con l’obiettivo di creare una grande giornata di mobilitazione a settembre.
«Di queste scelte del MiC i primi a rimetterci ovviamente sono i lavoratori. Siamo noi che con queste nuove graduatorie non abbiamo più lavoro, sono stati cancellati interi festival. E, chi di noi lo ha, guadagna davvero una miseria. Secondo una inchiesta che aveva fatto il sindacato Clap qualche anno fa, la maggior parte di noi al mese percepisce dai 500 al 1.000 euro al mese. Ecco, il lavoro povero da una parte e le scelte del governo dall’altra ci fanno capire che stiamo vivendo un’emergenza culturale nazionale», ha concluso Leonardo, un dei militanti del collettivo.
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