Il 3 e 4 ottobre, in 1.162 comuni italiani, si terranno le elezioni amministrative. Anche a Roma i cittadini andranno alle urne per scegliere se confermare la sindaca Virginia Raggi per un secondo mandato o cambiare affidando il Campidoglio a uno dei tre sfidanti: il candidato indipendente Carlo Calenda, quello del Pd Roberto Gualtieri o Enrico Michetti, sostenuto da Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega.

Da tempo i residenti della capitale lamentano l’eccessivo degrado della città e le promesse non mantenute dall’amministrazione in carica (ma anche da quelle che l’hanno preceduta). E uno degli argomenti più discussi, oltre alla spazzatura, è sicuramente quello della gestione dei senzatetto.

A Roma le persone che non hanno una dimora fissa sono circa 8mila. Un terzo vive per strada, nelle stazioni o sotto i portici delle piazze del centro storico, un terzo in case abbandonate o nelle baracche. I restanti trovano riparo nelle periferie ai confini del raccordo anulare, in capannoni o casolari di campagna disabitati. Trovare una soluzione a un problema che, secondo molti cittadini, rende la città meno sicura, è quindi una delle priorità dei diversi programmi elettorali.

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Qualcosa è andato storto

Quando nel 2016 Virginia Raggi è diventata sindaca di Roma, i romani speravano in un cambiamento dopo la stagione di Ignazio Marino. Nell’ultimo periodo del suo mandato Marino aveva approvato la delibera 140 con cui avviava lo sgombero di centinaia di realtà sociali che operavano all’interno di immobili che facevano parte del patrimonio del comune.

A distanza di cinque anni Raggi si appresta a firmare il Regolamento sulle concessioni del patrimonio indisponibile e demaniale della capitale, un atto che dovrebbe cambiare le regole di gestione e cancellare definitivamente gli effetti di quella delibera.

Tuttavia, nel corso di questi anni, proprio la sindaca ha disposto un totale di 41 sgomberi. E molti cittadini hanno protestato per cercare di difendere luoghi e realtà che hanno svolto un servizio pubblico aiutando moltissime persone.

Sgombero del presidio umanitario di Baobab Experience nei pressi della stazione Tiburtina (Roma)

Ma la sindaca non si è preoccupata soltanto di chiudere degli spazi sociali. Lo scorso 14 luglio si è svolta l’ultima bonifica territoriale: 150 persone che vivevano a piazzale Spadolini, sotto le pensiline della stazione Tiburtina, sono state cacciate. Al loro posto, in quello che era il presidio umanitario dell’associazione Baobab Experience, la sindaca ha fatto istallare delle fioriere, definite dall’amministrazione «orto urbano».

Qualche mese prima, a gennaio, a pochi chilometri dalla più grande stazione Termini, i senzatetto accampati sotto i portici di piazza Vittorio, erano stati mandati via forzatamente. Purtroppo non è spostando chi vive per strada da un luogo all’altro della città che si risolve il problema.

Nei mesi più difficili dell’emergenza sanitaria molte associazioni che si occupano di assistenza ai più vulnerabili hanno dimostrato che le soluzioni non mancano. Basterebbe investire in progetti di cohousing o housing first, aumentare i servizi sociali sul territorio e abbattere i costi del mercato immobiliare.

La versione di Virginia

Nel suo nuovo programma elettorale Virginia Raggi cita alcune positive esperienze attive su Roma come quella del condominio sociale via dei Reti, progetto finanziato con fondi europei che si è concluso il 31 luglio, e il progetto Casa 95, che sarà riproposto, sempre con fondi della comunità europea.

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Nonostante gli sgomberi, dice la sindaca a Domani, bisogna «implementare l’accoglienza di secondo livello, di tipo progettuale, mirata al reinserimento nel tessuto sociale delle persone senza fissa dimora». «Con nuove risorse, possiamo lavorare sul lungo periodo, sul futuro, realizzare nuove politiche», spiega Raggi, che ricorda che sono in corso i lavori sugli immobili confiscati alla criminalità organizzata e su quelli pubblici. «Con nuovi fondi, quindi, potremo incrementare i progetti già avviati fruttuosamente in via sperimentale in questi cinque anni e aprire nuovi cohousing, housing first e condomini solidali», dichiara la sindaca.

Le nuove risorse arriveranno. Lo scorso 28 luglio il ministro del Lavoro Andrea Orlando ha approvato il Piano nazionale per gli interventi e i servizi sociali di contrasto alla povertà per gli anni 2021-2023, destinando 490 milioni di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) a progetti e servizi per persone senza dimora, inclusi progetti di housing. Toccherà alla futura amministrazione, però, decidere in che modo spenderli.

Ribaltare tutto

L’ex ministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda è l’unico candidato indipendente. È stato il primo a ufficializzare la sua corsa il 12 ottobre 2020 puntando a ottenere, nei primi mesi dopo l’annuncio, il sostegno del Pd, allora capitanato dall’ormai ex segretario Nicola Zingaretti. Secondo gran parte degli esponenti democratici, però, il leader di Azione era ambiguo, continuava a guardare con troppo interesse verso il centrodestra. Così, con l’arrivo di Enrico Letta, il Pd ha scelto di candidare Roberto Gualtieri abbandonando Calenda al proprio destino.

Sul tema degli homeless Calenda critica l’attuale amministrazione. «In questi anni l’amministrazione capitolina ha sottovalutato la questione dei senzatetto. La nostre proposte, dettagliate e articolate, vogliono completamente ribaltare il paradigma: pianificazione, organizzazione e congrue risorse diventano fondamentali», dice.

Fra le iniziative fallite della giunta Raggi, «indicatore della trascuratezza del Campidoglio», il candidato sindaco cita il Piano freddo, che «non è mai diventato un organico pacchetto di misure nei confronti delle centinaia di uomini e donne che vivono per strada, ma è rimasto una mera misura emergenziale».

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Per questo, secondo Calenda occorre intervenire subito modificando le misure introdotte dalla giunta Raggi che, ancor prima che un problema di risorse, hanno messo in evidenza un problema di pianificazione.

Il candidato indipendente propone nel suo programma la creazione di 500 posti stabili in più, ogni anno per quattro anni, nei centri di accoglienza promossi dal comune che dovranno fornire ai senzatetto un’assistenza sia notturna che diurna.

Tutti coloro che entreranno nei centri di accoglienza e completeranno l’iscrizione anagrafica, se lo vorranno, verranno reinseriti nella società attraverso percorsi socioeconomici, a partire dall’assegnazione di una casa: «Il punto di partenza, e non di arrivo, per avviare un percorso di inclusione sociale», si legge nel programma.

Calenda sottolinea come a oggi non sia previsto alcun investimento finalizzato al reinserimento sociale e all’autonomia, a differenza di quanto detto da Raggi.

Il 43 per cento degli 8mila senza dimora sparsi per le strade della capitale non soffrirebbe di problemi psichici e avrebbe dunque la possibilità di rimettersi in gioco con l’aiuto dei servizi sociali.

Secondo Calenda anche la procedura dell’iscrizione anagrafica dovrebbe essere semplificata, perché troppo complessa e inefficiente. Attualmente infatti, a causa di una decisione della giunta Raggi, le realtà del Terzo settore non possono più fare da intermediarie comunicando ai municipi gli indirizzi di residenza fittizia dei senzatetto, che sono così obbligati a farne domanda personalmente.

Questa situazione ha complicato e rallentato la procedura e molti homeless hanno difficoltà a ricevere la corrispondenza. Per quelli che invece soffrono di disturbi psichiatrici sarebbe necessario un accordo tra i centri di salute mentale e l’Azienda sanitaria locale: l’accesso ai centri è infatti legato alla residenza, senza la quale non è possibile entrare ed essere seguiti da specialisti.

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Tutti d’accordo

Anche il candidato del Partito democratico, Roberto Gualtieri, ritiene cruciali le politiche per la qualità dell’abitare, che è direttamente proporzionale alla qualità della vita dei cittadini. Come Calenda, Gualtieri critica l’operato della sindaca in carica: «Da troppi anni, l’amministrazione considera le politiche sociali come marginali o confinate a tamponare situazioni di emergenza».

A causa di questo disinteresse, sottolinea, molte famiglie, giovani, donne e anziani non riescono a trovare un’abitazione che sia compatibile con la loro condizione economica.

«In questo contesto difficile, il diritto all’abitare va riaffermato come diritto fondamentale dei cittadini, affrontando i nodi che sono davanti a noi», dice ancora a Domani. Gualtieri sostiene inoltre che le risorse del Pnrr saranno un importante stimolo per la città.

L’ex ministro dell’Economia, in opposizione a quanto fatto da Raggi in tema di politiche sociali, ha due obiettivi. Il primo è fare in modo che l’accesso alla casa per i giovani e le famiglie sia possibile anche in assenza di patrimoni familiari o in condizioni di lavoro precarie. Il secondo è risolvere il problema della disponibilità di alloggi a basso costo per le persone in difficoltà.

Gualtieri ritiene che «la scelta passata di concentrare persone con le più gravi condizioni di disagio socioeconomico nei nuovi quartieri dell’edilizia sociale ha prodotto effetti indesiderati che non possono più essere tollerabili: le grandi torri e i quartieri della periferia sono diventati trappole di povertà ed emarginazione sociale da cui è difficile uscire».

Servirebbe, dunque, una maggiore omogeneità nella distribuzione degli alloggi, per evitare che il malessere di alcuni cittadini si concentri soltanto in poche zone di Roma. L’idea è quella di costruire alloggi di piccole dimensioni, 5mila in cinque anni, da destinare a persone vulnerabili, stilando in un’apposita graduatoria.

Un altro problema da risolvere, secondo Gualtieri, è quello delle proprietà Erp, meglio conosciute come case popolari, che non si trovano nei confini metropolitani.

Nel suo programma il candidato di centrosinistra ha inserito l’intenzione, sicuramente ambiziosa, di avviare un dialogo con le comunità rom che vivono nelle baracche lungo gli argini dei fiumi o in campi aperti ai confini della capitale, per comprendere le loro esigenze e inserirli nel sistema sociale.

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Michetti chi?

Enrico Michetti è il candidato scelto da Giorgia Meloni e sostenuto dai partiti di destra. Poco conosciuto dai cittadini, ha giocato la sua campagna elettorale sullo slogan “Michetti chi?”.

Quando gli abbiamo chiesto qual è la sua strategia per risolvere la problematica dei senzatetto che abitano le strade di Roma, ha delegato a Simonetta Matone, candidata prosindaca in quota Lega, il compito di rispondere.

A differenza dei suoi avversari, che hanno dedicato all’argomento una parte specifica del programma, Michetti non pare avere in mente un piano ben definito. La risposta di Matone mostra anche una conoscenza molto relativa del problema. «A Roma – dice – ci sono più di 20mila senza fissa dimora e 2mila posti per accoglierli». Il dato è fortemente ingigantito ma la magistrata prosegue sicura: «Il nostro impegno non sarà solo per aumentare la quantità (degli alloggi, ndr), ma raggiungere standard di qualità di vita migliori e più umani per donne, uomini e bambini che vivono e hanno vissuto esperienze terribili». Matone fa riferimento a «tante splendide realtà che fanno accoglienza» esistenti su Roma, senza nemmeno provare a citarne qualcuna: «Da sempre mi sono occupata degli ultimi nella mia vita professionale di magistrato. In questa seconda vita al servizio della mia città, voglio continuare a farlo». Un programma chiaro quindi non sembra esserci e, al di là della poca conoscenza della problematica, non si capisce in che modo la destra vorrà agire per togliere dalla strada più di 5.500 senza fissa dimora rimasti fuori dai dormitori e senza un posto in cui trovare riparo. Se i sondaggi non mentono, però, un progetto andrà studiato e attuato: la quota di Roma dei 490 milioni non potrà essere sprecata.

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