La prossima settimana, la Conferenza stato-regioni presenterà una serie di richieste tra cui quella di installare nelle aule scolastiche sistemi di ventilazione meccanica.

L’installazione di questi sistemi richiede però lavori strutturali per costruire degli impianti che scambino l’aria interna con quella esterna a un ritmo sufficiente.

Per mantenere una temperatura più o meno stabile all’interno, è necessario poi che siano accoppiati a sistemi di condizionamento. Interventi del genere non possono certo essere fatti ora, con le scuole aperte, semmai andavano pianificati due anni fa, durante i lunghi periodi di chiusura del 2020. Ma non è andata così.

Per questo alcuni presidi alla vigilia della riapertura delle scuole a gennaio, vista l’elevata incidenza del contagio, hanno deciso di acquistare per le loro aule degli apparecchi di purificazione dell’aria, unità singole che aspirano l’aria della stanza, la “setacciano” tramite filtri Hepa e la reimmettono nella stanza “purificata”. Esistono delle alternative che sfruttano i raggi Uv, che si sono dimostrati capaci di disattivare l’Rna virale.

Se potenti a sufficienza, gli apparecchi di purificazione potrebbero effettivamente contribuire alla diminuzione del rischio di contagio. Il Sars-CoV-2 si trasmette anche e soprattutto tramite aerosol, le goccioline che emettiamo nell’atto di respirare o parlare e che sono abbastanza piccole da galleggiare nell’aria della stanza e percorrere anche diversi metri.

Hanno dimensione inferiore a un decimo di millimetro e sono loro a rendere gli ambienti chiusi, poco ventilati e affollati uno dei luoghi più favorevoli per la trasmissione del virus. È questo il motivo per cui la sola distanza interpersonale non basta a proteggerci dal contagio al chiuso.

La distanza riduce solo il rischio di contagiarsi attraverso la deposizione sulle mucose di occhi, naso e bocca delle goccioline più grandi, i cosiddetti droplet, che cadono a terra a non più di due metri dalla persona infetta.

Per lo stesso motivo, le mascherine, soprattutto se con un elevato potere filtrante e una buona aderenza al viso, sono in grado di ridurre notevolmente il rischio di contagio.

Ma gli apparecchi acquistati dalle scuole in fretta e furia, sono efficaci?

Il modello

Per rispondere a questa domanda, si può sfruttare il modello sviluppato quasi due anni fa da un gruppo di ricercatori coordinati da Giorgio Buonanno, ingegnere ambientale all’Università di Cassino, e Lidia Morawska, direttrice dell’International Laboratory for Air Quality and Health alla Queensland University of Technology di Brisbane in Australia.

Permette di valutare il rischio di contagio in un ambiente chiuso, in base al numero di occupanti infetti e suscettibili, al tempo di permanenza e alla velocità con cui l’aria viene ricambiata o purificata.

È uno dei modelli più accurati per la valutazione del contagio al chiuso, tanto che l’Organizzazione mondiale della sanità, dopo aver minimizzato per più di anno il ruolo dell’aerosol, da maggio del 2021 ha cominciato a impegnarsi su questo fronte proprio collaborando con Buonanno e Morawska.

Consideriamo il caso della scuola primaria Japigia 1- Verga di Bari dove, stando alle dichiarazioni della preside, ogni aula è stata equipaggiata con un apparecchio che purifica 134 metri cubi d’aria ogni ora. 

Immaginiamo ora che nella classe di 19 studenti (questa la numerosità media in Puglia) ci sia un insegnante infetto e che il volume dell’aula sia 120 metri cubi. Gli apparecchi acquistati purificano dunque l’aria dell’aula una volta ogni 55 minuti circa.

Come primo esercizio, valutiamo quanto questo apparecchio avrebbe ridotto il rischio nel 2020, quando circolava la variante storica del Sars-CoV-2, molto meno contagiosa di Delta e Omicron.

Secondo il modello di Buonanno e collaboratori, la sola infiltrazione dell’aria da porte e finestre, che garantisce in media che l’aria della stanza venga ricambiata una volta ogni due ore, il rischio individuale di contagio dopo un’ora è del 5 per cento se l’insegnante parla a voce bassa e del 15 per cento se parla a voce alta.

Accendendo il purificatore acquistato dalla scuola, il rischio individuale scende dal 5 per cento al 4 per cento e dal 15 per cento al 13 per cento, rispettivamente se l’insegnante parla a voce bassa o alta.

«Partendo da una condizione di ventilazione naturale e un insegnante che parla a voce alta, l’apparecchio acquistato nella scuola primaria di Bari nell’autunno del 2020 avrebbe ridotto il rischio individuale di contagio meno di quanto non sarebbe accaduto se l'insegnante avesse usato un microfono per abbassare il volume della voce», dice Buonanno.

E aggiunge: «La scelta dei sistemi di ventilazione e purificazione deve essere fatta con criterio e con degli obiettivi di riduzione del rischio stabiliti a priori. L’iniziativa individuale delle scuole, per quanto motivata da buone intenzioni, può condurre a investimenti del tutto inefficienti».

Meglio le Ffp2

Diversi studi hanno osservato che la concentrazione di carica virale nelle mucose delle persone infettate con Delta è anche fino a mille volte superiore a quella osservata con le varianti precedenti.

Le goccioline emesse da una persona infettata con Delta contengono dunque molte più copie dell’Rna virale rispetto a quelle di una persona che si infettava nell’autunno del 2020. Su Omicron non ci sono ancora dati definitivi, ma sembra ragionevole assumere la stessa carica virale di Delta.

«Il nostro modello indica che con Delta e Omicron la ventilazione meccanica da sola è insufficiente a ridurre in modo sostanziale il rischio di contagio in un ambiente come quello di un’aula scolastica», dice Buonanno.

In effetti, usando i valori di carica virale tipici di Delta, il rischio individuale di infezione dopo un’ora è del 32 per cento se la persona infetta parla a voce bassa e 92 per cento se parla a voce alta.

I purificatori d’aria acquistati a Bari fanno scendere il rischio a 26 per cento e 86 per cento rispettivamente. Per ridurre il rischio individuale al 5 per cento circa (il che permetterebbe di avere in media meno di un infetto tra i 19 studenti della classe dopo un’ora di lezione) sarebbe necessario un sistema di ventilazione che ricambia o purifica l’aria dell’aula in soli 3 minuti (se l’insegnante parla a bassa voce), una portata 20 volte superiore a quella degli apparecchi acquistati.

Se consideriamo l’effetto delle mascherine chirurgiche, che devono essere indossate da insegnanti e studenti delle scuole primarie, il rischio si riduce dal 32 per cento al 23 per cento con la sola infiltrazione da porte e finestre, e dal 26 per cento al 19 per cento con il purificatore d’aria.

Per avere in media meno di uno studente infetto alla fine dell’ora, sarebbe necessario un impianto che ricambia l’aria dell’aula in 5 minuti, quindi con una portata 10 volte quella del purificatore acquistato.

Se però gli occupanti indossassero una mascherina Ffp2, il rischio di infezione si ridurrebbe sensibilmente: dal 32 per cento al 7 per cento senza purificatore e dal 26 per cento al 6 per cento con purificatore e sarebbe sufficiente un apparecchio con portata doppia rispetto a quello acquistato, facilmente reperibile anche a prezzi contenuti.

Questo è solo un esempio, ma è utile a farci concludere che, data la contagiosità di Omicron, nessun sistema di ventilazione o purificazione con portate ragionevoli è in grado da solo di abbassare il rischio di contagio sotto una soglia accettabile: servono i dispositivi di protezione individuale a elevato potere filtrante come le Ffp2.

Se insegnanti e studenti indossano le Ffp2 la ventilazione meccanica (o purificazione dell’aria) riducono il rischio in modo marginale.

Assicurare una buona qualità dell’aria negli ambienti chiusi è fondamentale e va al di là del contesto scolastico e del Sars-CoV-2.

Molti virus respiratori già circolanti si trasmettono via aerosol e altri ne potrebbero emergere. Ma è fondamentale che questi interventi siano pianificati. Abbiamo dei sistemi di valutazione del rischio di contagio in ambienti chiusi che possono guidare questi investimenti: sfruttiamoli.

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