Dilexi te, ti ho amato, è questo il titolo della prima esortazione apostolica di Leone XIV, che ha deciso di dare compimento a un lavoro iniziato da papa Francesco dedicata all’amore per i poveri. Prevost, come spiega lui stesso, ha voluto completare quanto aveva iniziato a scriver il suo predecessore: «Avendo ricevuto come in eredità questo progetto, sono felice di farlo mio», aggiungendo alcune riflessioni, «e di proporlo ancora all’inizio del mio pontificato, condividendo il desiderio dell’amato predecessore che tutti i cristiani possano percepire il forte nesso che esiste tra l’amore di Cristo e la sua chiamata a farci vicini ai poveri. Anch’io infatti ritengo necessario insistere su questo cammino di santificazione, perché nel richiamo a riconoscerlo nei poveri e nei sofferenti si rivela il cuore stesso di Cristo, i suoi sentimenti e le sue scelte più profonde, alle quali ogni santo cerca di conformarsi».

Se questo è l’incipit di Dilexi te, assai significativo è l’impatto sociale del testo pubblicato dal pontefice. «In un mondo dove sempre più numerosi sono i poveri, paradossalmente vediamo anche crescere alcune élite di ricchi», si legge infatti nella prima parte del testo, «che vivono nella bolla di condizioni molto confortevoli e lussuose, quasi in un altro mondo rispetto alla gente comune. Ciò significa che ancora persiste – a volte ben mascherata – una cultura che scarta gli altri senza neanche accorgersene e tollera con indifferenza che milioni di persone muoiano di fame o sopravvivano in condizioni indegne dell’essere umano». «Occorre affermare senza giri di parole che esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e l’amore per i poveri», scrive il papa. 

«Qualche anno fa», prosegue il testo, «la foto di un bambino riverso senza vita su una spiaggia del Mediterraneo provocò grande sconcerto (il riferimento del papa è al piccolo Alan Kurdi, nel 2015, ndr); purtroppo, a parte una qualche momentanea emozione, fatti simili stanno diventando sempre più irrilevanti come notizie marginali».

L’opzione preferenziale

L’analisi del papa non risparmia i paesi più sviluppati: «Ogni giorno muoiono migliaia di persone per cause legate alla malnutrizione. Anche nei paesi ricchi le cifre relative al numero dei poveri non sono meno preoccupanti».

«In Europa», aggiunge, «sono sempre di più le famiglie che non riescono ad arrivare alla fine del mese. In generale si nota che sono aumentate le diverse manifestazioni della povertà. Essa non si configura più come un’unica condizione omogenea, bensì si declina in molteplici forme di depauperamento economico e sociale, riflettendo il fenomeno delle crescenti disuguaglianze anche in contesti generalmente benestanti».

In questo contesto, sottolinea Prevost, citando Bergoglio, «Ricordiamo che “doppiamente povere sono le donne che soffrono situazioni di esclusione, maltrattamento e violenza, perché spesso si trovano con minori possibilità di difendere i loro diritti. Tuttavia, anche tra di loro troviamo continuamente i più ammirevoli gesti di quotidiano eroismo nella difesa e nella cura della fragilità delle loro famiglie”».

«Sebbene in alcuni paesi», prosegue il pontefice, «si osservino importanti cambiamenti, “l’organizzazione delle società in tutto il mondo è ancora lontana dal rispecchiare con chiarezza che le donne hanno esattamente la stessa dignità e identici diritti degli uomini. A parole si affermano certe cose, ma le decisioni e la realtà gridano un altro messaggio”, soprattutto se pensiamo alle donne più povere».

Leone mette in guardia dal considerare come verità intangibili, le ideologie del successo e della ricchezza: «Non possiamo dire che la maggior parte dei poveri lo sono perché non hanno acquistato dei “meriti”, secondo quella falsa visione della meritocrazia dove sembra che abbiano meriti solo quelli che hanno avuto successo nella vita».

«Anche i cristiani, in tante occasioni», si afferma in Dilexi te, «si lasciano contagiare da atteggiamenti segnati da ideologie mondane o da orientamenti politici ed economici che portano a ingiuste generalizzazioni e a conclusioni fuorvianti. Il fatto che l’esercizio della carità risulti disprezzato o ridicolizzato, come se si trattasse della fissazione di alcuni e non del nucleo incandescente della missione ecclesiale, mi fa pensare che bisogna sempre nuovamente leggere il vangelo, per non rischiare di sostituirlo con la mentalità mondana. Non è possibile dimenticare i poveri, se non vogliamo uscire dalla corrente viva della chiesa che sgorga dal vangelo e feconda ogni momento storico».

Ponti, non muri

Non manca una riflessione sui migranti: «La tradizione dell’attività della chiesa per e con i migranti continua», si spiega nel testo. «Il magistero contemporaneo ribadisce chiaramente questo impegno. Papa Francesco ha ricordato che la missione della chiesa verso i migranti e i rifugiati è ancora più ampia, insistendo sul fatto che “la risposta alla sfida posta dalle migrazioni contemporanee si può riassumere in quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Ma questi verbi non valgono solo per i migranti e i rifugiati. Essi esprimono la missione della chiesa verso tutti gli abitanti delle periferie esistenziali, che devono essere accolti, protetti, promossi e integrati”».

«La chiesa, come una madre», afferma Prevost, «cammina con coloro che camminano. Dove il mondo vede minacce, lei vede figli; dove si costruiscono muri, lei costruisce ponti. Sa che il suo annuncio del vangelo è credibile solo quando si traduce in gesti di vicinanza e accoglienza. E sa che in ogni migrante respinto è Cristo stesso che bussa alle porte della comunità».

Nell’esortazione un importante riconoscimento vien dato ai «movimenti dei lavoratori, delle donne, dei giovani», così come alla «lotta contro le discriminazioni razziali hanno comportato una nuova coscienza della dignità di chi è ai margini».

Strutture d’ingiustizia

In conclusione il papa sostiene che: «Sebbene non manchino diverse teorie che tentano di giustificare lo stato attuale delle cose, o di spiegare che la razionalità economica esige da noi di aspettare che le forze invisibili del mercato risolvano tutto, la dignità di ogni persona umana dev’essere rispettata adesso, non domani, e la situazione di miseria di tante persone a cui viene negata questa dignità dev’essere un richiamo costante per la nostra coscienza».

Per questo, secondo Prevost, «le strutture d’ingiustizia vanno riconosciute e distrutte con la forza del bene, attraverso il cambiamento delle mentalità ma anche, con l’aiuto delle scienze e della tecnica, attraverso lo sviluppo di politiche efficaci nella trasformazione della società.

Va ricordato sempre che la proposta del vangelo non è soltanto quella di un rapporto individuale e intimo col Signore. La proposta è più ampia: è il Regno di Dio, si tratta di amare Dio che regna nel mondo. Nella misura in cui Egli riuscirà a regnare tra di noi, la vita sociale sarà uno spazio di fraternità, di giustizia, di pace, di dignità per tutti. Dunque, tanto l’annuncio quanto l’esperienza cristiana tendono a provocare conseguenze sociali. Cerchiamo il suo Regno».

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