Il 23 luglio il Senato ha approvato, con modifiche, il decreto legge 24 giugno 2025, n. 90, recante disposizioni in materia di università e ricerca, istruzione e salute. Il provvedimento prevede lo stanziamento di risorse per la ricerca pubblica, una revisione dei requisiti per la professione di educatore dell’infanzia, proroghe per gli incarichi dirigenziali nelle scuole e modifiche all’inquadramento contrattuale del personale non dirigente nelle aziende ospedaliere universitarie.

Due note positive sono lo sblocco di una parte dei fondi destinati al Piano di "RicercaSud" 2021-2027 e la scelta di prorogare la validità delle lauree abilitanti degli educatori dei servizi dell'infanzia, salvando migliaia di posti di lavoro. Mentre suscitano critiche l'aumento di 160 milioni come quota premiale agli enti pubblici di ricerca e le misure di stabilizzazione dei precari del CNR.

PROROGA DEI TITOLI ABILITANTI PER GLI EDUCATORI

In vista dell’inizio del nuovo anno scolastico, una novità importante è l’emendamento che risolve la questione dei titoli abilitanti per gli educatori di asili nido e centri per l’infanzia.

Con il decreto legislativo n.65/2017, chi aveva conseguito la laurea in Scienze dell’educazione e la laurea magistrale a ciclo unico in Scienze della formazione primaria dopo il 2018/2019 non sarebbe più stato abilitato a esercitare la professione, se non attraverso l’integrazione di ulteriori esami universitari. Era così a rischio il lavoro di 31mila persone, con possibili conseguenze sulla regolare prosecuzione del servizio educativo per i prossimi anni.

La nuova legge, invece, estende il valore abilitante di queste lauree per chi si è immatricolato entro l’a.a. 2018/2019, e anche gli ulteriori titoli previsti dagli ordinamenti regionali restano validi, se ottenuti non oltre il 2021/2022. Per le associazioni di settore (ANPE, APP, CONPED) è un risultato positivo che «restituirà dignità professionale a migliaia di educatori».

I FINANZIAMENTI alla RICERCA E IL PIANO D’AZIONE “RICERCA SUD”

Le misure più consistenti e discusse del DL n.90 sono quelle relative al potenziamento della ricerca negli enti di ricerca vigilati dal MUR.

Le risorse previste ammontano a 160 milioni, da destinare a specifici programmi di ricerca e al potenziamento delle infrastrutture scientifiche. Questo incremento premiale (40 milioni per il 2025, 60 per il 2026 e 60 per il 2027) non deriva da nuovi fondi, ma dalla ricollocazione di altri precedentemente istituiti. La misura, che secondo la ministra dell’Università Anna Maria Bernini è fatta di «investimenti concreti, sinergie e una visione a lungo termine», è stata fortemente criticata dai partiti di opposizione, secondo i quali non ci sarebbe nessuna visione strategica, ma solo il mascheramento di nuovi tagli.

Per il senatore del Pd Francesco Verducci, i 160 milioni sono «un inganno», perché «ricavati da altrettanti tagli: al Fondo integrativo sociale, al Fondo per la scienza, al Fondo per le scienze applicate» e «30 milioni addirittura al CNR», ha detto nelle sue dichiarazioni di voto in Assemblea.

Per il Piano d’azione “RicercaSud” saranno ricollocati 150 milioni, già assegnati dalla legge di bilancio 2021. Il Piano mira al rilancio delle regioni meridionali, attraverso un intervento sui settori di ricerca e conoscenza. In audizione in Commissione, però, UIL aveva espresso la necessità di maggiore chiarezza nei criteri di distribuzione delle risorse sui territori coinvolti e la creazione di un osservatorio di monitoraggio dei risultati attesi.

LA STABILIZZAZIONE DEI RICERCATORI CNR

Il decreto legge contiene nuove indicazioni per la stabilizzazione del personale precario del CNR e il MUR comunica che è stato fissato un contributo di 9 milioni per il 2025, 12,5 milioni per il 2026 e 10,5 milioni per il 2027, previsti dalla legge di bilancio 2025. Ma i ricercatori rispondono con insoddisfazione. «Sono passati mesi dalle promesse della ministra Bernini sul monitoraggio e la stabilizzazione dei precari, ma nulla è cambiato. Al CNR siamo circa 4.000 precari su 12.000 dipendenti», dichiara a Domani l’associazione Precari Uniti CNR.

«Mentre i contratti scadono, il governo stanzia 190 milioni per aumenti ai ministeriali. La ministra aveva parlato di 160 milioni stanziati per dare una collocazione definitiva ai ricercatori, ma abbiamo scoperto che quei fondi sono destinati ad altri usi e, soprattutto, non sono utilizzabili per assunzioni a tempo indeterminato, perché erogati solo per tre anni. A oggi, gli unici fondi effettivamente disponibili per le stabilizzazioni sono quelli ottenuti con un emendamento delle opposizioni alla legge di bilancio. Siamo delusi e stanchi».

ALTRE DISPOSIZIONI SU UNIVERSITà E ISTRUZIONE

Nel comparto istruzione, saranno prorogati gli incarichi dirigenziali degli Uffici scolastici regionali, in scadenza a settembre, fino alla nomina dei nuovi dirigenti e non oltre il prossimo ottobre. Per assicurare un avanzamento degli interventi del Pnrr entro il 2025, il MUR si riserva la possibilità di bandire nuovi concorsi per l’assunzione di personale a tempo indeterminato e ne semplifica l’accesso, e destina al personale degli uffici di diretta collaborazione del ministero un aumento di 150 milioni annui dal 2025 al 2027.

Sul fronte universitario, il mandato del Consiglio universitario nazionale (CUN), in scadenza al 31 luglio, proseguirà fino a dicembre 2025. Arriva, infine, un chiarimento sulla tassazione delle borse di ricerca: l’eliminazione dell’esenzione Irpef interessa solo le borse bandite dal 7 giugno 2025.

Il parere di Arted (Associazione ricercatori tempo determinato) è che le borse, al di là del chiarimento del ministero, restano «una forma di non contrattualizzazione del lavoro di ricerca non positiva», e per questo «andrebbero abolite».

DDL 1240, EMENDAMENTO OCCHIUTO E DDL 1518

Il decreto legge n.90 si somma a una serie di iniziative legislative con cui il governo Meloni sta riformando l’assetto delle università pubbliche.

Al centro del dibattito c’è stato dapprima il ddl 1240/2024, o riforma “Bernini”, che proponeva di risolvere il precariato universitario con l’introduzione di nuove figure di ricerca a tempo determinato. A inizio anno la riforma è stata portata all’attenzione della Commissione europea e da marzo è sospesa.

Lo scorso giugno, però, è stato approvato l’emendamento Occhiuto-Cattaneo, che modifica la legge 240/2010 e riprende alcuni punti della riforma sul pre-ruolo universitario iniziata dal dd 1240 e introduce due nuove forme contrattuali precarie: gli incarichi post-doc e gli incarichi di ricerca.

Attualmente in discussione in Senato c’è il ddl 1518, una nuova proposta normativa che modifica le modalità d’accesso alla docenza universitaria, con l’abolizione dell’abilitazione scientifica nazionale.

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