Il direttore di Domani, Emiliano Fittipaldi, è stato convocato oggi alle 14:30 a riferire in commissione parlamentare antimafia, presieduta dalla deputata di Fratelli d’Italia Chiara Colosimo, sull’inchiesta di Perugia sulla presunta fuga di notizie che vede coinvolti il finanziere Pasquale Striano e il magistrato Antonio Laudati.

Fittipaldi è audito in commissione perché il procuratore capo di Perugia, Raffaele Cantone, ha iscritto nel registro degli indagati anche tre giornalisti di Domani, Nello Trocchia, Giovanni Tizian e Stefano Vergine.

Le parole del direttore

«I miei colleghi hanno cercato delle notizie, rilevanti, le hanno verificate e le abbiamo pubblicate sul giornale. Non intendo cambiare l’organizzazione del lavoro fin tanto che pubblichiamo notizie vere e di interesse pubblico», ha detto il direttore di Domani in audizione in commissione parlamentare antimafia. Fittipaldi ha difeso il giornale dalle accuse di dossieraggio formulate da alcuni organi di stampa italiani, «che vuol dire creare dei dossier su delle persone ai fini di ricatto». Questo non è mai accaduto a Domani, dove le notizie non sono state tenute in un cassetto, ma sono state pubblicate in quanto vere e di rilevanza pubblica.
Durante l’audizione è stato tirato in ballo anche l’editore di Domani, Carlo De Benedetti, che ha fondato questo giornale nel 2020. Fittipaldi ha detto che «l’editore nulla sapeva di questa vicenda fino ad agosto scorso e non sa chi sia Striano e Laudati, così come non li conoscevo io. Lui è un editore libero e liberale e non ha mai condizionato il nostro lavoro». «Io lo conosco da 14 anni, non mi ha mai detto cosa scrivere, chi sentire, cosa fare. L’idea che il mio lavoro possa essere stato in qualche modo condizionato dalle scelte di un burattinaio è offensivo sia per De Benedetti sia per i giornalisti di Domani».

Mauro D’Attis, deputato di Forza Italia e membro della commissione antimafia, ha chiesto al direttore «la sua valutazione» sulla vicenda e quali siano i rapporti tra Striano e alcuni membri della redazione. «Colpisce che non si capisce un punto che nelle democrazie liberale è chiave. Ovvero che il rapporto tra la fonte e il giornalista è sacro. Un mese fa il parlamento europeo a stragrande maggioranza ha votato il Media freedom act che specifica come le istituzioni di un paese devono proteggere le comunicazioni tra la fonte e il giornalista e che ogni paese membro dell’Ue deve fare il possibile per proteggere tale segretezza. Se i membri delle istituzioni vanno a caccia di fonti è molto più complicato ottenere informazioni segrete che in qualche modo possono nuocere al potere. Per questo le fonti vanno tutelate», ha detto Fittipaldi. Il direttore ha anche voluto specificare che: «Striano non faceva parte della redazione, non aveva rapporti con altri giornalisti al di fuori di quelli individuati. Non lo conosco e non voglio fare il suo difensore».

Il direttore ha smontato l’idea che ci sia un meccanismo sistematico di diffusione di segreti. I documenti inviati sono carte giudiziarie anche datate e non coperte da segreto. «Abbiamo persone all’interno degli apparati, dentro la maggioranza, dentro le opposizioni, a cui normalmente i giornalisti di tutta Italia chiedono informazioni e verificano notizie. Un giornalista cosa deve fare? Verificarle e vedere se hanno un interesse pubblico, non facciamo gossip», ha detto il direttore.

«Non so quale fosse l’interesse di Striano ad aver dato gli atti sui mafiosi o i criminali. Tutte le fonti hanno delle motivazioni quando danno delle informazioni, anche voi politici ce le avete quando date dei retroscena ai giornali», ha detto Fittipaldi rispondendo alla domanda su quale fosse il movente che spingeva Striano a diffondere documenti ai giornalisti.

«Solo in Italia uno rischia nove anni di carcere e viene interrogato dalla commissione antimafia perché siamo stati dipinti come una specie di centrale dei dossier. Ma se si trasforma il giornalismo libero come dossieraggio è molto complicato e non solo per Domani, ma per tutte le testate».

«Noi facciamo inchieste su chiunque», ha specificato Fittipaldi facendo riferimento ad articoli pubblicati negli anni su esponenti politici di centrodestra e centrosinistra. «Se verifichiamo notizie che abbiamo preso sul terreno, allora siamo accusati di istigare. Così è pericolosissimo».

Fittipaldi ha anche specificato che «ci sono errori nell'accusa, alcuni nomi, proveremo, è impossibile che siano stati chiesti da noi». E sul ministro della Difesa, Guido Crosetto, che ha fatto l’esposto in procura dopo un articolo pubblicato da Domani che poi ha portato all’inchiesta di Perugia il direttore ha detto: «Crosetto, che stimo, ha fatto un errore di opportunità, poi c'è l'obbligatorietà dell'azione penale, che ha individuato la fonte e costruito un terreno accusatorio che non riguarda o che riguarda solo in parte il Domani». Secondo il direttore «il diritto è una cosa, l'opportunità è un'altra, se si dà una notizia vera, di rilevanza e poi si viene accusati di aver comprato queste informazioni....è un'intimidazione alla stampa libera. Al netto dell'inchiesta, rispetto alla quale nutro rispetto per Cantone e i suoi colleghi».

La vicenda

L’inchiesta perugina è iniziata dopo che Domani ha pubblicato nell’ottobre del 2022 un articolo sui conflitti di interessi del ministro della Difesa, Guido Crosetto, per via dei compensi milionari ricevuti da Leonardo e altre aziende dell’industria bellica fino a pochi giorni prima del suo insediamento del governo Meloni, in un dicastero che ha rapporti diretti con quelle aziende.

Dopo la pubblicazione dell’articolo, che conteneva notizie vere e documentate, il ministro non ha querelato ma ha cercato la fonte dei giornalisti tutelata dal segreto professionale. Si è arrivati così all’indagine della procura di Perugia che ha accusato il finanziere Striano di accesso abusivo a sistema informatico, in concorso con gli altri indagati (tra cui i tre giornalisti di Domani che sono accusati anche di rivelazione di segreto), che gli avrebbero richiesto informazioni.

La polemica della destra

Nell’immediato i partiti di destra e diversi loro esponenti hanno attaccato il nostro giornale accusandolo di “dossieraggio” e di pubblicare inchieste con l’obiettivo di minare la credibilità e il ruolo di alcuni leader politici. Ma è stata la stessa procura ad aver smentito questa accusa attraverso una nota Ansa. L’indagine è stata però utilizzata come strumento di propaganda politica per screditare il lavoro del giornalismo d’inchiesta e attaccare la libertà di stampa. Lo hanno fatto la premier Giorgia Meloni, i suoi ministri e diversi vertici del suo partito.

Del caso ha deciso di occuparsene la Commissione parlamentare antimafia dato che il finanziere Striano è accusato di aver eseguito in maniera abusiva migliaia di accessi ai sistemi informatici della Direzione nazionale antimafia (Dna) per consultare le sos, ovvero le cosiddette segnalazioni sospette dell’antiriciclaggio.

Nelle scorse settimane, infatti, sono stati auditi dalla commissione il presidente della Dna, Giovanni Melillo, il procuratore capo di Perugia, Raffaele Cantone, il comandante generale della guardia di Finanza, Andrea De Gennaro, e per ultimo il Questore di Perugia. 

Rispondendo a un question time al Senato Crosetto ha specificato che il caso delle presunte fughe di notizie su cui si sta indagando a Perugia non solleva rischi sulla sicurezza nazionale, come invece annunciato da altri parlamentari. Il ministro ha chiesto però che il parlamento approfondisca: «Il rischio di questa vicenda è che finisca senza andare a fondo alle logiche, alle persone, agli interessi che ci sono dietro».

La solidarietà alla redazione

A Domani è arrivata la solidarietà da parte di diversi esponenti politici legati all’area del centrosinistra, dal sindacato nazionale della Federazione nazionale stampa italiana e da altri sindacati europei. «A pubblicare le notizie i giornalisti non commettono mai un reato. Se quelle notizie sono frutto dei reati di qualcun altro non sta ai giornalisti accertarsene. I giornalisti hanno come unico scopo della loro professione cercare e verificare i fatti e pubblicare notizie che siano veritiere», ha detto Alessandra Costante, segretaria generale della Fnsi.

Sul caso si è espressa anche l’European Federation of Journalists, la più grande organizzazione di giornalisti presente in Europa e rappresenta circa 320 000 giornalisti di 71 diverse organizzazioni di 43 paesi membri. Su X la federazione ha chiesto al «governo italiano di rispettare lo stato di diritto e gli standard legali europei per la tutela delle fonti giornalistiche».

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