Mail, cartelle condivise, password. Questo e altro, nei giorni scorsi, avrebbe chiesto ai dipendenti dell’Autorità Garante per la Privacy il segretario generale Angelo Fanizza, che si è dimesso dall’incarico.

In base a quanto si apprende, gli altri componenti del Collegio – Ginevra Cerrina Ferroni, Agostino Ghiglia, Guido Scorza e Pasquale Stanzione –, riuniti in assemblea, avrebbero deciso di non fare un passo indietro.

«Il segretario generale del Garante per la protezione dei dati personali, Angelo Fanizza, ha rassegnato le proprie dimissioni», è la nota stringata con cui il Collegio ha comunicato quanto avvenuto. Dimissioni, quelle di Fanizza, che dipenderebbero dalla richiesta fatta ai dipendenti dell’Autorità. Una richiesta mediata al capo informatico dell’organismo, Cosimo Covella, che si sarebbe rifiutato di fornire le informazioni personali dei dipendenti. Quale lo scopo della richiesta? Probabilmente scoprire la “talpa” che avrebbe, secondo il Garante, fornito il materiale sull’organismo alla trasmissione Report.

Ed è proprio la trasmissione di Sigfrido Ranucci a svelare il retroscena sulle dimissioni di Fanizza.

«Poche ore fa – si legge sui canali social di Report – è stato reso noto all’interno dell’Autorità un documento riservato in cui il Segreterio Generale chiedeva al dirigente del dipartimento informatico di provvedere urgentemente all’estrazione della posta elettronica, degli accessi vpn, degli accessi alle cartelle condivise, degli spazi di rete condivisi, dei sistemi documentali, dei sistemi di sicurezza. La richiesta di Fanizza – scrive Report – di spiare i lavoratori dell’Autorità risale al 4 novembre, due giorni dopo la prima puntata della nostra inchiesta. Secondo quanto riferito da fonti interne, oggi il dirigente del dipartimento per la sicurezza informatica ha informato i dipendenti e denunciato l’illegittimità di questa richiesta. I lavoratori del Garante della Privacy hanno chiesto le dimissioni dell’intero Collegio».

Dopo Fanizza, però, il resto del Collegio ha deciso di rimanere sulle proprie posizioni e afferma «la propria totale estraneità rispetto alla comunicazione a firma dell'ex segretario generale». Come dire, è colpa solo di Fanizza.

Tutto nasce da una vicenda che risale a un anno fa: l’inchiesta di Report sul caso delle dimissioni dell’allora ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano dopo la notizia del suo rapporto con Maria Rosaria Boccia.

Report manda in onda anche l’audio di una telefonata tra il ministro e la moglie sull’allontanamento di Boccia dal ministero. Per questo la giornalista Federica Corsini, consorte di Sangiuliano, presenta un ricorso al Garante in data 13 ottobre 2024, sostenendo che l’audio sia stato «acquisito illecitamente».

A un anno di distanza, il 23 ottobre 2025, l’Autorità decide sul ricorso, comminando alla trasmissione di Rai3 una multa da 150 mila euro.

Subito dopo la notizia, Report mostrerà un video in cui Ghiglia entra in via della Scrofa, sede di Fratelli d’Italia, dove rimane per un’ora, proprio il giorno prima della decisione sulla multa. Il sottinteso è che lì lui abbia incontrato Arianna Meloni, capo della segreteria politica del partito.

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