La foto dell’anno secondo World press photo è quella che ritrae un bambino palestinese di nove anni mutilato dagli attacchi israeliani a Gaza City. Uno scatto che «riesce in ciò che il grande fotogiornalismo sa fare: offrire un punto d’accesso stratificato a una storia complessa»
«Questa è una foto silenziosa che parla con forza. Racconta la storia di un singolo bambino, ma anche di una guerra più ampia, le cui conseguenze si estenderanno per generazioni». Sono queste le motivazioni con cui la direttrice esecutiva di World press photo, Joumana El Zein Khoury, ha annunciato la consegna del premio photo of the year alla fotografa palestinese Samar Abu Elouf. Uno scatto straziante che ritrae un bambino gazawi mutilato dopo un attacco israeliano alla Striscia nel marzo 2024.
Lo scatto
L’immagine è stata realizzata per il New York Times e ritrae Mahmoud Ajjour, un bambino di nove anni che ha perso le braccia a causa di un’esplosione. Mentre, durante l’ennesimo attacco israeliano, fuggiva per salvarsi la vita, Mahmoud Ajjour si era voltato per incitare la sua famiglia a non fermarsi. Proprio in quel momento un’esplosione gli ha amputato un braccio e causato gravi lesioni all’altro rendendo necessaria l’asportazione.
Dopo l’attacco Mahmood e i suoi familiari erano riusciti a scappare a Doha, in Quatar, dove ha conosciuto la fotografa che si trovava nello stesso complesso di appartamenti. Da Doha aveva iniziato a raccontare le storie dei gazawi feriti che erano riusciti ad uscire dalla Striscia per ottenere cure imbattendosi nella storia del bambino e della sua famiglia. Quel viso bambino trasformato dal dolore di una guerra disumana ha catturato Samar Abu Elouf che lo ha immortalato. «La foto dell’anno è un ritratto di un bambino con una canottiera – ha detto la presidente della giuria globale del concorso Lucy Conticello – è rivolto verso una finestra, su di lui cade una luce calda che disegna un’ombra morbida su un lato del volto. La sua giovane età e i lineamenti delicati contrastano profondamente con l’espressione malinconica. Poi, in un momento di shock, ci si accorge che non ha le braccia. Questa immagine riesce in ciò che il grande fotogiornalismo sa fare: offrire un punto d’accesso stratificato a una storia complessa, e spingere chi la osserva a soffermarsi su quella storia più a lungo».
La fotografa
Samar Abu Elouf, fotografa freelance di 40 anni, vive e lavora a Gaza City da dove ha documentato la vita quotidiana di una popolazione messa in ginocchio dalla devastazione provocata dal conflitto. Evacuata dalla Striscia nel dicembre 2023, ha proseguito il suo lavoro raccontando le storie dei gazawi usciti dalla striscia a causa del conflitto. Oltre a collaborare con il New York Times, Samar Abu Elouf ha lavorato per Reuters ed altre agenzie internazionali. La sua dedizione alla narrazione visiva l'ha portata a documentare eventi significativi come le proteste al confine di Gaza del 2018-2019 e il conflitto di 11 giorni del maggio 2021, che ha causato la distruzione di infrastrutture vitali e la perdita di vite umane, tra cui alcuni membri della sua famiglia. Nonostante le difficoltà legate al lavoro in una zona di conflitto, continua a realizzare immagini intime e dignitose, che mettono in luce la resilienza e le difficoltà di chi vive a Gaza.
Le finaliste
«Quando la giuria globale ha iniziato il processo di selezione per la Photo of the Year – ha dichiarato Costello – siamo partiti da un'ampia selezione di scatti provenienti da ciascuna delle sei regioni. Da questo insieme sono emersi tre temi che definiscono l'edizione 2025 di World Press Photo: conflitto, migrazione e cambiamento climatico». Questi i temi che hanno accomunato le altre foto finaliste scattate dallo statunitense John Moore e dal messicano Musuk Nolte.
Moore ha immortalato alcuni migranti cinesi si scaldano sotto la pioggia fredda dopo aver attraversato il confine tra Stati Uniti e Messico. Una foto intima e sospesa che ritrae la complessità delle migrazioni lungo quel confine contrapponendosi con forza alle semplificazioni a cui l’argomento è quotidianamente riportato nel dibattito pubblico statunitense. Nello scatto di Nolte, invece, si vede un ragazzo porta del cibo a sua madre, che vive nel villaggio di Manacapuru. Il villaggio, un tempo raggiungibile in barca, oggi a causa della siccità può essere raggiunto solo a piedi, percorrendo due chilometri lungo il letto asciutto di un fiume amazzonico.
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