Il papa ha ricevuto i movimenti popolari venuti a Roma per il V Incontro internazionale e il pellegrinaggio giubilare: «La chiesa deve rifiutare la speculazione finanziaria e combattere la disuguaglianza, come fate voi». «Soccorrere i naufraghi, prendersi cura dei bambini, creare posti di lavoro, accedere alla terra e costruire case» non sono ideologia ma vivere il vangelo
Dal 21 ottobre a Roma i movimenti popolari hanno aperto la loro porta santa allo Spin Time, il palazzo di dieci piani e 21mila metri quadrati in via Santa Croce di Gerusalemme, occupato dodici anni fa dal movimento di lotta per la casa per creare uno spazio di rigenerazione sociale e di riscatto sociale.
Nel cuore dell’Esquilino, quartiere di per sé simbolico visto che nella basilica di Santa Maria Maggiore papa Francesco ha scelto di essere tumulato, ha preso il via il quinto Encuentro mundial de movimientos populares (Emmp), che ha riunito nella città di Roma la rete dei rappresentanti di tutti i movimenti popolari del mondo alla vigilia del loro pellegrinaggio giubilare, in programma il 25 e 26 ottobre.
In un evento storico, le 180 delegazioni rappresentate da movimenti come Mediterranea Saving Humans, la Rete Pico degli Stati Uniti, Rise Up Movement, o l’Unione dei Lavoratori dell’Economia Popolare dell’Argentina per citarne alcuni, sono state ricevute in udienza da papa Leone XIV, che ha raccolto il testimone del suo predecessore: «La terra, la casa e il lavoro sono diritti sacri, vale la pena lottare per essi, e voglio che mi sentiate dire Ci sto! Sono con voi!» ha detto, ricordando come, a partire dal nome scelto in sintonia con l’enciclia Rerum Novarum di Leone XIII, guardare a cose nuove significa partire dalla periferia: «Come vescovo in Perù, sono felice di aver sperimentato una chiesa che accompagna le persone nei loro dolori, nelle loro gioie, nelle loro lotte e nelle loro speranze».
Don Mattia Ferrari, prete impegnato da anni nel soccorso dei rifugiati con Mediterranea Saving Humans, e coordinatore dell’Emmp allo Spin Time, ha detto: «Abbiamo portato al papa la voce degli ultimi, i corpi e le lotte che i movimenti portano avanti nel mondo».
L’eredità di papa Francesco
Tutto questo non sarebbe stato possibile senza papa Francesco, impegnato fin dagli anni di Buenos Aires nell’accompagnamento degli ultimi come i «cartoneros», i raccoglitori di rifiuti della periferia argentina. A partire dal suo primo documento pubblicato nel 2013, l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, Bergoglio ha ricordato che missione della chiesa è «l’opzione per gli ultimi, per quelli che la società scarta».
Il suo primo incontro con i movimenti popolari nell’aula vecchia del sinodo il 28 ottobre 2014 è stata la traduzione viva di quelle parole su carta, come lui stesso ha ricordato: «Questo nostro incontro risponde a un anelito molto concreto, qualcosa che qualsiasi padre, qualsiasi madre, vuole per i propri figli; un anelito che dovrebbe essere alla portata di tutti, ma che oggi vediamo con tristezza sempre più lontano dalla maggioranza della gente: terra, casa e lavoro (…) quello per cui voi lottate, sono diritti sacri».
Undici anni dopo, per Leone XIV il monito della chiesa rimane lo stesso, analogo l’impegno: «Finché i problemi dei poveri non saranno risolti in modo radicale, rifiutando l’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria e affrontando le cause strutturali della disuguaglianza non si troverà alcuna soluzione ai problemi del mondo o, per meglio dire. La disuguaglianza è la radice dei mali sociali (...)».
Durissime poi le parole che il papa ha usato per parlare delle politiche adottate contro migranti e rifugiati: «Con l’abuso dei migranti vulnerabili, non assistiamo al legittimo esercizio della sovranità nazionale, ma piuttosto a gravi crimini commessi o tollerati dallo stato. Si stanno adottando misure sempre più disumane – persino politicamente celebrate – per trattare questi “indesiderabili” come se fossero spazzatura e non esseri umani».
«Quando si formano cooperative e gruppi di lavoro», ha detto poi Prevost, «per sfamare gli affamati, dare riparo ai senzatetto, soccorrere i naufraghi, prendersi cura dei bambini, creare posti di lavoro, accedere alla terra e costruire case, dobbiamo ricordarci che non si sta facendo ideologia, ma stiamo davvero vivendo il Vangelo».
Tierra-techo-trabajo, lo slogan che campeggia sull’ingresso dello Spin Time, non è quindi la voce di un’agenda filantropica, ma la missione del Vangelo, come ricorda don Mattia: «La chiesa accompagna i movimenti popolari, non si sostiutisce ad essi né prende il sopravvento. Li accompagna, annunciando il Vangelo».
Il giubileo dei movimenti popolari
L’incontro mondiale è stato anticipato dall’esortazione Dilexi te, il primo documento a firma di Leone XIV sull’amore verso i poveri, in cui l’opzione per i poveri resta un imperativo per la stessa chiesa, come ricorda don Mattia: «È un testo che ci ha dato un grande input, perché l’amore di Dio ha un valore politico. E se è vero che il documento è stato pensato da papa Francesco, va detto che è stato Leone XIV a riprenderlo, ricordando le radici profonde del Vangelo. La base è l’amore, non un’ideologia».
Viene alla mente il 2019, quando proprio allo Spin Time l’elemosiniere del papa, il cardinale Konrad Krajewski, riattaccò le utenze elettriche nell’edificio occupato in cui Acea aveva staccato luce e acqua. Un gesto di forte rottura, segno dell’impegno della chiesa di Francesco nella lotta per la giustizia sociale. All’epoca, al Viminale c’era Matteo Salvini, ma la postura ideologica della destra in tema di sgomberi non è cambiata, mente casi come lo sgombero del centro sociale milanese del Leoncavallo, collocano quella sociale in cima alle emergenze.
Ma quell’approccio ha cambiato la sensibilità della città di Roma, con il Campidoglio che oggi supporta Parola Popolare, il festival che in piazza Vittorio chiosa i lavori dell’Emmp: «Le giornate d’incontro hanno una forte analogia con il modus operandi sinodale, ma la vera novità è che tutti i partecipanti delle delegazioni sono accompagnati dalle chiese locali, da pastori che hanno fatto propria questa sinodalità. Quello che ora ci auguriamo è mettere al centro le relazioni e organizzare la speranza, parola che nei nostri incontri ci guida, come tutto questo Anno Santo».
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