«Il quinto incontro mondiale dei movimenti popolari è un processo avviato con papa Francesco. In tante parti del mondo questi movimenti hanno iniziato a camminare insieme. Tra queste parti del mondo c’era Buenos Aires, dove l’arcivescovo Bergoglio aveva vissuto in prima persona questo accompagnamento. Quando è diventato papa, ha deciso di avviare un processo in cui questi percorsi potessero confluire, in una dinamica continua fra locale e universale».

Don Mattia Ferrari è il coordinatore dell’incontro. Parla dal palazzo occupato di Spin Time, a Roma, dove coordina una meravigliosa convergenza – dalle Americhe, dall’Asia, dall’Africa e dall’Europa  – di attivisti, comunità organizzate e lavoratori che lottano per «Tierra, Techo, Trabajo» (terra, tetto e lavoro). Quattro giorni di dibattiti. Nel pomeriggio di giovedì 23 confluiranno in un pellegrinaggio giubilare, da Spin Time al Vaticano. Dove saranno ricevuti per la prima volta da papa Leone XIV. 

Don Mattia è anche il prete che va in mare con la piattaforma Mediterranea Saving Humans. «In mezzo al mare sono stato due volte, l’ultima l’anno scorso, nel 2024. Poi da poco siamo stati, con Luca Casarini, a inaugurare la nuova nave». 

Quando incontrate naufraghi, qual è il suo ruolo?

Nelle missioni, le operazioni di soccorso sono estremamente delicate, si è divisi in team. Nel primo momento deve intervenire il team rescue, quello del primo soccorso. Poi subentra il team sanitario, e poi la guest coordination, l’accoglienza degli ospiti a bordo. Ed è lì che si inserisce il nostro lavoro, dopo che le persone soccorse hanno ricevuto la prima urgente visita medica, e chi ha le ferite più gravi è stato curato. Si raccolgono le prime informazioni, si cominciano a costruire relazioni.

I salvati sono sempre, o quasi, di religione diversa dalla sua. A che serve in mare un prete cattolico?

Nelle missioni di soccorso in mare incontriamo tante religioni: cristiani cattolici, cristiani protestanti, ortodossi, musulmani. Molte di queste persone vengono da paesi in cui le differenze si vivono. Molti, appena iniziano a parlare, ci raccontano di rapporti di  fraternità che ci sono fra loro, cristiani, musulmani. La presenza di un prete, ovvero della Chiesa, non è vista in senso ideologico. Un musulmano non ti chiede perché lì c’è un prete e non un imam, perché quando alla base c’è la fraternità, non si sente escluso per questo. ll nostro mondo occidentale si perde in dibattiti ideologici, ma prima viene la vita, e poi le idee. Prima viene il valore politico delle relazioni. La mia prima volta in missione era il 2019, ero presente quando ci fu il secondo soccorso. All’epoca c’era un clima culturale difficile, la nostra nave veniva chiamata la nave dei centri sociali.

Non lo era?

Per carità, è anche la nave dei centri sociali, ma non solo. Avevo preoccupazione. Anche paura, non ero mai stato in mare così. Però da subito abbiamo sperimentato che la nostra forza sono le relazioni. In un contesto durissimo, in mezzo al mare, con compagni di viaggio diversissimi, ma uniti da relazioni forti. 

ll vostro lavoro di salvataggio di persone, è nella sostanza un reato per la nostra legge. Minimo è favoreggiamento, come l’accusa su cui Luca Casarini e altri stanno subendo a Ragusa in queste ore. Perché?

Si sovrappongono vari piani. Da una parte c’è una criminalizzazione della solidarietà che oggi è diventata un fatto culturale prima che politico, e non solo per i migranti. Si va sempre più delineando un mondo individualista, affascinato dagli autoritarismi. La solidarietà è quanto di più sovversivo ci sia. Gli autoritarismi si sono sempre eretti sul motto “me ne frego”, la solidarietà si basa sul motto “I care”. Che è il suo rovescio. Ma si sovrappongono altri piani: le persone spesso hanno paura dell’immigrazione, perché in una società individualista, le altre persone, tanto più se hanno qualche differenza da te, ti spaventano. È qui che si deve collocare la politica: deve guidare e accompagnare il popolo nel proprio sviluppo umano integrale, non inseguire la paura per il consenso. Sono passati binomi falsi: come immigrazione-sicurezza. Qualsiasi studio dimostra che il binomio è invece esclusione sociale-sicurezza. Lavorare per la sicurezza è importante. Dunque dobbiamo lavorare per l’inclusione, perché una società in cui le persone non sono emarginate è anche molto più sicura. 

Le vostre missioni son un pull factor per l’immigrazione?

Altra cosa smentita da qualsiasi dato. La verità è che spesso il numero di partenze è più alto quando non non ci sono navi in mare. E comunque è come dire che le persone guidano in modo spericolato perché tanto ci sono le ambulanze. Il vero push factor, il fattore di spinta, è la disumanità che i migranti vivono in Libia. E ora anche in Tunisia. Quelle persone sono arrivate lì per lavorare, non era l’Europa la meta principale. 

Ha ragione Piantedosi, voi arrivate a ridosso delle acque libiche? 

In mare agiamo nel pieno rispetto della legalità, ci è stato riconosciuto dalle molte inchieste. Non entriamo in acque libiche, entriamo nella zona Sar libica, che sono acque internazionali. Quando ci è stato detto di farci coordinare dalla cosiddetta Guardia costiera libica, ci siamo rifiutati, siamo stati indagati e poi la procura stessa ha chiesto l’archiviazione perché ha riconosciuto che l’ordine che ci era stato dato cozzava contro il diritto internazionale. Se uno dà un ordine sbagliato, noi disobbediamo. Per questo in realtà noi diciamo che “andiamo a fare un’opera di obbedienza civile“, non disobbedienza. Usiamo anche un’altra espressione: “Facciamo obbedienza civile e disobbedienza morale”. Non la morale della Chiesa, ma quella del “me ne frego”. Affermiamo la morale della solidarietà.

Papa Francesco ha aiutato Mediterranea. Oggi, con Leone XIV, cambierà qualcosa?

Papa Francesco ci ha aiutato moltissimo però, a onor del vero, dopo. È stata la Chiesa a iniziare ad aiutarci. Quando abbiamo cominciato ad aver relazioni con papa Francesco, avevamo già relazioni con circa 70 vescovi del Mediterraneo. Parrocchie, Scout. Quando è arrivato Francesco, già tutta la Chiesa si stava muovendo con noi. Tanto che quando Francesco è morto, non siamo rimasti soli. Di papa Leone conosciamo la storia. In questi  primi mesi di pontificato ha già dato segnali chiari. È importante come si sta muovendo negli Usa, dove tutta la Chiesa sta svolgendo un’azione bellissima di solidarietà e fraternità verso le persone migranti che stanno subendo forti ingiustizie.

Cos’è il mare, oggi, per lei?

Quando ci troviamo  in mezzo al mare, dopo i soccorsi, l’umanità è in una sorta di condizione primordiale. Il dato profondo è la fraternità: ti ritrovi con persone provenienti da tutto il mondo unite, che si abbracciamo. Ti chiedi come è possibile che al mondo ci siano tutte queste guerre, un sistema economico così ingiusto con alcuni che si arricchiscono a spese degli altri. Noi li soccorriamo, loro ci salvano. Le persone che praticano l’accoglienza si sentono salvate da questi incontri che restituiscono il significato profondo della vita. In mare non hai nulla ma capisci che per noi esseri umani la ricchezza enorme e profonda sono le relazioni.

Qual è stata la prima persona che ha visto in mare?

Il mio primo soccorso, vedemmo una barca. Lontana, con il binocolo. Arrivammo vicini con la barca a vela, quella di appoggio alla Mare Ionio, perché avvicinarsi con la nave grande sarebbe pericoloso. Uno di noi chiese “Where are you from?”, uno di loro rispose “From hell”, dall’inferno. 

Lei è uno degli “attivisti” intercettati. Si è fatto un’idea di chi sia la spia?

Ho poche risposte, ma molte domande. Di Luca Casarini, Beppe Caccia e David Yambio, si sa chi è stato, sono stati i servizi segreti, lo ha detto il Copasir. Ma perché? David è stato spiato sul cellulare intestato a me, che gli ho dato perché quel telefono è uno strumento di solidarietà, di trasmissione delle voci, delle storie dei migranti, all’Europa, ai movimenti e alle istituzioni. Perché si spia la solidarietà? Perché la solidarietà è diventata sovversiva. Invece sul telefono di Francesco Cancellato e sul mio la relazione del Copasir dice che non sono stati i servizi. E allora chi? Non siamo interessati allo scontro politico ma alla riconciliazione, ma il presupposto della riconciliazione è la verità. Ci interessa un incontro con le istituzioni. Ad oggi ancora non c’è stato. Da quando la  solidarietà è diventata sovversiva? Il mondo brucia: o ci mettiamo insieme e riscopriamo un significato profondo della nostra esistenza, oppure bruceremo tutti con il mondo. I segnali sono importanti, dalle guerre al cambiamento climatico. Se vogliamo salvarci dobbiamo prenderci per mano. E fermare l’incendio.

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