«Gli appetiti sono molti. La guerra è terribile ma porta anche a questa situazione», dice Walter Togni presidente della Camera di commercio italiana in Ucraina. Un passato da deputato leghista e promotore dell’associazione parlamentare di amicizia tra i due paesi, Togni ha impiegato sei mesi per organizzare la trasferta di 34 aziende italiane al forum internazionale che si terrà a Varsavia a metà febbraio, a circa un anno di distanza dall’invasione russa dell’Ucraina. Quello allestito in Polonia è il quarto evento internazionale sulla futura ricostruzione del paese.

Nonostante un reale processo di pace non sia all’orizzonte, il governo di Volodymyr Zelensky pensa già al futuro: all’occidente ha continuato a chiedere sostegno militare ma ha anche aperto subito ai contributi per la ricostruzione, innescando una gara parallela ai negoziati sugli aiuti militari fatta di donazioni ma anche di affari.

La concorrenza è spietata, paesi come Francia, Germania, Danimarca e Polonia vogliono la loro fetta di mercato. Oltre l’Unione europea ci sono in pole position gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Corea del Sud e la Turchia. C’è spazio per tutti, ma chi arriva primo parte avvantaggiato. Bisogna ricostruire ponti, infrastrutture energetiche, scuole e ospedali. Al momento il valore del mercato è di circa 500-600 miliardi di dollari secondo le stime della Banca mondiale. Una cifra destinata tristemente ad aumentare con il proseguio del conflitto. Paesi come la Francia, la Germania si sono mossi in anticipo e hanno già organizzato le loro conferenze internazionali sul tema. Alcune imprese francesi hanno incassato i primi accordi per ricostruire linee ferroviarie ed edifici istituzionali e residenziali. Il presidente turco Recep Tayyp Erdogan ha firmato un memorandum per la ricostruzione già nel vertice di Leopoli di agosto. «Sembrerà strano ma circa cinque mesi fa la Ukraine invest e la banca Credit agricole ci hanno chiesto di attivarci per pensare alla ricostruzione, in modo tale da essere pronti il più presto possibile quando finirà la guerra», spiega Togni.

Come si presenta l’Italia

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Il governo di Giorgia Meloni, insediatosi a ottobre, sconta qualche ritardo rispetto ad altri paesi.

Palazzo Chigi ha creato un gruppo di lavoro per l’emergenza elettrica ucraina che è un primo canale di contributo alla ricostruzione, con il gestore della rete elettrica Terna che sta raccogliendo le attrezzature da inviare nel paese. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha visitato l’Ucraina a metà gennaio insieme al presidente di Confindustria Carlo Bonomi e al consigliere diplomatico di Giorgia Meloni Francesco Talò. Nella loro missione istituzionale hanno inaugurato all’interno dell’ambasciata italiana a Kiev un desk di Confindustria per facilitare la cooperazione tra le aziende italiane e il governo ucraino in vista della ricostruzione.

La visita di gennaio segue un memorandum siglato il 21 giugno del 2022 da Confindustria con l’esecutivo di Zelensky «volto a attuare progetti congiunti per ricostruire l’economia del paese, ripristinare le infrastrutture distrutte dalla guerra, attrarre investimenti e intensificare la cooperazione economica e industriale tra Italia e Ucraina», spiegano dall’ufficio stampa, ma al momento non ci sono accordi aziendali specifici delle aziende rappresentate dall’organizzazione.

A Kiev Urso, oltre ad aver ricevuto un’onorificenza al merito della Repubblica, ha però firmato un accordo sulla cooperazione tecnologica e industriale propedeutico al post-guerra e dopo il viaggio il ministro ha annunciato che a marzo si terrà a Roma una conferenza internazionale sulla ricostruzione.

Dal suo staff comunicazione confermano che sarà un evento analogo a quello che si è svolto in Francia a dicembre, durante il quale alla presenza di aziende nazionali e internazionali sono state raccolte donazioni per il valore di un miliardo di euro per la ricostruzione.

Di più il 13 gennaio il ministro si è recato a Verona dove insieme alle autorità locali punta a rendere il corridoio numero cinque che dal nord-est del paese arriva a Kiev come tratta logistica principale nelle prime fasi della ricostruzione, dato che al momento i porti ucraini non sono accessibili.

L’organizzazione della conferenza italiana è ancora nelle fasi preliminari, probabilmente l’annuncio della data potrà arrivare in concomitanza con la visita della premier Meloni a Kiev prevista entro questo mese. «Ufficialmente oggi non ne sappiamo ancora nulla», il presidente della camera di commercio Togni che, intanto tra qualche giorno sarà al Forum di Varsavia, una conferenza dove è attesa la presenza anche dei membri del governo tedesco.

La conferenza in Polonia

Un centro commerciale distrutto nella città di Bucha (AP Photo Karl Ritter)

«Noi dopo due anni di pandemia con i nostri poveri mezzi abbiamo portato 34 aziende in Polonia», spiega Togni. I costi non sono indifferenti. La Camera di commercio è riuscita a ottenere un padiglione da 220 metri quadri con dei costi non indifferenti: 350 euro al metro.

«In qualità di presidente della Camera di commercio italiana per l’Ucraina, mi farò carico, visto che proprio per il forum di Varsavia purtroppo non vi è ad oggi una presenza governativa italiana, di chiedere un coordinamento più forte sulle iniziative inerenti alla ricostruzione dell’Ucraina, coordinamento assolutamente necessario per dare un’immagine di unità collaborativa delle istituzioni italiane», aggiunge Togni.

A Varsavia, al momento, non è prevista una visita da parte di ministri o membri del governo italiano. Diverso è il discorso per i tedeschi che godono di un padiglione di quasi 500 metri quadri e della presenza dei ministri dell’Economia e dell’Ambiente.

In Polonia sarà presente anche gran parte del governo ucraino e i rappresentanti le autorità locali delle città che sono state maggiormente colpiti dalla guerra. Gireranno per i padiglioni alla ricerca di contratti da siglare con le aziende europee. I polacchi, che hanno un credito da vantare per essere tra i paesi ad aver accolto il maggior numero di profughi ucraini nelle prime settimane della guerra si stanno muovendo di conseguenza.

Lo scorso 31 agosto, 800 imprenditori polacchi hanno partecipato ad alcune consultazioni insieme a membri del governo per varare un piano di ricostruzione. I settori più interessati sono tanti, ma ci saranno delle priorità quali scuole, ospedali e infrastrutture.

Coordinamento tra 40 stati

Tutti i paesi, però, concordano in un coordinamento centrale che è stato avviato già in estate. A Lugano, nei primi giorni di luglio dello scorso anno, si è tenuta la prima conferenza internazionale che oltre ad aver raccolto le prime donazioni da parte di enti pubblici e privati si è conclusa con un documento firmato da 40 stati che ha l’obiettivo di tracciare sette principi che dovranno guidare il processo di ricostruzione dell’Ucraina.

Alla conferenza in Svizzera ne sono seguite altre, come quella di Berlino ospitata dalla presidenza tedesca del G7 e dalla Commissione europea. L’evento, che si è tenuto lo scorso 25 ottobre, è servito a gettare le basi per una piattaforma di donatori. Come saranno distribuite queste risorse e con che controlli, in un paese ad alto tasso di corruzione come l’Ucraina non si sa ancora.

Attualmente le istituzioni europee stanno anche studiando diverse proposte per capire se si possono utilizzare i beni e i soldi dei conti bancari degli oligarchi russi congelati con le sanzioni europee, per impiegarli nella ricostruzione. Interpellati sulla questione dalla Commissione europea dicono che ci sono diverse idee sul tavolo.

Come quella di creare «una nuova struttura che gestisca i beni pubblici russi congelati e immobilizzati, li investa e utilizzi i proventi per l’Ucraina». Sono opzioni già discusse con gli stati membri. «In seno al Consiglio si sta lavorando con la presidenza svedese per approfondire le opzioni presentate dalla Commissione», aggiungono.

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