Nei canali Telegram dei blogger ed esperti militari russi si parla sempre più spesso dei devastanti effetti che stanno avendo i lanciamissili a lungo raggio inviati in Ucraina da Stati Uniti e altri paesi. Schierati in Donbass e ai confini della regione meridionale di Kherson, questi veicoli sono in grado di colpire con estrema precisione un bersaglio a 70 chilometri di distanza, ben oltre la linea del fronte.

In cambio del loro iperpatriottismo e del sostegno incondizionato alla guerra, il Cremlino per il momento consente a questi analisti di avere uno sguardo critico sulla conduzione delle operazioni militari. E così, nei loro canali, compaiono racconti di centri comando e depositi di munizioni colpiti in piena notte, di sistemi anti missile che non riescono a intercettare i proiettili ucraini, di ufficiali preoccupati di saltare in aria nelle loro brande dopo un attacco ucraino a lungo raggio.

Gli ucraini, maestri di comunicazione fin dall’inizio del conflitto, amplificano queste preoccupazioni celebrando i loro nuovi lanciamissili su Twitter e Telegram, creando meme e persino jingle musicali. Ma numerosi esperti e militari europei e americani avvertono che, in un conflitto come quello in corso, nessuna arma è un proiettile d’argento in grado da solo di risolvere il conflitto. Nemmeno i lanciamissili americani ad alta tecnologia.

Himars e Mlrs

I famosi lanciamissili ricevuti dall’Ucraina appartengono alla “famiglia” dei Multiple launch rocket system (Mlrs), ossia dei “sistemi di lancio multipli per razzi”, un termine con cui, nel gergo militare Nato, vengono indicati due mezzi piuttosto simili, entrambi di fabbricazione americana, ma in dotazione a gran parte delle forze militari dell’alleanza.

Il primo è l’M270, un veicolo cingolato sviluppato negli anni ‘80 e in grado di sparare 12 razzi o missili di vario tipo. Mezza dozzina di questi veicoli cingolati sono stati forniti all’Ucraina o sono in via di spedizione da parte di paesi come Germania, Regno Unito e Paesi Bassi.

Il secondo, la versione più semplice ed economica del M270, è quello che in questi giorni popola le pagine di meme ucraine e i canali Telegram russi: l’Himars, un veicolo ruotato e dotato di una batteria di sei missili. L’Ucraina ha ricevuto otto di questi veicoli dagli Stati Uniti, fino a questo momento.

M270 e Himars possono lanciare un vasto assortimento di munizioni differenti: razzi a guida satellitare, missili guidati a lungo raggio, bombe a grappolo e via dicendo. Il raggio di questi missili varia da un minimo di 30 a un massimo di 300 chilometri per i modelli più avanzati e costosi.

Per evitare incidenti diplomatici, gli Stati Uniti e gli alleati hanno deciso di consegnare agli ucraini soltanto missili con una gittata massima di 70 chilometri. Non il massimo possibile, ma più che sufficiente per colpire depositi di munizioni, snodi logistici e centri di comando nel pieno delle retrovie russe.

Gli effetti

Gli ucraini hanno iniziato ad utilizzare seriamente i loro Himars a partire dalla fine di giugno e lo hanno fatto con grande successo. Secondo quanto ricostruito da esperti come Rob Lee, gli ucraini utilizzano droni e informazioni raccolte dall’intelligence degli alleati per individuare i loro bersagli nelle retrovie nemiche. I depositi di munizioni nei pressi dei capolinea ferroviari, ad esempio, sono particolarmente facili da individuare.

Dopo aver scelto un obiettivo, gli Himars – solitamente tenuti nelle retrovie ben lontani dalla portata delle armi russe – si muovono fino ad arrivare a una settantina di chilometri dal loro bersaglio con il favore della notte, così da aver meno possibilità di essere individuati dai droni russi. 

Un paio di Himars, con un totale di 12 missili, sono più che sufficienti a neutralizzare un obiettivo. Subito dopo aver sparato, i veicoli si allontano rapidamente e ritornano al sicuro nelle retrovie ucraine (cosa che possono fare piuttosto velocemente grazie alle ruote che gli danno una buona mobilità su strada).

Per il momento, non sembra che i russi abbiano alcuna difesa contro questi attacchi. I cieli del Donbass sono protetti da numerosi sistemi antimissile: il moderno S-400 a lungo raggio e i più piccoli Tor e Pantsir a medio e breve raggio.

Lo scopo principale di questi sistemi è abbattere aerei e droni, ma sono progettati anche per intercettare i missili (che, in sostanza, non sono altro che aerei senza pilota). I missili lanciati dagli Himars, però, sembra che siano troppo piccoli e lanciati da una distanza così ravvicinata che i russi non hanno il tempo di intercettarli. 

Proiettile d’argento

Molti entusiasti sostenitori dell’Ucraina avevano previsto questo scenario ancora prima che i primi Himars venissero consegnati. Ancora oggi è possibile trovare tweet e articoli che descrivono queste armi come “proiettili d’argento”, in grado da soli di rovesciare l’andamento del conflitto che, dalla metà di maggio, ha visto la lenta ma costante avanzata delle truppe russe.

Gli esperti però mettono in guardia dall’eccesso di ottimismo e dalla troppa fiducia nella cultura del “gizmo”, come l’ha definita lo storico Adam Tooze, ossia l’idea  che un espediente tecnologico facilmente riproducibile sia in grado di risolvere ogni tipo di problema.

«Gli eserciti sono entità complesse che hanno bisogno di molte capacità differenti per funzione, raggio d’azione, velocità e impatto. Gli Himars rappresentano soltanto uno di questi elementi – per quanto importante – necessari a vincere la guerra», ha scritto ad esempio l’esperto militare Mick Ryan.

Per il futuro dell’Ucraina saranno altrettanto, se non più importanti, le forniture di artiglieria tradizionale e relative munizioni, il mantenimento di un sufficiente numero di sistemi antiaerei che consente di tenere a bada l’aviazione russa. Più fondamentale di tutti sarà la volontà di combattere e la capacità di continuare a reclutare e addestrare truppe per farlo.

Come ha scritto su Facebook proprio in questi giorni Yuriy Kochevenko, un ufficiale ucraino della 95esima brigata: «Né gli Himars, i Bayraktar, i Caesar o gli Stinger faranno la differenza al fronte. La farà il normale soldato di fanteria con la sua mitragliatrice. È lui che che tiene duro di fronte al devastante fuoco dell’artiglieria nemica e dei suoi assalti». Anche nel tecnologico 2022, tra droni e missili guidati dai satelliti, rimane il fattore umano a segnare la differenza tra vittoria e sconfitta.

© Riproduzione riservata