Ritardi, 174 presidenti di seggio rinunciatari, elettori in coda e rimandati a casa. Il voto per le comunali a Palermo consegna al paese l’altra sconfitta dalle urne, oltre al leader leghista Matteo Salvini: la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese.

Il caos Palermo

Quelle siciliane erano votazioni ‘calde’, visto che nella settimana pre-elettorale erano stati arrestati due candidati per voto di scambio politico mafioso. In corsa c’era la lista di un condannato per favoreggiamento, Totò Cuffaro, e sul voto aleggiava la presenza di Marcello Dell’Utri, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Non solo. A 48 ore dal voto, la commissione parlamentare antimafia aveva individuato 4 impresentabili tra i candidati in corsa per un posto da consigliere comunale.

Elementi che imponevano massima attenzione e un livello gestionale impeccabile, ma lo stato ha risposto con una disorganizzazione disarmante e con il sempreverde scaricabarile. La ministra, che ha costruito la sua permanenza al Viminale sulla vigile attesa che gli eventi si compiano, interviene a tarda sera quando il caos domenicale è ai titoli di coda.

«È gravissimo che a Palermo, senza alcun preavviso, un elevato numero di presidenti di seggio non si sia presentato per l'insediamento, ovvero abbia rinunciato all'incarico, ritardando l'avvio delle operazioni di voto», dice Lamorgese vestendo i panni della commentatrice. Ma il caos era prevedibile? La ‘fuga’ dei presidenti coincide con un evento atteso da tempo della città: il ritorno in serie B della squadra cittadina. La partita contro il Padova che ha sancito il ritorno dei rosanero nel calcio che conta era prevista da settimane.

La prefettura, che dipende dal ministero dell’Interno, non ha rinviato la gara, come succede abitualmente per ragioni di ordine pubblico, e così buona parte dei presidenti prescelti hanno preferito il tifo al seggio elettorale, generando un caos prevedibile ed evitabile. In molti non hanno presentato il certificato medico e saranno denunciati all’autorità giudiziaria che dovrà accertare anche eventuali altre cause tra le ragioni dell’ammutinamento.

La ministra, in un’altra nota, ha scaricato la responsabilità sul comune di Palermo: «La Procura di Palermo valuterà gli eventuali profili di responsabilità conseguenti alle segnalazioni inviate dal Comune, competente per le procedure di insediamento dei seggi e di sostituzione dei presidenti», dice Lamorgese. Dal comune solo l’assessore alla mobilità aveva chiesto il rinvio dell’incontro, ma la decisione spettava alla prefettura che ha discusso l’ipotesi in un comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza, ma poi ha escluso di rinviare o anticipare la gara. Il pasticcio siciliano scatena la reazione dei partiti di centrodestra. Fratelli d’Italia chiede le dimissioni della ministra per l’ennesima «prova di incapacità e incompetenza», la Lega di governo attacca la ministra per il suo silenzio e per non averci messo la faccia.

Chiacchiere a Napoli

Cambiando città e anche partiti, il giudizio sulla ministra non cambia. A Napoli, pochi giorni fa, rapinatori minorenni hanno sparato contro i falchi della squadra mobile durante un inseguimento, l’ennesimo episodio di violenza giovanile, il racconto di città fuori controllo. I poliziotti sono riusciti ad arrestare i violenti, ma non si fermano invece le critiche.

Francesco Borrelli dei Verdi parla di «chiacchiere della ministra che, nel gennaio scorso, aveva promesso miglioramento dell’impianto di videosorveglianza e più poliziotti» e chiosa con parole amare: «gli unici a fare sul serio sembrano essere i criminali».

Lo scorso gennaio, la ministra aveva sottoscritto un accordo per la promozione e l’attuazione di un sistema di sicurezza partecipata e integrata per lo sviluppo della città di Napoli, ma per i risultati ci vuole ancora tempo.

Dal settembre 2019, mese dell’insediamento al Viminale della consigliera di stato Lamorgese, la ministra ha collezionato critiche su ogni fronte dalla continuità con la gestione Salvini sui migranti all’assalto dei neofascisti di Forza Nuova alla Cgil, dal mancato scioglimento del movimento di destra fino alle immagini degli studenti in piazza con i crani sanguinanti.

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