- La ministra più che responsabile è diventata testimone di disastri gestionali, ma è rimasta al suo posto superando abilmente le critiche del predecessore, Matteo Salvini, e quelle dei democratici arrivate dopo le manganellate inferte dalla polizia, in piazza, agli studenti.
- «La concezione prefettizia, che è anche quella di Lamorgese, è troncare e sopire, rinviare e scaricare, una concezione che ha un problema quando deve confrontarsi con la complessità della realtà», ragiona un influente esponente di maggioranza.
- «Sull’immigrazione e i soccorsi in mare la verità è che non è cambiato quasi nulla», dice Vittorio Alessandro del comitato per il diritto al soccorso.
Luciana Lamorgese è ministra dell’Interno dal settembre 2019, responsabile del ministero nel secondo governo Conte, quello giallorosso, e confermata nell’esecutivo allargato, a guida Mario Draghi. Pochi mesi dopo il suo insediamento è arrivata la pandemia con il lockdown, le chiusure, i controlli conseguenti poi le proteste e i cortei: no-vax, fascisti, operai e studenti. Quella che era stata battezzata come la scelta migliore, si è trasformata nel governo in una casella tanto scottante quant



