Manifestano in 50mila. Irruzione al Pirellino. Petardi e uova contro le forze dell’ordine L’appello per salvare il centro sociale. Botta e risposta tra Catella e il Pd
La torre altissima avvolta dai fumogeni. Tappezzata di striscioni contro «i padroni della città». Il serpentone in corteo a tutela del Leoncavallo, lo storico centro sociale di Milano sgomberato nelle scorse settimane, ha fatto irruzione nel cantiere del Pirellino, l’ex edificio comunale oggi di proprietà della società di Manfredi Catella, “re del mattone” nonché indagato (scarcerato) della maxi inchiesta “Grattacieli puliti”.
«Questo è un cantiere e lo sequestriamo per il bene della città. Non ci basta uno scandalo e non ci basta un processo», al megafono i ragazzi dei movimenti studenteschi e di area antagonista che nel primo pomeriggio si sono uniti all’altro corteo, quello “ufficiale”, a cui hanno preso parte oltre 50mila persone tra privati cittadini, sigle sindacali, come Cgil, associazioni, come Anpi e Arci, e partiti, tra cui Rifondazione comunista e Avs.
La protesta, però, s’è inevitabilmente allargata anche ad altri temi. Tra tutti la gestione dell’urbanistica nel capoluogo meneghino, specie a fronte del procedimento in cui è coinvolto, oltre Catella, il sindaco Beppe Sala. «La mano che ha sgomberato è la stessa mano degli speculatori edilizi», non a caso le parole dei manifestanti. Poi un’altra scritta, comparsa su un ulteriore cantiere dell’immobiliarista, quello per la costruzione del Villaggio Olimpico a Scalo Porta Romana che, dopo i Giochi, diventerà uno studentato. «Meloni sgombera, Sala svende, Catella specula. Gli studenti vi fanno gola, noi ci andremo di traverso», quanto impresso su una parete. E così, inaspettata, è arrivata anche la reazione del ceo di Coima: «Le manifestazioni violente con azioni illegali e occupazioni abusive da parte dei cortei formati dai centri sociali, con la partecipazione di rappresentanti di espressioni politiche, rappresentano la nuova proposta del modello Milano. L’opinione pubblica potrà scegliere se questa è la Milano che vogliamo». «Catella, Catella vaffanculo», il coro in risposta della piazza ai cui organizzatori era arrivata una prescrizione della questura: vietato l’ingresso in zona Duomo, causa “Giubileo della scuola”. Il divieto però non è stato rispettato. Tra i gruppi qualcuno ha raggiunto anche la prefettura e lanciato petardi e uova contro le forze dell’ordine.
Stessa cosa davanti ai militari in presidio al Leonka, il cui sgombero è stato rivendicato dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, insultato dalla piazza. Dall’evento a cui presenziava a Cernobbio il capo del Viminale ha fatto sapere che «lo sgombero è stata la cosa più normale del mondo». Il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni lungo il corteo ha ribattuto: «Crimine politico». Solidarietà alle forze dell’ordine è, invece, arrivata dal governatore della Lombardia Attilio Fontana e dal presidente del Senato Ignazio La Russa.
Le chat
A riportare l’attenzione sul centro sociale, con una storia lunga 50 anni e fatta di socialità opposte a ogni tipo di destra, ci ha pensato il portavoce del Leoncavallo, Daniele Farina, che ha lanciato un appello agli «imprenditori illuminati» affinché aiutino ad acquistare la sede di via Watteau. E sul bando promosso dal Comune per la cessione di un'area in via San Dionigi, che potrebbe diventare la nuova sede del centro, il portavoce ha chiosato: «Parliamo di una cifra enorme, sono milioni ma noi ci proviamo». Alla manifestazione anche attori e registi, e tra gli altri singoli esponenti del Pd che, forse per evitare l’imbarazzo, hanno partecipato all’appuntamento da privati cittadini. Tra loro il segretario cittadino Alessandro Capelli e il capogruppo in regione Pierfrancesco Majorino. Proprio Capelli ha sottolineato come «il Leoncavallo sia stato per decenni un punto di riferimento per la produzione sociale e culturale dal basso della città, mentre oggi al centro delle politiche vergognose del governo Meloni». Sia Capelli sia Majorino hanno anche ribattuto alle parole di Catella: «Il dottor Catella farebbe meglio a non parlare». Infine c’è stato chi ha portato l’attenzione sullo stadio Meazza, al centro dell’operazione di compravendita tra Comune e i club di Milan e Inter. Enrico Fedrighini, consigliere del Gruppo misto a Palazzo Marino, non ha usato mezzi termini: «Il Leonka e il San Siro sono beni da tutelare. Oggi le due vicende fanno comprendere su quale modello di gestione si basa questa città: si guarda all’interesse privato, non al pubblico». Al pari dello stadio anche il Leonka è al centro delle chat dell’inchiesta dei pm milanesi.
«Non dobbiamo stare sotto scacco del Leonka», i messaggi dell’ex assessore all’urbanistica Giancarlo Tancredi al city manager Christian Malangone. Entrambi, come il primo cittadino e Catella, sono indagati nella maxi inchiesta. E probabilmente i «padroni» contro cui hanno protestato gli attivisti. Che arrivati in piazza Duomo hanno appeso altri striscioni. Uno sulla statua di Vittorio Emanuele II. C’era scritto «giù le mani dalla città».
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