«Essere vittima di tortura è un incubo che torna tutte le notti». Lam Magok è una delle centinaia di persone che ha subito abusi e violenze da parte del libico Almasri. Ma è anche il solo che ha avuto il coraggio di denunciare il governo italiano per aver liberato e rimpatriato su un Falcon 900 il suo torturatore. 

«Apprendere dell’archiviazione di Giorgia Meloni da Facebook non è stato bello, come non è bello che il tribunale dei ministri non la ritenga responsabile», continua il giovane davanti all’avvocato Francesco Romeo e ai professionisti dell’associazione Baobab, come Alice Basigliani, che lo hanno supportato a livello giudiziario. 

Negli occhi di Magok la delusione, ma anche la paura. «L’Italia – dice – ha protetto un criminale ed è un fatto che mi spaventa perché di ritorno in Libia Almasri ha continuato con le sue violenze. Io – conclude – voglio continuare a combattere non solo per me stesso, ma anche in nome di tutti i torturati e di quelle persone, compresi bambini, che hanno perso la vita in territorio libico. La mia azione è l’azione di tutti». 

L’attivista – Magok ora lavora come mediatore culturale ma nella sua terra aveva fondato una rete di resistenza – insieme al suo legale sta valutando il da farsi. «Presentare una nuova denuncia? Ci stiamo pensando, ma questo non deve essere un corpo a corpo tra Lam e l’esecutivo, dovrebbe essere piuttosto la procura di Roma, data la gravità dei fatti e la “confessione” di Meloni in video, a dover procedere autonomamente», dice l’avvocato Romeo. 

Avvocato che non ha avuto ancora modo di visionare gli atti del fascicolo per cui ieri la premier è stata archiviata mentre i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, insieme al sottosegretario delegato all’Intelligence Alfredo Mantovano, riceveranno a stretto giro, in base a quanto si è appreso, la notifica del provvedimento di autorizzazione a procedere. Romeo oggi ha ripresentato la richiesta di visione degli atti, ma ce ne erano state due precedenti.

«A maggio – specifica Romeo – la nostra prima richiesta di accesso agli atti. Il tribunale dei ministri ci rispose che non era possibile perché la documentazione non era stata visionata dagli indagati». Cosa che poi è accaduta successivamente, quando l’avvocata Giulia Bongiorno è stata autorizzata dallo stesso collegio di giudici a prendere visione, sebbene parziale, delle carte. «Alla luce di questo fatto – dice l’avvocato di Magok – ho inoltrato una seconda richiesta. Anche questa è stata negata. La motivazione? Lam è ritenuto dal tribunale un mero danneggiato dai reati di cui sono accusati Meloni e gli altri, e non una parte offesa». 

Una differenza sottile, quest’ultima, in punta di diritto. Che forse non tiene conto della realtà. «Mi ha fatto male – dichiara Magok in conclusione – vedere Almasri arrivare sorridente all’aeroporto di Mitiga». Quello stesso aeroporto che i torturati hanno raccontato di essere stati costretti a costruire tra lavori forzati e abusi. 

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