Con la sentenza depositata il 22 maggio, la Consulta ha dichiarato che se una coppia di donne decide consapevolmente di ricorrere alla procreazione medicalmente assistita (Pma) in un altro stato dove la pratica è legale, e una delle due partorisce il bambino, anche l’altra ha diritto al riconoscimento della genitorialità sin dalla nascita del figlio, a patto che abbia prestato il consenso preventivo alla procedura e all’assunzione della responsabilità genitoriale.

Incostituzionale è l’articolo 8 della legge 40/2004, nella parte in cui non consente questo riconoscimento. Il figlio è anche della madre intenzionale. Non dopo un’adozione. Subito, dalla nascita. Senza più zone grigie e trafile giudiziarie.

«Una giornata storica – dice Crocini – La Corte si è assunta una responsabilità enorme: ha riportato giustizia nel nostro paese. È una vittoria per noi, ma anche una grande sconfitta per una politica e un parlamento incapaci, finora, di dare al paese leggi che rispecchino i suoi cambiamenti reali. Oggi la Corte ha ascoltato ciò che la politica ignora».

«Finalmente si afferma la pari dignità di tutte le madri, anche nei progetti di genitorialità omogenitoriale femminile», dice a Domani l’avvocato che ha seguito il caso, Vincenzo Miri, presidente di Rete Lenford Avvocatura Lgbt.

«Tutte le impugnazioni promosse dalle procure e dal ministero dell’Interno cadranno per effetto di questa sentenza, a partire da quelle di Padova».

Un dettaglio evidenziato dall’europarlamentare del Pd Alessandro Zan: «Meloni e i suoi ministri hanno trascinato decine di genitori e figli nei tribunali, calpestando affetti e diritti. Oggi la Corte ci dice che quei provvedimenti sono fuori legge: sono contro la Costituzione». Un duro colpo per la destra che, fin dall’inizio della legislatura, ha avviato la sua battaglia contro le famiglie omogenitoriali.

Il caso

La sentenza arriva a seguito di una questione di legittimità costituzionale, sollevata dal tribunale di Lucca, in un caso che vedeva protagonista una coppia di donne che aveva scelto di avere un figlio tramite Pma effettuata fuori dall’Italia. La madre biologica aveva partorito in Italia, ma la legge italiana non riconosceva il ruolo dell’altra madre, impedendole il riconoscimento diretto del bambino.

La Corte ha confermato i dubbi di illegittimità sollevati dal tribunale.

Una decisione che si fonda su tre pilastri della Costituzione. L’articolo 2 per cui si lede il diritto all’identità personale del minore, privandolo di uno stato giuridico stabile e certo sin dalla nascita.

L’articolo 3: la disparità di trattamento rispetto ai figli di coppie eterosessuali o nati da Pma praticata in Italia è irragionevole, non essendo giustificata da alcun controinteresse costituzionalmente rilevante. L’articolo 30: viene compromesso il diritto del minore a essere riconosciuto da entrambi i genitori e a godere pienamente della responsabilità genitoriale di entrambi.

Richiamo al parlamento

Superate anche le osservazioni dell’Avvocatura dello Stato, cioè del governo Meloni, che cercava di tenere in piedi una norma sgretolata dalla realtà. La legge manca, il parlamento tace, il governo si oppone, e intanto i bambini crescono senza tutele.

Si legge nero su bianco che «l’attuale impedimento non garantisce il miglior interesse del minore». Anzi «lede il diritto del figlio ad avere fin dalla nascita uno stato giuridico certo e stabile».

Perché «non c’è nessun controinteresse costituzionale» che giustifichi questa discriminazione. Un richiamo duro al parlamento: la sua inerzia sta danneggiando i minori. E non è l’unico.

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