Il Ceo spiega ai giovani che prendersi cura di chi è più fragile deve essere la priorità per chi ha a cuore il proprio paese: «L’Ue è debole se investe solo nella difesa. È fondamentale supportare le imprese, come fa la manovra. Ma anche dedicarsi alle persone che hanno maggiori difficoltà»
«È possibile che la priorità di chi ci governa oggi sia affrontare tutti i giorni il tema di come reagire alla minaccia della guerra?», si chiede Carlo Messina, Consigliere delegato e Ceo di Intesa Sanpaolo, durante il discorso – spontaneo, «a braccio», dice – che tiene per l’inaugurazione dell’anno accademico 2025-2026 all’università Luiss di Roma, l’11 dicembre.
«Se guardate l’Unione europea, oggi abbiamo molti più poveri e disuguaglianze rispetto ai rischi potenziali che derivano da una minaccia reale - non percepita o teorica - della guerra. Forse l’Europa si sta concentrando su priorità che non sono quelle che consentono di costruire un futuro a medio lungo termine. La parte di difesa è indispensabile, ma se diventa l’unico argomento di discussione, si perde il contatto con la realtà, con le persone che vivono i nostri paesi», prosegue il Ceo di Intesa Sanpaolo.
È convinto che per immaginare un futuro prospero l’Unione debba concentrarsi sui suoi punti di forza – e tra questi anche l’attenzione ai diritti dei suoi cittadini e il welfare, oltre alla capacità di risparmio – e sulla costruzione di una governance unita, in grado di prendere decisioni veloci come veloce è il mondo che si evolve. Una governance che non sia la sommatoria delle volontà delle singole nazioni, bensì il risultato della loro collaborazione.
«Credo che finché non andremo verso un sistema che punta ad avere un unico ministro dell’Economia, della Difesa, dell’Energia e delle Tecnologie, l’Europa non potrà costruire un motore efficace per competere nel mondo, con Stati Uniti e Cina», dice, consapevole della necessità di un cambio di passo: «La povertà è un elemento che nell’arco dei prossimi anni risulterà un punto di debolezza grande, che, invece, con i nostri sistemi di welfare potremmo gestire», puntualizza.
Povertà e disuguaglianze
Come si capisce dalle sue parole, lo stesso ragionamento che Messina fa per l’Europa, vale anche per l’Italia: è necessario essere consapevoli dei propri punti di forza e di debolezza per costruire un piano di crescita strategico per il futuro.
Tra gli elementi che funzionano, per il Ceo di Intesa Sanpaolo, nel nostro paese ci sono le imprese, la capacità di risparmio degli italiani e il sistema bancario: «Noi siamo ben contenti di pagare le tasse se questo può consentire un’uscita dalla procedura di infrazione della Commissione europea. Ecco perché ho sostenuto in modo assoluto questo passaggio della tassazione sul mondo bancario anche con la presidente del Consiglio. Penso che sia giusto che, in fasi come queste, chi ha delle grosse disponibilità di utile contribuisca in modo superiore alle esigenze del paese», sottolinea convinto che la procedura porterebbe importanti benefici anche per le banche stesse. E che anche in Italia serva collaborazione tra i diversi attori, pubblici e privati, per crescere.
Per Messina, il nostro paese, proprio come l’Europa, non può dimenticarsi della povertà che avanza e delle disuguaglianze che crescono: «È fondamentale supportare le imprese, come fa la finanziaria, per lo sviluppo. Ma anche dedicarsi alle persone che hanno maggiori difficoltà. È un fattore su cui sia il governo, sia i soggetti privati devono agire».
Secondo il Ceo di Intesa Sanpaolo, infatti, ogni azienda oltre ad avviare progetti per ridurre la povertà, dovrebbe impegnarsi per alzare i salari dei suoi lavoratori: «Perché è una priorità per ridurre le disuguaglianze e favorire i consumi. Ma anche perché prendersi cura di chi è vicino a noi, di chi è più fragile, è indispensabile per chi sogna di dare un contributo concreto al proprio paese e all’Europa», aggiunge.
Ribadisce poi agli studenti come al centro di ogni sistema debbano esserci sempre le persone: «Anche l’intelligenza artificiale senza capitale umano vale zero, lo dice il più grande datore di lavoro d’Italia».
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