Sulla tragedia del Mottarone, in cui persero la vita 14 persone, la parola passa ora al giudice per l’udienza preliminare. La procura di Verbania ha depositato nella mattinata di martedì 12 settembre la richiesta di rinvio a giudizio per sei persone e due società. 

Sono Luigi Nerini, titolare di Ferrovie del Mottarone, Enrico Perocchio, direttore d’esercizio, Gabriele Tadini, capo servizio dell’impianto. E ancora: Anton Seeber, amministratore delegato di Leitner, Martin Leitner, consigliere delegato e Peter Rabnser, responsabile del Customer Service.

Le accuse contestate dalla procura sono attentato alla pubblica sicurezza dei trasporti, rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni colpose gravissime e falso, quest’ultimo solo in riferimento a Tadini e Perocchio.

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Quanto alle due società, Ferrovie del Mottarone e Leitner, dovranno rispondere di illeciti amministrativi per cui le sanzioni previste sono di carattere pecuniario e interdittivo. 

Leitner ha negato la propria responsabilità, ma i suoi legali hanno comunicato a La Presse che la società «è molto vicina alle vittime e ritiene doveroso dal punto di vista etico anticipare i risarcimenti in attesa che vengano identificate le responsabilità, che, secondo noi, sono in capo ad altro».

Sempre secondo La Presse, Leitner e Ferrovie del Mottarone dovrebbero arrivare agli accordi sui risarcimenti con le famiglie delle vittime prima dell’udienza preliminare.

La notizia di una nuova fase del procedimento arriva in un momento in cui la sicurezza sul lavoro e la manutenzione delle opere pubbliche sono al centro dell’attenzione, dopo i fatti di Brandizzo. «La cultura della sicurezza deve permeare le Istituzioni, le parti sociali, i luoghi di lavoro», ha scritto il presidente Sergio Mattarella in una lettera alla ministra del Lavoro Marina Calderone, all’avvio del corso di formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Quella domenica

Il 23 maggio 2021 una cabina della funivia che collega Stresa con la cima del Mottarone, in Piemonte, era precipitata per almeno una ventina di metri. 

I soccorsi erano arrivati sul luogo a piedi, trovando la cabina accartocciata su un pendio difficilmente raggiungibile con i mezzi motorizzati. A bordo si trovavano 15 persone: due famiglie con bambini e tre coppie. È sopravvissuto solo Eitan, un bambino che oggi ha sette anni.

La funivia aveva riaperto il mese precedente, dopo la chiusura dovuta alla pandemia. L’ultimo intervento di manutenzione era stato svolto dalla Leitner nel 2016 e i successivi controlli erano stati svolti fino al 2020.

La vicenda giudiziaria

Dalle prime indagini, è emersa la dinamica: la fune che trainava la cabina numero 3 si era spezzata. Rimasta appesa al cavo portante, questa aveva cominciato ad andare all’indietro, a una velocità di 100 chilometri orari, finché non si era schiantata contro un pilone.

Gabriele Tadini, il capo servizio, l’aveva detto quasi subito: per evitare arresti e disservizi dei vagoni si ricorreva all’utilizzo di forchettoni, e sarebbe stato proprio il forchettone che ha impedito ai freni di emergenza di funzionare e bloccare la cabina sul cavo portante. Insieme a Luigi Nerini e a Enrico Perocchio, Tadini è stato messo in stato di fermo, poi non convalidato dalla Gip Donatella Banci Buonamici, che solo per lui ha disposto gli arresti domiciliari.

Già in questa fase sono nate delle controversie che si allontanavano dalla vicenda principale: la Gip Banci Buonamici è stata infatti sostituita subito dopo la scarcerazione dei tre, decisa contro il parere della procura. 

La procura ha in seguito chiesto che venisse esaminata la richiesta di scarcerazione nei confronti di Nerini e Perocchio: la Corte d’Appello di Torino nell’ottobre successivo ha confermato la necessità della misura cautelare, e la sua decisione è stata impugnata dai legali dei due, che hanno presentato ricorso in Cassazione.

Quanto ai forchettoni, Tadini ha sostenuto di aver condiviso la decisione di installare il dispositivo con Nerini e Perocchio, che hanno negato. Dalle interrogazioni ai dipendenti sono emerse altre irregolarità: mancanza di corsi di sicurezza, passeggeri caricati sul primo viaggio del mattino, da riservarsi alle cabine vuote.

Prima dell’intervento di manutenzione a opera della Leitner che aveva impegnato l’impianto dal 2014 al 2016, la funivia era in pessimo stato: era stata salvata da un investimento di 4 milioni tra regione e comune.

Le relazioni dei periti per l’incidente probatorio, consegnata il 16 settembre del 2022, ha osservato che la fune trainante che si era spezzata era già danneggiata, ma nessuno lo aveva rilevato. L’incidente probatorio si è concluso nel dicembre successivo, e il 19 maggio sono state chiuse le indagini preliminari: nel fascicolo la procura faceva riferimento anche a un «risparmio derivante da mancati o comunque insufficienti investimenti, anche in termini di assunzione del personale», come riporta La Presse. 

Nel frattempo, il tribunale del Riesame ha ordinato la sospensione per un anno dall’attività lavorativa a Luigi Nerini ed Enrico Perocchio.

Il legale di Nerini ha detto a La Presse, alla notizia del rinvio a giudizio, che «sarebbe contraddittorio attribuire responsabilità sull'adeguatezza o meno del personale impiegato alla funivia quando il garante è Ustif (l’Ufficio speciale trasporti a impianti fissi) e Ustif non risulta tra gli indagati».

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La storia di Eitan

L’unico sopravvissuto della tragedia, mentre i periti svolgevano gli accertamenti tecnici, ha dovuto affrontare anche tutta un’altra vicenda. Affidato alla zia paterna, che vive nel pavese, nel settembre 2021 era stato prelevato dal nonno materno per una visita concordata, e con lui si era imbarcato per Tel Aviv. Si era aperto un caso internazionale, e il nonno materno era stato accusato di sequestro di persona.

A dicembre 2022 ha patteggiato davanti al Gup di Pavia, è stato condannato a un anno e 8 mesi con pena sospesa e ha accordato un risarcimento di 50mila euro per l’educazione e la cura del bambino. 

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