«Ci avevano detto che mancava mezz’ora e saremmo arrivati sulla terra ferma. D’un tratto le onde sono diventate sempre più brusche. L’imbarcazione ha aumentato la velocità e abbiamo sentito un urto. Abbiamo imbarcato acqua e in poco tempo era tutto allagato». È il racconto Ali Namzy, uno dei sopravvissuti al naufragio di Cutro avvenuto alle 4 del mattino del 26 febbraio 2023 in cui sono morte almeno 94 persone.

Ali è riuscito a salvarsi dopo aver afferrato una trave di legno di quella che era la Summer Love, l’imbarcazione su cui viaggiavano i circa 180 migranti partiti dalla Turchia.

A un anno di distanza da quei tragici eventi, la società civile e alcuni parenti delle vittime sono ritornati a Cutro per una tre giorni di eventi organizzati dalla Rete 26 febbraio.

L’obiettivo è chiedere giustizia per i morti in mare e «gridare forte e chiaro quanto ingiuste e inumane siano le politiche nazionali ed europee che affrontano i fenomeni migratori solo in un’ottica securitaria e criminalizzante», dicono le oltre 300 associazioni che hanno aderito alla rete.

Il momento più intenso del fine settimana, però, è avvenuto alle 4 del mattino di oggi, quando centinaia di persone si sono riunite per una fiaccolata proprio nel tratto di spiaggia dove un anno fa è avvenuto il naufragio.

Le indagini

Ci vorrà tempo per avere una verità giudiziaria. Al momento la procura di Crotone ha aperto due indagini. La prima è quella che vede imputate quattro persone accusate di essere i presunti scafisti della Summer Love (uno di loro ha ricevuto una condanna di 20 anni in primo grado), la seconda è quella più complicata e chiama direttamente in causa i corpi dello stato (guardia di finanza e guardia costiera) che quella sera non hanno soccorso l’imbarcazione in mare.

La procura ha intenzione di chiudere le indagini entro la fine di marzo, al momento sono sei le persone indagate tra agenti della finanza e della guardia costiera. Sono accusate di naufragio colposo, rifiuto e omissione di atti d’ufficio e omicidio colposo.

Le domande senza risposta sono ancora tante: Come mai, nonostante la segnalazione dell’Agenzia europea per le frontiere (Frontex) trasmessa alle autorità italiane alle 23:03, non è stata lanciata un’operazione di ricerca e soccorso in mare? Perché è stato sottovalutato il pericolo, considerando le cattive condizioni meteorologiche che rendevano difficili anche i pattugliamenti delle due motovedette della finanza uscite in mare per cercare la Summer Love? E ancora, perché dopo il naufragio i soccorsi sono arrivati in ritardo? Alcune risposte a queste domande iniziano a emergere dal processo contro gli scafisti dove sono stati chiamati a testimoniare le persone direttamente coinvolte.

Tra questi, il vicebrigadiere dei carabinieri Gianrocco Chievoli che in tribunale ha detto: «Nessuno ci aveva avvertito che stava per arrivare una barca di migranti». Chievoli insieme ai suoi uomini è arrivato sul posto almeno 40 minuti dopo il naufragio, una seconda pattuglia via terra è giunta ancora più tardi, quando l’ipotermia e il mare hanno trascinato in riva i corpi dei cadaveri.

Tutti questi nuovi elementi fanno pensare agli avvocati dei famigliari delle vittime che non si andrà verso un’archiviazione delle indagini, ma ci sarà un processo per gli agenti italiani.

«Ci sarà un processo, ne sono convinto – dice l’avvocato che assiste i famigliari delle vittime Francesco Verri – Confrontando il diritto del mare con il comportamento delle Autorità italiane, è chiaro che il 26 febbraio lo stato ha sbagliato tutto. Basta leggere la raccomandazione della Commissaria per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa: le barche che trasportano migranti vanno considerate in pericolo da quando partono. Ma la Summer Love ha navigato senza assistenza per giorni fino a schiantarsi in una notte da lupi. Il naufragio era prevedibile ed evitabile. Da qui la colpa e i reati».

Il silenzio di Frontex

Resta da chiarire anche il ruolo dell’Agenzia europea per le frontiere Frontex che quel giorno, tramite il suo aereo di sorveglianza Eagle 1, ha avvistato la Summer Love alle 22.26 del 25 febbraio. La segnalazione è stata subito trasmessa alle autorità italiane che però, stando ad alcuni documenti interni di Frontex pubblicati nei giorni scorsi, l’hanno considerata come «non di particolare interesse».

Nel documento redatto dal Fundamental right office (Fro) dell’Agenzia europea viene scritto nero su bianco che situazioni di quel tipo «possono degenerare rapidamente in emergenza» e quindi ci sarebbe dovuto essere «un attento monitoraggio» dell’imbarcazione. Ma questo non è accaduto.

Il 17 marzo del 2023 la procura di Crotone ha affidato all’ammiraglio Salvatore Carannante l’incarico di verificare i dati trasmessi da Frontex nella segnalazione. Secondo la relazione scritta dall’ammiraglio, «le informazioni fornite da Frontex in merito a rotta e velocità (296° e 6 nodi)» dell’imbarcazione affondata «erano molto approssimative se non fuorvianti»

Tuttavia il ruolo dell’agenzia è ancora tutto da chiarire, sono diverse le incongruenze emerse negli ultimi mesi. Un’inchiesta internazionale a cui ha partecipato anche Domani ha pubblicato il rapporto della missione dell’aereo Eagle 1 che ha avvistato la Summer Love il 25 febbraio.

Nel documento è scritto nero su bianco che il pilota aveva serie difficoltà a completare il suo «schema di volo pianificato a causa dei forti venti». Si tratta di una segnalazione importante, perché certifica che Frontex era al corrente delle cattive condizioni meteorologiche di quel giorno ma pubblicamente non le ha mai dichiarate. Ma dall’Agenzia trapela solo riserbo.

Domani ha cercato di ottenere tramite un accesso agli atti tutta la documentazione collegata la naufragio, ma la richiesta è stata negata anche con motivazioni che non hanno nulla a che vedere con il caso di Cutro. La pubblicazione di alcuni documenti, secondo Frontex, rischierebbe infatti di intralciare le indagini per il contrasto ai flussi irregolari che partono dall’Africa.

I ricongiungimenti

Sul piano politico nei giorni successivi al naufragio la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha organizzato un incontro a Palazzo Chigi con i sopravvissuti. La premier chiese ai sopravvissuti cosa potesse fare per loro, lo ricorda bene Assand Al Molki. «Sto andando in Germania, se puoi portare i miei genitori lì o in Italia, perché la loro situazione in Turchia è davvero incasinata», disse alla premier.

Meloni in persona ha preso nota dei loro dati anagrafici e di tutte le informazioni necessarie per i ricongiungimenti. Ma 365 giorni dopo non ci sono novità e molti dei sopravvissuti, che avevano creduto alle promesse della premier sono rimasti delusi.

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