«C’è un enorme problema di democrazia»: non hanno dubbi Francesca Mannocchi, Nello Scavo e Antonio Massari, tre dei giornalisti intercettati illecitamente mentre svolgevano il loro lavoro consultando alcune fonti riservate – e protette dal codice di procedura penale – sulla Libia, i migranti, i respingimenti e le troppe morti nel Mediterraneo centrale. È questo lo scenario che emerge dalle intercettazioni, trascritte e depositate nelle carte dell’inchiesta sulle Ong condotta dalla procura di Trapani e consultate da Domani, nelle quali si evince che anche alcuni reporter, pur senza essere assolutamente coinvolti nelle indagini, sono stati “seguiti” telematicamente al fine di scoprire qualcosa di più sulle loro fonti e sulle loro notizie.

«Quello che mi sento di dire – dice Francesca Mannocchi, giornalista freelance di cui sono state captate alcune conversazioni del 2017 con esponenti delle ong – è che allora come oggi testimoniare quello che accadeva e continua ad accadere sulla rotta del Mediterraneo centrale è stato per noi giornalisti pericoloso e rischioso».

La frustrazione più grande è quella di aver agito sempre all’interno delle regole, al contrario di come è stato fatto nell’inchiesta sulle ong: «Tutto quello che abbiamo fatto per testimoniare quella rotta di mare – continua la giornalista – lo abbiamo fatto sempre all'interno dei confini legali e deontologici, in uno scenario e in un dibattito italiano in cui il fenomeno migratorio è stato usato spesso solo per scopi politici. Il fatto che, oltre alle ong, anche il lavoro giornalistico sia destinatario di un controllo così capillare mi colpisce, mi scuote e mi preoccupa».

Per Nello Scavo, giornalista di Avvenire intercettato mentre parla con una fonte sulle modalità per ricevere un video che dimostra le violenze subìte dai migranti in Libia, c’è un vero problema di democrazia: «Non è una cosa che mi sorprende, piuttosto mi stupisce la quantità di giornalisti coinvolti in questa pesca a strascico. Nessuno di noi reporter intercettati ha commesso niente di illecito, abbiamo fatto bene il nostro lavoro parlando con le fonti. Non mi sorprende, tuttavia non è una cosa che posso accettare».

Scavo racconta anche che nel 2018, quindi in un periodo successivo alle intercettazioni, è stato convocato da alcune procure, anche internazionali: «Mi chiesero di rivelare la fonte delle mie informazioni. Ho sempre opposto il segreto professionale. Adesso ho la conferma che in realtà qualcuno sapeva esattamente quali fossero le mie fonti…». «Quello che è successo – continua – è un vulnus alla libertà di essere liberamente informati dei cittadini: in questa faccenda c’è un enorme problema di democrazia. Ed è anche la conferma che il nostro lavoro ha preoccupato molto certi ambienti e certi apparati».

Antonio Massari, giornalista de Il Fatto Quotidiano ci tiene a distinguere la sua posizione personale da quella degli altri cronisti coinvolti nella vicenda. «Sono stato intercettato indirettamente mentre parlavo con un indagato per trovare un riscontro a una notizia dell’epoca, è una cosa che non mi fa piacere ma non mi scandalizza più di tanto» dice.
«Trovo invece gravissimo – aggiunge – quello che è accaduto alla collega Nancy Porsia perché attraverso di lei, che non era indagata, la Polizia giudiziaria e la procura hanno cercato di attingere informazioni che era compito loro ottenere, non della collega che fa un altro lavoro. Nei fatti si è trasformato una giornalista in una sorta di agente sotto copertura ed è passato il dannoso principio per il quale la riservatezza della comunicazione e delle fonti sono stati rasi al suolo».

Tutti i cronisti possono attingere a delle informazioni utili per qualche indagine, ma se «estendiamo il principio per cui viene intercettata Nancy Porsia a tutti gli altri giornalisti, ogni procura potrebbe fare di noi degli inconsapevoli agenti sotto copertura smontando uno dei pilastri di uno stato democratico» conclude Massari.

Infine, una risposta a Guido Crosetto, ex deputato eletto con Fratelli d’Italia che su Twitter ha polemizzato sulla notizia dicendo che i parlamentari sono vittime quotidianamente di intercettazioni: «Il punto è: se si esagera con i parlamentari, non è giusto esagerare anche con i giornalisti. E poi c’è anche una differenza: noi abbiamo fatto il nostro lavoro e siamo stati intercettati per capire a quali notizie eravamo arrivati, non siamo mica stati accusati di qualche reato. E non godiamo di immunità parlamentare».

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