Sui social diffondevano «idee naziste e fasciste fondate sulla superiorità della razza bianca» e «istigavano a commettere atti di violenza per motivi etnici e razziali». Sequestrate armi, tirapugni e copie del Mein Kampf. Sui loro canali critiche anche a Meloni, Salvini e Vannacci
I luoghi di ritrovo erano soprattutto online, ma l’obiettivo era quello di «tirare fuori i camerati dal virtuale». Uscire dai gruppi Telegram per passare ad azioni concrete. Per questo il 19 dicembre 12 giovanissimi sono stati perquisiti perché accusati di istigazione a delinquere con l’aggravante dell’odio razziale.
A casa degli indagati – ragazzi tra i 17 e i 24 anni – gli inquirenti hanno trovato armi, bandiere con simboli nazisti e fascisti oltre ad alcune copie del Mein Kampf di Adolf Hitler. L’operazione «Genus album» è coordinata dalla procura di Milano e le indagini sono state condotte dalla polizia postale lombarda e dalla Digos milanese. Solo qualche giorno fa, a inizio dicembre, è stato sgominato a Bologna un gruppo nazista che stava progettando azioni violente per sovvertire l’ordine democratico.
«Idee naziste e fasciste»
Tutto è nato dal monitoraggio di internet, in particolare di canali Telegram. Si propagandavano «idee naziste e fasciste fondate sulla superiorità della razza bianca – si legge nel decreto di perquisizione firmato dal pm Leonardo Lesti – nonché sull’odio razziale nei confronti degli ebrei (…) ed istigavano a commettere atti di violenza per motivi etnici e razziali».
Il nome dei gruppi dove operavano i 12 indagati e che contavano centinaia di iscritti sono eloquenti: «Tricolore del sangue italico», «Ordine Attivo Terzista», «Spirito Fascista, Rinascita Popolare Italiana». Ma anche «Sangue e suolo», quel Blut und Boden tanto caro a Hitler e Goebbels, punto centrale dell’ideologia nazionalsocialista.
In questi canali ci sono critiche a Salvini e Meloni («conservatori armati di un finto nazionalismo» e di un «finto sovranismo»), messaggi di «rispetto per gli assassinati» di Acca Larentia, attacchi contro «lo schifo di Israele», negazionismo degli esperimenti di eugenetica di Mengele («finta storia antifascista» che «si è inventata queste stupidaggini per spaventare i bambini e fargli odiare il nazismo»), ma anche proclami per non farsi «abbindolare da Vannacci».
Ma se il cuore di questi gruppi era il web, dalle conversazioni intercettate è emerso il chiaro intento di «tirare fuori i camerati dal virtuale». Per questo alcuni indagati, si legge in una nota degli investigatori, si sarebbero incontrati di persona per organizzare «azioni concrete per cambiare lo stato delle cose. La mera appartenenza ai gruppi Telegram, infatti, veniva ritenuta del tutto insufficienze se non accompagnata da un impegno concreto nel mondo reale».
Armi, tirapugni, Mein Kampf
A casa degli indagati gli inquirenti hanno trovato diverse armi ad aria compressa e da softair, tra cui un fucile e una pistola automatica, tirapugni, copie del Mein Kampf, bandiere con simboli del nazismo e del fascismo, volantini di propaganda e account social tramite cui diffondevano «contenuti nazionasocialisti, suprematisti, razzisti ed antisemiti». Ritirati in via cautelativa anche tre fucili da caccia.
Le perquisizioni sono scattate in diverse province italiane in Lombardia, Veneto, Puglia, Toscana, Campania e Calabria. Il più piccolo tra gli indagati è un diciassettenne che frequenta ancora le scuole superiori e per cui sta procedendo la Procura per i minori. Il più grande, un ventiquattrenne, è l’unico che lavora, come frontaliero in Svizzera. Tutti gli altri sono studenti universitari iscritti a varie facoltà: da Lingue a Storia, da Filosofia a Lettere classiche fino a Veterinaria. Nessuno farebbe ufficialmente parte di movimenti di estrema destra e, al di là di alcuni incontri, non risultano prove di passaggio all’azione.
Ideologia della «Terza posizione»
Gli indagati, secondo gli inquirenti, erano dichiaratamente appartenenti all’ideologia della «Terza posizione», movimento neofascista nato alla fine degli anni Settanta dalle ceneri di «Lotta studentesca» che coniugava anticomunismo e critica della destra parlamentare (il suo motto era «né fronte rosso né reazione»).
Da qui è uscito il leader di Forza Nuova Roberto Fiore, ma in passato tra i suoi militanti c’è stato anche Marcello De Angelis, già parlamentare di Alleanza nazionale e responsabile comunicazione della regione Lazio guidata da Francesco Rocca costretto a dimettersi, nell’estate del 2023, per alcune sue affermazioni in cui cui contestava la verità processuale sulla matrice neofascista della strage di Bologna.
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