Il sottosegretario all’Interno Emanuele Prisco ha risposto all’interpellanza della parlamentare pentastellata Gilda Sportiello sulla vicenda dei cinque agenti che hanno partecipato alle attività del partito politico “sotto copertura”. La deputata: «Vicenda opaca, a rischio la democrazia»
«Nessuna operazione sotto copertura, nessuna infiltrazione in partiti e movimenti politici, ma soltanto l'adempimento dei propri compiti istituzionali nel pieno rispetto della legge». Il sottosegretario all’Interno Emanuele Prisco ha risposto all’interpellanza della parlamentare pentastellata Gilda Sportiello riguardante la vicenda svelata da Fanpage sui cinque poliziotti che per ben otto mesi hanno partecipato alle attività e iniziative di Potere al Popolo “fingendosi” studenti universitari.
In aula Prisco è sembrato voler smorzare le polemiche. Ma pur sottolineando che non si sia trattato di «attività di infiltrazione», ha ammesso che l’operazione degli agenti è avvenuta. «Si sottolinea che l'attività informativa in questione, coordinata dalla direzione centrale della Polizia di prevenzione, è stata svolta da agenti della Polizia di Stato, regolarmente iscritti all'università, dove frequentano lezioni e sostengono esami con le proprie vere generalità – ha precisato Prisco – Gli agenti, quindi, non hanno mai operato sotto copertura, non avendo mai fatto ricorso a false identità, né nei loro rapporti sociali, né durante la frequentazione universitaria».
Inoltre per il sottosegretario «si tratta di attività ordinarie per le Forze di Polizia che sono sempre state svolte, anche in passato, perché previste dalla legge per la tutela di interessi primari della collettività». E, ancora, che gli operatori di Polizia «hanno semplicemente partecipato ad iniziative pubbliche organizzate da aggregazioni studentesche con connotazioni estremistiche che avevano manifestato una crescente aggressività». Avendo, tuttavia, l’«obbligo professionale di informare le autorità competenti delle notizie di reato acquisite».
Dopo settimane di silenzio e la circolazione di versioni poco credibili sul caso – si era detto che le operazioni fossero state realizzate a titolo personale e per coinvolgimenti di tipo affettivo –, è giunta una risposta da parte del governo.
Per Sportiello, però, «l’opacità resta». E resterebbe perché quanto avvenuto attiene a un «partito politico, ad associazioni studentesche, a persone che hanno avuto a che fare anche con l'intimità di chi partecipa ad attività a cui hanno preso parte».
«Si pone così un problema di partecipazione democratica – ha dichiarato Sportiello – Un problema che riguarda la sicurezza del nostro Paese, ma anche degli organi democratici che fanno parte della vita collettiva e democratica del nostro Paese».
Al “caso Potere al Popolo”, poi, si aggiunge quello su Paragon, il software israeliano con cui sono stati spiati attivisti e giornalisti italiani. Quest’ultima «una vicenda di cui ancora non sappiamo niente. Una vicenda di cui quello che sappiamo, puntualmente, viene smentito; quello che dichiara il Governo, viene smentito dalla società stessa. Questa opacità – ha concluso la parlamentare dell’M5s – non fa bene alla democrazia».
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