Segnalazioni per concorsi ed esami universitari. Messaggi, immagini e file audio con le richieste più disparate nelle chat di WhatsApp. Tra questi anche lo scatto di una scheda elettorale votata delle ultime elezioni regionali in Sicilia, nel dicembre 2017, con il nome del candidato: Roberto Lagalla.

È il dietro le quinte della politica siciliana, visto attraverso lo smartphone dell’ex rettore dell’Università di Palermo, assessore all’Istruzione dimissionario del governo regionale di Nello Musumeci, e adesso candidato unico del centrodestra a sindaco di Palermo.

Un fascicolo di circa duecento pagine con i nomi di professori universitari, professionisti, candidati per vari ruoli, ma soprattutto politici. Gli stessi che hanno spinto i partiti a convergere sul suo nome a Palermo.

Dal ras di Forza Italia in Sicilia, Gianfranco Miccichè, a Totò Cuffaro, tornato kingmaker della politica regionale dopo aver scontato sette anni per favoreggiamento alla mafia. Un altro sponsor d’eccezione è Marcello Dell'Utri, fondatore di Forza Italia con Berlusconi, anche lui reduce da una condanna a 7 anni ma per concorso esterno alla mafia, tra i primi a fare un endorsement per l’ex rettore.

Lagalla e il massone

Le chat di Lagalla provengono da un’analisi forense del suo iPhone 6 sequestrato dai carabinieri di Trapani il 21 marzo 2019 durante il blitz Artemisia, su una loggia occulta che, attraverso il sistema delle false pensioni, influenzava l’attività politica del comune di Castelvetrano, la città di origine del latitante Matteo Messina Denaro.

Il nominativo dell’ex rettore compariva tra gli indagati della procura di Trapani, tanto che il gip, nell’ordinanza di custodia cautelare, ha scritto: «Nessuna richiesta è stata avanzata nei confronti del pubblico ufficiale infedele Lagalla e di conseguenza non può esser applicata l’opportuna misura cautelare».

Secondo i pm aveva agevolato il deputato regionale di Castelvetrano, Giovanni Lo Sciuto (accusato di essere a capo della loggia segreta), favorendo una borsa di studio all’estero per la figlia di un medico, Rosario Orlando, che da quel momento aveva iniziato a concedere false pensioni a Lo Sciuto, sotto processo per corruzione, truffa, indebita percezione di fondi pubblici e violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete.

Nel corso delle indagini i magistrati di Trapani avevano ascoltato Lagalla e archiviato la sua posizione, ritenendo che la ragazza avrebbe ottenuto quella borsa di studio al di là di qualsiasi intervento. L’analisi forense del suo smartphone e degli altri dispositivi sequestrati, invece, è stata trasmessa per competenza alla procura di Palermo. Ma da quanto si apprende non c’è alcun fascicolo aperto.

Raccomandazioni via chat

Restano le chat estrapolate, piene di richieste strampalate, ma anche di raccomandazioni o, per usare le parole di Lagalla, di segnalazioni.

Oltre alle innumerevoli preghiere di amici ed ex colleghi dell’Università, emerge un sistema di scambio reciproco di favori tra politici e potentati. Anche solo per sapere quali fossero i docenti più morbidi o le commissioni di esame più favorevoli. Tra le richieste più insistenti quelle dell’ex europarlamentare Salvatore Iacolino, con una sfilza di nominativi per gli esami e l’accesso a corsi e tirocini post laurea, alcune con riscontro positivo da parte di Lagalla.

«Mimmo Turano dovrebbe propormi per un incarico. In tal caso confido sul tuo supporto», scriveva nel febbraio 2018 Iacolino, che a fine 2019 è stato nominato direttore amministrativo dell’Asp di Siracusa per poi essere “licenziato” dopo appena sedici mesi. Un altro “recordman” di richieste è l’ex deputato Nenè Mangiacavallo.

Poi ci sono i casi disperati. Lagalla ne parla con il professore Maurizio Carta, urbanista in odore di assessorato, definendoli «tapini». «Non discuto il tuo agire, ma temo l’inazione del tapino..Ad impossibilia!!», scriveva da assessore regionale, nel febbraio 2018. «Anche io so che il ragazzo è in una situazione difficile..ma se fosse facile non ce ne interesseremmo noi», rispondeva il professore Carta.

Da Miccichè a Cuffaro

Lagalla riceve continuamente segnalazioni, ma non tutte sono state evase. Una schiera di “segnalati”: chi per gli orali di un esame difficile, altri per l’accesso all’accademia militare, altri ancora per ricorsi di professori e medici. Come il caso di un dottore in rotta con il Policlinico per il quale Lagalla, nel 2016 quando era ancora rettore, ha allertato la segreteria dell’allora sottosegretario all’Istruzione, oggi capogruppo di Italia viva al Senato, Davide Faraone. Il renziano siciliano, dopo aver annunciato la sua candidatura a sindaco di Palermo, ha cambiato idea e ha deciso di sostenere Lagalla. E questo nonostante il parere contrario del suo leader Matteo Renzi.

Il 30 gennaio 2019 è Gianfranco Miccichè, presidente dell’Assemblea regionale siciliana (Ars), a scrivere: «Mio genero ha dato sei volte l’esame e sembra avere una maledizione! È un ragazzo bravissimo con una buona media e se domani non passasse non riuscirebbe a laurearsi quest’anno». E aggiunge: «Mia figlia mi ha fatto giurare che non ti avrei chiamato». Come sarà andata a finire? La chat si interrompe lì. Ma è utile ricordare che fino a pochi giorni fa Miccichè è stato uno dei principali supporter della candidatura di Francesco Cascio, vice in pectore di Lagalla, costretto a ritirarsi dalla corsa a sindaco di Palermo dopo l’accordo sul nome dell’ex rettore. Anche Cascio era stato coinvolto nel blitz Artemisia: l’indagine è stata trasmessa per competenza territoriale alla procura di Palermo ed è tuttora in fieri, come conferma il suo legale.

A volte a chiedere le cortesie è lo stesso Lagalla, per «tenere in debita e adeguata considerazione la richiesta dell’amica relativa alla sede esami di Piraino», all’imprenditore Danilo Iervolino, patron dell’università privata Pegaso, che di recente ha acquisito il settimanale L’Espresso. Cortesie tra rettori, come quella con Gianni Puglisi dell’Università Kore di Enna, pronto a indicare a Lagalla il profilo di un ingegnere, professore ordinario di Geotecnica.

È di interesse politico invece la chat con Totò Cuffaro che il 26 luglio 2017 scriveva: «Ovviamente non sono venuto ma in silenzio ho fatto del mio meglio». L’ex rettore rispondeva: «Come ben sai conosco il tuo silenzioso e prezioso lavoro..comunque finisca, non mancherà mai il mio affetto e la più grande e amicale considerazione nei tuoi confronti. Spero di rivederti presto». In quei giorni Lagalla aveva ufficializzato la sua candidatura alle regionali.

L’episodio più singolare, invece, riguarda le richieste di un tale Nicolò Mannino, “fondatore e presidente del parlamento della legalità internazionale” – come si legge sul suo sito – che il 5 novembre 2017, il giorno delle elezioni, inviava a Lagalla una foto con la scheda elettorale votata, il suo biglietto da visita in bella mostra e il simbolo dei Popolari autonomi sbarrato. «Missione compiuta. Le parole affascinano i fatti convincono», scriveva a corredo.

A fine gennaio 2018, Mannino contattava nuovamente il neo assessore con un messaggio vocale: «Ti volevo chiedere… quando pensi di poter scrivere questa consulenza?» E ancora: «Sarebbe opportuno con il tuo consiglio, con il tuo supporto, allegare anche l’incarico di consulente per la pubblica istruzione e formazione a titolo gratuito per la regione siciliana. Sarebbe per me un grande aiuto: Chiaro? Tu mi dicevi che l’avremmo fatto prima che io vado il sedici febbraio a Montecitorio, però ti ho cercato ma non..non ci siamo più sentiti». E Lagalla: «Appena procederò in tal senso, presumibilmente entro la fine del mese».

A inizio marzo, Mannino tornava alla carica con un altro vocale. Il 28 marzo un’immagine, inviata da Lagalla, in cui si vede un documento su carta intestata dell’assessorato all’Istruzione con «l’intendimento di avvalersi, senza oneri a carico dell’amministrazione, dell’esperienza acquisita in materia di diffusione della cultura e della “cittadinanza attiva” e dell’educazione alla legalità». Un gesto che convince Mannino, ma non troppo: «Mi sento un consulente ombra..senza nessun nulla. Solo un rigo su un foglio di carta».

Poca cosa, probabilmente anche per i magistrati siciliani, che in tutta questa corrispondenza non hanno trovato alcun reato. Aspetto sottolineato dallo stesso Lagalla. «Ogni chat a cui lei fa riferimento – dice – è stata, per fortuna, oggetto di esame e di valutazione da parte dei competenti organi giudiziari senza che da ciò sia derivato a mio carico alcun addebito o responsabilità. Pur ricevendo inevitabili richieste è sufficiente non dare corso o peso alle stesse e lasciare che ogni candidato si misuri con la sua effettiva preparazione».

E in merito alla scheda votata? «Non ho nessun ricordo di un simile accadimento né può pensarsi che, da parte di un candidato, possa essere richiesta una così anomala conferma di voto». Di certo resta aperta la questione dell’opportunità di certi scambi.

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