Tra accuse al governo Meloni e bandiere della pace e della Palestina, M5s e Avs hanno preso posizione contro il riarmo, la strage di Gaza e la devastazione di tutte le guerre. Il Nazareno ha evitato la piazza, ma ha sottoscritto l’appello contro la cooperazione militare con Israele
A terra, stesi su lenzuoli bianchi come fossero caduti in guerra. Con la registrazione delle bombe che esplodono su Gaza in sottofondo, le braccia aperte, gli occhi chiusi. È finita così la manifestazione “Stop ReArm Europe” a Roma, a due passi dal Colosseo. Un gesto semplice, viscerale. «Un gesto corale e potente», spiegano gli organizzatori, «per rendere visibile, con i corpi, l’annientamento sistematico della popolazione civile palestinese e la devastazione che ogni guerra porta con sé».
Centomila in piazza, secondo gli organizzatori. Esattamente come il 5 aprile scorso, quando a scendere in strada furono i Cinquestelle. I numeri non hanno trovato a lungo riscontro in quelli della questura. Ma è stato un fronte largo e trasversale a muoversi: 480 sigle, da Arci a Greenpeace, da “Ferma il riarmo” a Transform Italia, fino ai sindacati e ai partiti Avs, M5s, Rifondazione Comunista.
La marcia si è snodata da piazzale Ostiense fino al Colosseo, ma la Questura l’ha deviata su via Labicana: troppi partecipanti per il percorso previsto. Erano partiti in cinquemila, sono diventati molto di più. Le bandiere della pace si sono mescolate ai drappi palestinesi, ai cartelli contro l’Europa delle armi, contro «la terza guerra mondiale».
Le parole dalla piazza
«Questa piazza ha un precedente» ha ricordato con una punta di orgoglio il leader del M5s, Giuseppe Conte. «Il 5 aprile centomila persone hanno detto no al riarmo, e lo riaffermano ancora oggi. C’è un popolo, la stragrande maggioranza, che dice che questa corsa è folle».
Un sabato di caldo torrido e di ombre lunghe. Contro l’Europa che spinge per un piano di riarmo da 800 miliardi di euro, deciso al vertice Nato dell’Aja, mentre il mondo brucia: la guerra in Ucraina, Gaza assediata, l’attacco di Israele all’Iran.
«Stiamo vivendo in un incubo – dicono i promotori – solo insieme possiamo superare la paura, sconfiggere la rassegnazione e costruire una società fondata sul ripudio della guerra, sulla pace e la giustizia sociale». Raffaella Bolini, vicepresidente Arci, spiega: «Tutti i sondaggi dicono che la maggioranza dei cittadini è contro la guerra. Per questo abbiamo costruito una convergenza così ampia». Elena Mazzoni, della Rete dei numeri pari, la declina: «No al riarmo, no alla guerra, no al genocidio e no all’autoritarismo».
Il portavoce della comunità palestinese del Lazio, Yousef Salman, dice: «La Palestina continua a soffrire e morire sotto gli occhi di tutti. È uno sterminio. Anche voi italiani, quando eravate occupati, avete combattuto. Anche noi avremo il nostro 25 aprile».
Presenti oltre il M5s anche Avs. Angelo Bonelli, deputato di AVS e co-portavoce di Europa Verde, attacca: «Non esiste più una politica estera italiana, esiste solo quella di Donald Trump e Benjamin Netanyahu. L’Italia non era nemmeno a Ginevra, dove si cercava una via di pace con l’Iran, perché Trump non voleva. Gaza è devastata, bambini e donne falcidiati da mitragliatrici israeliane. E il governo Meloni tace».
Nicola Fratoianni, leader di Sinistra Italiana lo dice chiaro: «Bisogna cambiare strada e lo gridano forte al governo silente, complice e subalterno». Conte ricorda: «Il 24 giugno saremo all’Aja. Lanceremo un confronto permanente con le forze europee che vogliono fermare questa corsa al riarmo. È il momento di dire basta all’escalation militare».
La posizione del Pd
Non c’è il Partito democratico. Nessuna delegazione ufficiale. Elly Schlein è in Olanda, ospite del congresso dei Verdi. In piazza si contano singole presenze: gli eurodeputati Cecilia Strada e Marco Tarquinio e il deputato Arturo Scotto («Il Pd è in campo per una politica di pace»). Dal Nazareno fanno notare: «I primi due non hanno la tessera Pd e Scotto viene da Articolo Uno».
Nessun simbolo. Nessun passo ufficiale. E quando al leader dei Cinquestelle gli si chiede dell’assenza, si lascia andare un po’ stizzito: «Fate questa domanda a loro, se ritenete». Poi, quasi a ricucire, aggiunge: «Oggi insieme abbiamo firmato una mozione per chiedere la revoca del memorandum con Israele. Ci sono anche passi unitari».
La mozione, depositata nella mattinata prima della manifestazione, è firmata dai leader di Pd, M5s e Avs. Chiede al governo di sospendere ogni cooperazione militare con Israele. «Non lasceremo che l’Italia venga macchiata dalla pavidità di Meloni e dei suoi epigoni», è scritto nel documento. Alla base, i crimini contro l’umanità a Gaza e l’annessione coloniale della Cisgiordania.
Un equilibrio sottile quello del Pd: mostrare una posizione politica su Gaza, senza farsi trascinare dentro una manifestazione non controllata, troppo eterogenea, dove le parole d’ordine spaziano dalla pace al boicottaggio, dalla denuncia del genocidio alle critiche all’Europa. Non esserci significava marcare una distanza. Firmare la mozione avrebbe detto: su Israele, almeno qui, siamo d’accordo.
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