In Provenza, dove è nata la poesia europea, c’è un campeggio che si trova vicino alle splendide saline di Giraud. Due famiglie italiane, una residente a Modena e una a Lille, lo scelgono per trascorrere le vacanze estive. Quella modenese racconta all’altra, espatriata ormai da oltre un decennio, che in Italia un docente neoassunto ha uno stipendio di 1400 euro all’anno. La famiglia espatriata esclama: «Ma 1400 euro al mese è il salario minimo, lo Smic». È il salario del proletariato, insomma.

Questo aneddoto chiarisce qual è il livello di investimenti dello stato italiano nella scuola pubblica e permette di capire, a conti fatti, perché il report Investing in Education 2025 della Commissione europea ha evidenziato che l’Italia spende in istruzione molto meno degli altri paesi europei. Lo certificano anche i dati Eurostat 2023: la spesa per l’istruzione nel nostro paese è inferiore di oltre 2 punti rispetto alla media europea (7,3 per cento contro 9,6 per cento), in rapporto alla spesa pubblica totale, confermando quanto scritto su queste pagine lo scorso anno.

Il disinvestimento nella scuola pubblica

«L’Italia spende meno di tutti i 27 stati europei in rapporto alla spesa pubblica totale e, infine, la spesa in rapporto al Pil è al 3,9 per cento mentre la media Ue è del 4,7 per cento». È quanto riporta una nota della Federazione Lavoratori della Conoscenza Flc della Cgil.

Per il sindacato di categoria: «Mentre il ministro Valditara pratica misure ideologiche che vanno dallo smantellamento delle indicazioni nazionali, al divieto di uso dei cellulari persino ai fini didattici, all’elargizione di mancette al personale tramite convenzioni e benefit, nel frattempo disinveste nella scuola pubblica a partire dal personale al quale vengono sottratti circa 300 euro medi mensili poiché per il rinnovo del contratto si prevedono incrementi solo del 6 per cento a fronte di un’inflazione del 17 per cento nel triennio contrattuale».

In effetti, l’aneddoto iniziale torna utile per trasformare le percentuali in realtà politica concreta: l’importo del “Salario minimo di crescita” in Francia non è fisso, ma viene rivisto all’inizio di ogni anno per riflettere l’andamento dell’inflazione, garantendo che la retribuzione minima non scenda in termini reali.

«La politica ideologicamente ostile alla scuola pubblica – segnala la Flc Cgil – è evidente dai tagli operati al personale, ai fondi per il funzionamento, dalla chiusura di 750 istituti e dall’aumento del 50 per cento dei finanziamenti alla scuola privata, passati da 551 milioni di euro nel 2021 a 750 milioni di euro per l’anno scolastico 2024/2025.» E non si arresterà qui, conclude la nota Flc Cgil, «il duo Meloni-Valditara ha già promesso altri soldi per la scuola privata. Per la scuola pubblica, invece, non vi sono che tagli».

Il contratto dei docenti

Il contratto nazionale dei docenti è scaduto e deve essere rinnovato: nell’ambito del contratto 2022-2024 in discussione all’Agenzia per la rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni (Aran), un decreto legge varato dal Consiglio dei ministri ha stanziato un totale di 240 milioni di euro per l’erogazione di una tantum per oltre un milione di addetti della scuola.

«In pratica, 200 euro lordo Stato, 124 lordo dipendente, 10,33 euro lordi mensili per un solo anno», segnala la Flc Cgil, che commenta: «Per racimolare questa cifra il governo fa il gioco delle tre carte: sottrae soldi a una parte del personale (in questo caso gli Ata, il personale amministrativo, tecnico e ausiliario), utilizzando le risorse già stanziate e non utilizzate per la revisione dell’ordinamento professionale, revisione che sarà realizzata con tre anni di ritardo; utilizza i residui del fondo per la valorizzazione del sistema scolastico istituito con la legge di bilancio dell’anno scorso e preleva le economie del Fondo per il miglioramento dell’Offerta Formativa relative al 2023».

«Inoltre – continua la nota – tagliando due commissari degli esami di maturità, si mettono a disposizione 35 milioni di euro per finanziare l’assicurazione sanitaria finalizzata a coprire nel quadriennio 2026-29 anche i supplenti al 30 giugno e la formazione dei docenti commissari d’esame che diventa titolo per avere l’incarico».

La riforma dell’esame di maturità prevede infatti uno stanziamento di 10 milioni di euro annui per la formazione dei docenti, inclusa quella specifica per i commissari d’esame. La partecipazione a questa formazione, di cui il ministero dell’Istruzione dovrà spiegare il senso essendo inedita, sarà un titolo preferenziale per la nomina nelle commissioni.

«Tutta questa operazione – sottolinea la Flc Cgil – mette in contrapposizione, inaccettabilmente, fondi per il sistema e fondi per il personale» e ha «il sapore dell’inganno poiché pensa di sanare il grave insulto ai lavoratori che, a fronte di un’inflazione coperta solo per un terzo, perderanno, per sempre, 300 euro mensili di salario. Le lavoratrici e i lavoratori della scuola, docenti e Ata meritano rispetto – conclude la nota – e non i giochi di prestigio sui cui si esercitano Valditara e il governo».

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